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Un approfondimento sul Protocollo d'intesa in materia di richiedenti asilo e rifugiati

Emilia-Romagna – Quali novità e prospettive sul diritto all’asilo?

Intervista a Giorgio Palamidesi, Politiche per l’Accoglienza e l’Integrazione Sociale della Regione ER

La rete dei soggetti promotori è comunque aperta al contributo di realtà altre, come associazioni di migranti, centri interculturali o gruppi della società civile che vogliano collaborare attivamente ai progetti regionali sul diritto all’asilo.

Per capire esattamente quali novità e prospettive introduce la firma di questo protocollo d’intesa sul panorama regionale, dove solo alcune città sono per altro inserite in piani per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, abbiamo intervistato il Dott. Giorgio Palamidesi, funzionario del Servizio Politiche per l’Accoglienza e l’Integrazione Sociale della Regione ER.

Domanda: Che cos’è un protocollo d’intesa e qual è il suo reale potere normativo? In altre parole, qual è la sua ricaduta effettiva?

[Scarica il testo integrale del Protocollo d’intesa in materia di richiedenti asilo e rifugiati ]

Risposta: Il protocollo rappresenta un accordo politico-amministrativo tra chi lo sottoscrive, è l’espressione della volontà e disponibilità di quei soggetti ad attuare gli interventi oggetto del protocollo, rappresenta un impegno a far seguire degli atti concreti sulla questione del diritto all’asilo.
Le sue ricadute pratiche si avranno in un secondo tempo, quando i soggetti che hanno sottoscritto l’intesa cominceranno punto per punto a vedere come metterla in pratica.

D: In un capitolo del testo del protocollo viene espressa la volontà, rispetto alla normativa nazionale, di predisporre un’attività di verifica da parte dei soggetti locali sull’operato delle Commissioni Territoriali. Come si inserisce questa volontà nella situazione attuale, in cui il decreto attuativo della legge Bossi Fini sull’asilo non è stato ancora emanato e in cui tutte le decisioni sul diritto alla permanenza in Italia sono di fatto determinate dalla Commissione Centrale?

R: Il rapporto con la situazione nazionale è esplicito, infatti questa situazione nazionale – decisamente carente ed in alcuni casi drammatica – è uno dei motivi che hanno portato a sottoscrivere questo protocollo d’intesa. Manca una legislazione nazionale sull’argomento, alla legge Bossi-Fini non è seguito un regolamento attuativo sull’asilo, che invece avrebbe dovuto essere approvato due anni fa. La Regione Emilia-Romagna e gli altri soggetti che hanno siglato l’intesa vogliono mettere alcuni punti fermi di interesse per gli enti territoriali e per chiunque lavora per il diritto all’asilo. I punti fermi sono:
i centri di identificazione previsti dalla Bossi-Fini non devono avere un carattere di limitazione della libertà personale: devono essere luoghi in cui i diritti e la dignità delle persone devono essere tutelati. in sostanza devono essere dei luoghi ben diversi dai Centri di Permanenza Temporanea.
Inoltre il sistema degli enti locali e delle associazioni che lavorano per il diritto all’asilo e che hanno siglato l’intesa vuole avere voce in capitolo e accesso a queste strutture, nel caso vengano fatte nel territorio regionale, o comunque discuteranno insieme alle regioni limitrofe i criteri e i modi in cui difendere concretamente il diritto all’asilo.
La situazione nazionale resta quella in cui esiste una Commissione Nazionale, però già nel protocollo sono espressi una serie di elementi che vogliono preparare una fase successiva e soprattutto avviare un metodo di osservazione di come, anche in questa regione, il diritto all’asilo può essere esercitato, quali difficoltà incontra, come si comportano le autorità locali.

D: Una presa in carico non solo dell’aspetto dell’accoglienza ma anche della possibilità d’accesso allo status di rifugiato?

R: Sì, perché uno dei punti critici è attualmente la tutela e l’informazione legale, sia nel primo momento in cui la persona vuole fare richiesta d’asilo, ma anche nel periodo – ora lunghissimo – tra la domanda e l’accoglimento/respingimento della richiesta. L’aspetto dell’assistenza legale è sicuramente uno dei compiti che verranno chiesti alle amministrazioni locali e a chiunque farà parte di questo sistema regionale di accoglienza per richiedenti asilo, rifugiati e persone con permesso per motivi umanitari.

D: Conoscendo l’insufficienza delle dimensioni del PNA, quale sarà invece la portata di questo sistema regionale?

R: Il protocollo vuole andare oltre le misure di accoglienza dell’emergenza che in questi anni volontariato ed associazioni hanno garantito. L’obiettivo è un sistema di accoglienza più esteso nel territorio, anche rispetto allo stesso Programma Nazionale Asilo che in Emilia-Romagna coinvolge attualmente 5 province su 9 (Modena, Forlì Ravenna, Parma, a cui di recente si sono aggiunti alcuni comuni della provincia di Parma e finalmente anche il Comune di Bologna). Uno dei primi obiettivi è di estendere il sistema alle 4 province mancanti. Attualmente è difficile stabilire la disponibilità numerica, ma con questa estensione della rete sull’intero territorio regionale si vuole andare oltre le circa 330 presone accolte nell’anno 2003 con il PNA.

D: Quali sono invece le prospettive che il protocollo intende aprire rispetto al tema/problema del lavoro, che come sappiamo è vietato dalla normativa sull’immigrazione a chi fa richiesta d’asilo. Nel testo del protocollo si legge l’intenzione di avviare opzioni per il progressivo inserimento di richiedenti asilo nel mondo del lavoro, di che cosa si tratta?

R: Si vogliono estendere alcune esperienze realizzate in alcune province. Si tratta di offrire concretamente la possibilità di esperienze preparatorie al lavoro, come ad esempio la borsa lavoro che consente da un lato un minimo reddito e dall’altro una prospettiva di inserimento sociale per la fase successiva al riconoscimento del status di rifugiato.
Borse lavoro oppure tirocini formativi come misura intermedia che potrebbe servire come facilitatore nel trovare successivamente un lavoro, ma anche come reddito minimo per la lunga fase di attesa del riconoscimento dello status di rifugiato.
Infine è necessario sottolineare che la società civile da un lato, le amministrazioni locali dall’altro rispetto a questo protocollo devono porsi in un’ottica attiva e propositiva oltre che di spinta e controllo, perché questa non è una tematica facilmente affrontabile in un tempo in cui le risorse per gli interventi sociali vengono drasticamente tagliate o comunque messe in questione.