Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Piccolo (Gorizia) del 29 luglio 2004

Centro immigrati, rabbia a Gradisca

L’associazione «Gradisca è» richiede ai politici locali di negoziare un risarcimento. Reazioni caute dal mondo dell’associazionismo

Storditi dalla novità, combattuti fra l’intenzione di vendere (tardivamente?) cara la pelle e quella di lasciare che siano loro, i politici, a tentare di sbrogliare la situazione. I gradiscani, il giorno dopo l’ennesima puntata a sorpresa della vicenda-centro immigrati, si interrogano sul da farsi. La doccia fredda venuta con l’intenzione governativa di istituire non uno, ma due poli per la ricezione degli immigrati ha diviso le opinioni e fatto discutere, in piazza e nei bar.Cpt più centro di prima accoglienza e identificazione: nella fortezza i cittadini iniziano a trovare dimestichezza con i termini. C’è chi critica il modo in cui è stata gestita la vicenda da parte del Viminale, chi sostiene che c’era da aspettarsela, chi contesta l’immobilismo degli amministratori locali e chi ha manifestato loro solidarietà. E infine, c’è chi ha cercato di scuotere le coscienze, come il presidente dell’Itala San Marco Franco Bonanno, che ha rivolto un nuovo appello alla cittadinanza: «Mettiamo da parte gli interessi individuali ed il solito immobilismo per costituire un comitato contro il doppio centro immigrati in città». Cinque mesi fa l’invito cadde nel vuoto, oggi la proposta fa discutere.Fra le realtà maggiormente preparate sull’argomento va certamente annoverata l’Azione Cattolica: i suoi tesserati da anni ormai prestano servizio al centro Caritas di Gorizia, ove si pratica la prima accoglienza. Il secondo tipo di centro, cioè, ipotizzato alla caserma Polonio: «Un’esperienza arricchente – spiega il vicepresidente giovani Pietro Becci – . Ci ha permesso di toccare con mano la realtà dell’immigrazione. In questo mondo vi sono sia le persone bisognose, scappate da situazioni terribili in cerca di un futuro, che quanti cercano fortuna, talvolta con metodi poco raccomandabili. Ma generalizzare è sempre sbagliato – è la riflessione di Becci – . Certo è che l’accoglienza mi pare un dovere civico molto importante, oltre che un diritto per ueste persone: diritto a lavarsi, a magiare, a riposare, a ripartire. Le persone non possono essere smistate ed ammassate a piacimento, ma è proprio quanto viene fatto invece nei Cpt (il primo tipo di centro per cui già sono iniziati i lavori ndr). La repressione non risolve veramente i problemi».Sulla proposta del comitato popolare questa l’opinione di Becci: «Ben venga, ma la mia personale opinione è che non basta dire «non lo vogliamo qui». Il problema è anzitutto etico, più che gradiscano. Lo slogan «né qui né altrove» mi trova maggiormente d’accordo. Per questo mi domando: i sindaci dei comuni limitrofi sarebbero pronti a schierarsi responsabilmente contro i Cpt?».Il presidente dell’associazione «Gradisca è», Renzo Gerometta, non crede che l’idea del comitato riuscirebbe a cambiare le carte in tavola: «Non so se gesti clamorosi della cittadinanza possano ribaltare una situazione che pare segnata – spiega – .Sta piuttosto agli amministratori gestire questa emergenza. Ora, a maggior ragione, tocca alla politica: è tempo di negoziare un risarcimento per il danno che, inequivocabilmente, Gradisca subirà».Deluso e preoccupato Giovanni Bressan, presidente mandamentale Ascom: «Tutto è iniziato con il documento approvato in consiglio quattro anni fa – accusa.Bisognava prima richiedere garanzie, e solo in seguito dire sì alla prima accoglienza. Ma la vera disponibilità l’ha data successivamente l’ex sindaco, incontrando il ministro Bianco. Poi può essere vero che Fabris sia stato tenuto sempre all’oscuro, ma intanto paghiamo l’errore di allora. L’idea del comitato? Può avere il suo peso, a patto che i gradiscani vogliano capire la gravità della situazione. Anche se in ritardo, gli amministratori l’hanno intuita. Ora tocca a noi. Altrimenti – conclude – starà alla politica trovare il modo di bilanciare la situazione».Luigi Murciano