Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Corriere della Sera del 21 agosto 2004

«Diritto d’asilo a chi fugge dalla povertà»

Buttiglione propone di cambiare la Bossi-Fini: ampliare il concetto di profugo e rivedere il sistema delle quote

Dal nostro corrispondente
Bruxelles – «Aprire le porte dell’Italia anche a chi ha fame». Rocco Buttiglione, ministro per le Politiche comunitarie, che dal primo novembre assumerà l’incarico di Commissario europeo per la «Giustizia, libertà e sicurezza», invoca una riforma del diritto di asilo italiano: «Se vanno accolti i profughi di guerra e gli esiliati politici, bisogna introdurre anche una nuova categoria di chi fugge da fame, sete, carestie e povertà» che parla anche del problema degli sbarchi di profughi clandestini: «Il soccorso in mare è un dovere etico e giuridico prima che una legge». Immediata la replica del parlamentare della Lega Nord, Mario Borghezio: «E’ semplicemente irresponsabile».

Per Buttiglione è da rivedere anche il sistema delle quote: «Preferisco che non sia il governo a stabilirle, ma che l’ingresso sia vincolato al contratto di lavoro degli extracomunitari», ha detto in una intervista al settimanale Vita non profit magazine , precisando che i centri d’accoglienza devono «servire a offrire assistenza sanitaria e non diventare campi di concentramento». «E a chi chiede di ributtare in mare chi sbarca, magari a cannonate – ha aggiunto – rispondo che questo governo ha radici cristiane e mai darebbe ordini simili. Senza dire che gli equipaggi della nostra Marina sarebbero i primi a ribellarsi a ordini del genere».

Intervenendo ieri a Bruxelles, Buttiglione ha detto «sì ai «centri di accoglienza per immigrati nei Paesi di transito, dalla Libia al Marocco. Ma «a una condizione»: «L’iniziativa deve partire dai governi nordafricani. La Ue e gli Stati europei possono e devono garantire un sostegno esterno». Così Buttiglione risponde alla proposta rilanciata dal ministro degli Interni tedesco, Otto Schily, con un’intervista al Corriere della Sera , pubblicata il 19 agosto. Schily aveva citato uno «studio di fattibilità» elaborato dalla Commissione europea alla fine del 2002. Nel documento si prevede, in effetti, la creazione di una rete di centri dislocata lungo le rotte dell’immigrazione clandestina. «Se fatta bene, è una buona idea», osserva Buttiglione, «ma se vogliamo realizzarli davvero l’ultima cosa che dobbiamo fare è cercare di imporre questi centri, con un metodo coloniale. Al contrario, l’Unione Europea deve dichiararsi disponibile a sostenere lo sforzo dei nostri vicini». Secondo il neo-commissario i campi di accoglienza «possono essere utili se sono in grado di incanalare verso l’Europa gente che arriva stremata, dopo aver attraversato il deserto, e che, probabilmente potrebbe venire da noi per via legale, se solo sapesse come si fa». Il ministro, allarga il quadro delle possibilità: «I centri potrebbero diventare una specie di ufficio di collocamento. Potrebbero lavorarvi delle “ong” (organizzazioni non governative, ndr ) che abbiano la fiducia degli imprenditori europei, che conoscano le necessità delle imprese e siano in grado di offrire formazione professionale». Sono, però, come ammette Buttiglione, «idee e realizzazioni costose». Quindi «la Ue da sola non può bastare: occorre che anche i singoli Stati siano disponibili a condividere le spese».
Il dibattito Schily-Buttiglione si inserisce in un quadro normativo piuttosto povero. Dal 1999 in poi (vertice di Tampere), la Commissione ha proposto una serie di direttive per regolare i flussi dell’immigrazione. Una di queste prevede la possibilità che le imprese cerchino manodopera nei Paesi extraeuropei e, dunque, anche nei centri di accoglienza. Quasi tutti i provvedimenti, però, sono stati bloccati dal Consiglio dei capi di Stato e di governo.

G. Sar.