A Lampedusa continuano ad emergere nuovi retroscena sui rimpatri dei migranti che approdano nelle coste siciliane. Gli ultimi rimpatri sono avvenuti di nascosto: per coprire la vergognosa violazione dei diritti umani e la brutalità con cui avvengono gli “accompagnamenti”, i cittadini stranieri sono stati trasferiti dal Cpt di Lampedusa all’aereo con delle camionette, nonostante la distanza fosse di pochi metri.
Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato dell’Asgi, ha pubblicato sul Manifesto un articolo sugli accadimenti delle ultime due settimane a Lampedusa.
A lui abbiamo chiesto un commento sulla situazione dell’isola siciliana.
Risposta: La situazione in Sicilia è quella di tanti Cpt, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e adesso anche Ragusa, che funzionano un po’ come hanno funzionato in questi ultimi anni: con le normali procedure di identificazione, con il contatto con le rappresentanze consolari che forniscono agli immigrati un documento di viaggio, con la presenza di interpreti che, in qualche modo, collaborano alle identificazioni, che si verificano, però, dopo giorni di intrattenimento con provvedimenti emanati dai Magistrati.
Tutto questo non si è verificato a Lampedusa, anche se Lampedusa è un Centro di Permanenza temporanea; ma anche se non lo fosse, se non fosse più qualificato così dal Ministero degli Interni, comunque l’allontanamento forzato, qualunque sia la fonte, o respingimento, una volta che ci sia l’ingresso nel territorio, o provvedimento di espulsione, l’accompagnamento forzato in frontiera – e certamente le manette denotavano la forzatura in tutti i sensi e anche la violenza di questi accompagnamenti – è un qualcosa che in base alle nostre leggi e alla costituzione, deve essere convalidato, deve discendere da un provvedimento del Magistrato, non può risolversi in un puro provvedimento di polizia, quando incide definitivamente sulla libertà personale.
Come si è visto anche da alcune immagini trasmesse su siti internet, la condizione degli immigrati respinti in Libia, viola completamente il rispetto dei minimi diritti della persona in una situazione tragica: queste persone, che sono rinviate verso i Paesi di provenienza presunta o effettiva (questo lo si può dire solo a posteriori) vengono caricate su camion e traversano in queste condizioni il deserto, o sono caricate su aerei che le riportano verso luoghi dove possono subire trattamenti inumani e degradanti. Un mese fa circa, ad esempio, un gruppo di sudanesi è stato rimpatriato dalla Libia e, su questa vicenda, c’erano già state le proteste dell’Uchnur, proteste che sono rinnovate anche in quest’occasione, ma, malgrado queste posizioni di critica forte delle Nazioni Unite e di altri organismi, come Amnesty, il governo italiano, forte dell’intesa commerciale stretta con Gheddafi, dell’esigenza che aveva Gheddafi di riaccreditarsi come partner dell’Italia e dell’Europa in questo momento per risolvere il problema dell’embargo, ha proseguito nei rimpatri.
La cosa più mortificante di questo momento è che si ha la sensazione che vi sia stato uno scambio tra persone e interessi commerciali, che certamente non fa onore al nostro Paese.
A differenza di altre occasioni, ricordo tra le altre la vicenda della Cap Anamur, questa volta rappresentanti parlamentari, regionali e nazionali, sono stati testimoni diretti di quello che è successo perché per quattro giorni hanno presidiato il centro di Lampedusa, pur senza poter intervenire effettivamente per far valere i diritti di quanti vi erano rinchiusi. Io credo, quindi, che in quest’occasione ci sarà la possibilità di testimoniare in sedi diverse gli abusi e le illegittimità che sono stati commessi.
D: Un’altra notizia appare oggi sui giornali: l’Unione Europea si appresta a stilare una lista di Paesi cosiddetti sicuri. Ma quando si va a leggere questa lista si scopre che sono Paesi come la Liberia, la Nigeria o altri Paesi del Sud America, dove si sa che le violazioni dei diritti umani sono quotidiane. In questo modo, i richiedenti asilo perderanno ogni diritto ad entrare in Europa?
R: Io non sono così pessimista perché, anche se molti giornali cercano di alzare cortine fumogene su questa materia, per evidenziare come le linee scelte dal nostro governo sono condivise in Europa – ma la “vicenda Bottiglione” la dice tutta su quanto il nostro governo abbia seguito in Europa –, anche in questo caso si sta facendo un’informazione errata perché, in base alle mie informazioni, che sono quelle delle ONG che lavorano anche a Bruxelles, ma sono anche informazioni desumibili dai giornali internazionali, non c’è alcun accordo in Europa su questa lista dei Paesi terzi sicuri.
La lista costituisce un modo esemplare per negare il diritto d’asilo ma, siccome i rapporti anche di convenienza economica tra i diversi Paesi europei e i Paesi che dovrebbero essere qualificati come sicuri, sono rapporti molto eterogenei, molto differenziati, sia per le divisioni interne all’Unione Europea, sia per le diverse categorie di rapporti economici e politici che intercorrono tra i singoli Paesi dell’Unione Europea e questi Paesi, la lista con effetto vincolante nei confronti dei richiedenti asilo dovrà aspettare anni prima di poter arrivare.
Certamente sulla sicurezza e sulla chiusura delle frontiere l’accordo in Europa rimane ancora possibile, a partire da una collaborazione di forze di polizia e di una distribuzione dei costi, dell’immane costo di questi respingimenti collettivi alle frontiere italiane e anche di altri Paesi (ad esempio, ai confini spagnoli con il Marocco si verificano spesso situazioni di questo tipo).
Pensare che in Europa ci possa essere un’intesa, un’unanimità sull’individuazione di questi Paesi terzi sicuri, credo che sia assolutamente sbagliato e credo che i fatti mi daranno ragione. Se i fatti mi daranno torto, affronteremo anche a livello di Corte europea dei Diritti dell’Uomo e di Commissione delle Nazioni Unite per i Rifugiati, la negazione del diritto d’asilo, perché chi fosse respinto direttamente verso questi Paesi senza nemmeno avere l’occasione di proporre una domanda d’asilo, di fatto verrebbe escluso dall’applicazione sia della Convenzione di Ginevra, sia della Convenzione Europea del 1950 a salvaguardia dei diritti dell’uomo.