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tratto da Migra news

I Comuni italiani e il Sistema di Protezione per Richiedenti asilo e Rifugiati

di Cristina Alì Farah

Roma – Si è tenuto il 19 ottobre, presso il Teatro del Carroccio, un convegno volto a tracciare il bilancio di un’esperienza maturata nell’ambito di duecento comuni italiani che si sono trovati in prima linea nella gestione diretta dell’accoglienza e del supporto all’integrazione di richiedenti asilo, rifugiati e beneficiari di protezione umanitaria. A partire dal 2001 il PNA (Programma Nazionale Asilo), nato nell’ottobre 2000 da un’intesa fra Ministero dell’Interno, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), si è posto come obiettivo quello della costruzione di una rete di accoglienza che decentrasse l’attuazione dei programmi a livello territoriale, responsabilizzando le istituzioni dei governi locali, pur mantenendo a livello centrale la responsabilità del sistema asilo. L’approdo, nell’arco di tre anni, alla creazione del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), istituito dalla legge 189 del 30 luglio 2002 (Bossi-Fini), porta a riflettere sul modello innovativo proposto, che ha rivoluzionato radicalmente i progetti precedenti.
Il presidente dell’ANCI Leonardo Domenici, introducendo i lavori, ha posto in rilievo l’importanza del modello di governance realizzato dal PNA che, attraverso la gestione diretta del governo centrale, ha creato una rete di servizi che porta al riconoscimento del valore centrale dei comuni come terminali di tutte le azioni, aprendo le realtà locali ad una dimensione internazionale. Dal 1 luglio 2001 ad oggi sono più di cinquemila le persone accolte dagli oltre 200 Comuni coinvolti nel progetto.
È stata, inoltre, sottolineata l’importanza di un intervento che non avesse solo un carattere emergenziale, ma che tenesse conto dell’umanità del rifugiato. L’avvio di rapporti di cooperazione decentrata in linea con le autonomie locali, porterà sicuramente a risultati più proficui in virtù della più diretta conoscenza dell’articolazione interna dei servizi di cui dispongono i Comuni.

Il convegno ha visto la partecipazione dei Sindaci e dei delegati degli enti locali coinvolti, oltre ai rappresentanti delle maggiori associazioni di tutela che operano nel settore.
Grande assente il Ministro dell’Interno Pisanu che molti attendevano come principale interlocutore del governo.

Il Sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, nel sottolineare il valore innovativo della legge 189 del 2002, ha tracciato un quadro della composizione dei beneficiari dei servizi di accoglienza. Nel corso degli anni si è assistito a un ridimensionamento delle presenze provenienti dalle principali aree di crisi degli anni novanta, localizzate principalmente nell’Europa dell’Est e nei Balcani, a fronte di un parallelo incremento delle provenienze da paesi africani quali Somalia, Etiopia, Eritrea, ma anche Liberia, Nigeria e Sudan.
Riconoscendo il PNA come strumento prezioso, ha ravvisato la necessità di aumentare l’offerta di accoglienza migliorandola qualitativamente, essendo la stessa troppo spesso delegata alle associazioni di volontariato e agli enti locali.

Grande consenso ha suscitato l’intervento di un rappresentante del comune di Cosenza che, criticando l’approccio da lui definito “soave” nei confronti della legge 189 del Presidente dell’ANCI, ha proclamato la necessità di non ignorare in quella sede la grave violazione dei diritti umani e della legge nazionale a cui sta assistendo l’Italia. Centinaia di persone vengono infatti deportate in massa senza essere identificate, verso un paese, come la Libia, che non ha aderito alla Convenzione di Ginevra. Chiamando tutti ad un atto di protesta e di ribellione civile, ha messo in luce come non esista Comune in Italia che non sia in grado di assorbire almeno due millesimi dell’afflusso annuale di rifugiati.

Michele Manca di Nissa, delegato ad interim dell’ACNUR in Italia, ha sottolineato l’importanza di separare la dimensione dell’asilo politico dai flussi misti: l’Italia ha infatti, a suo parere, risorse finanziarie e umane sufficienti ad affrontare la dimensione dell’asilo politico. È importante garantire che, al momento dell’ammissione, le persone che ne hanno diritto accedano al sistema e non ricadano nella rete di coloro che non godono degli stessi diritti. Inoltre, non si può determinare il diritto o meno all’asilo politico sulla base della nazionalità, ma è necessario verificare la situazione individuale di ognuno. La Commissione, nell’esaminare le domande di asilo, richiede troppo spesso tempi di attesa lunghissimi che non di rado raggiungono i due anni, creando situazioni emergenziali e di disagio che portano all’attivazione di un sistema di assistenzialismo cronico.

Secondo Filippo Miraglia, responsabile dell’Immigrazione per l’ARCI Nazionale, oltre il 70% dei rifugiati e richiedenti asilo versa in condizione di abbandono e l’incidenza del fenomeno dell’irreperibilità dei richiedenti asilo (circa 7000) fa sì che la maggior parte delle loro domande venga respinta. È fondamentale, sin dalle prime fasi dell’accoglienza, il riconoscimento della dignità umana degli individui, attraverso il loro inserimento in strutture abitative migliori con un’attenzione particolare ai gruppi più vulnerabili. A tal fine lo stato dovrebbe investire nel sistema d’accoglienza distogliendo i finanziamenti dalla costruzione dei CPT.

Il Capo della Missione OIM in Italia, Peter Schatzer, ha ricordato l’estrema importanza svolta dalla Organizzazione internazionale delle Migrazioni nell’attivazione di misure di assistenza alla reintegrazione socio-economica nel Paese di provenienza per quanti, tra richiedenti asilo e rifugiati, hanno scelto l’opzione del rimpatrio.

Tutti i relatori vedono come necessaria la creazione di una legge organica sull’asilo che sia in linea con la Costituzione e con la legislazione europea.