Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 18 agosto 2004

Sant’Anna di Lampedusa di Guido Ambrosino

Sant’Anna di Stazzema è il luogo di uno dei più feroci eccidi nazisti: 560 bambini, donne, vecchi massacrati il 12 agosto 1944 dalla 16esima divisione corazzata delle Waffen-SS Reichsführer. Da giovedì scorso viene però citata come culla del nuovo asse italo-tedesco contro i barbari africani. I ministri degli interni Pisanu e Schily hanno approfittato proprio del loro incontro a Sant’Anna per annunciare il patto, capovolgendo con indecente cinismo il senso di una giornata che avrebbe dovuto essere dedicata alla memoria delle vittime. Quelle vittime, ha ricordato Schily a Sant’Anna, ci impegnerebbero «a garantire il rispetto dei diritti universali dell’uomo in tutto il globo». Peccato che poche ore dopo, alla prefettura di Lucca, Schily e l’amico Pisanu abbiano spiegato che ciò non vale per i negri che vengono a importunarci.

A loro si darà la caccia in mare, con l’aiuto fattivo del colonnello Gheddafi, per bloccarli e spedirli in un «campo di accoglienza» in Libia dove – si noti bene – non potranno chiedere asilo, procedura possibile solo sul suolo europeo. La grande maggioranza sarà rispedita a casa. I pochissimi che riusciranno a dimostrare che un rimpatrio metterebbe a rischio la loro vita saranno mandati in campi profughi «nella regione d’origine», come ha spiegato Otto Schily in un’intervista del 2 agosto alla Sueddeutsche Zeitung.

Si tratta di escludere gli africani dall’accesso al diritto d’asilo. Perché, come ricorda Schily nell’intervista citata, «l’asilo si può chiedere solo in un paese dell’Unione europea». Se arrivassero in Europa i profughi avrebbero diritto a impugnare in tribunale decisioni amministrative avverse, ma in Libia non godranno di alcuna garanzia: «Il profugo non è in Germania, non può quindi appellarsi all’articolo 16 della costituzione tedesca che tutela l’asilo, né all’articolo 19 sull’accesso alla giustizia».

Perfino un democristiano come Wolfgang Schäuble, predecessore di Schily al ministero degli interni, è indignato. Accusa il ministro di voler «scardinare la convenzione di Ginevra sul diritto d’asilo» e osserva che i campi libici non potranno che diventare «lager di internamento». Schily, risentito, puntualizza: «Io non ho mai parlato di lager». È vero. Dovrebbe farlo se fosse più onesto con se stesso. Il “centro d’accoglienza” sarebbe come il campo di Guantanamo, che gli Usa non considerano parte del territorio degli Stati uniti, ritenendo quindi di poter negare agli “accolti” i minimi standard legali.

Schily e Pisanu sono liberi di scimmiottare Bush. Ma non di strumentalizzare come patente d’antifascismo le corone di fiori deposte a Sant’Anna, nel giorno in cui annunciano un piano intimamente razzista. Non è solo mancanza di tatto. È un insulto alle vittime. La garanzia del diritto d’asilo non era forse stata una delle lezioni tratte dallo sterminio di 60 anni fa?