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da La Sicilia on line del 5 ottobre 2004

La Caritas: “Il rimpatrio rischia di diventare un massacro” di Francesco di Mare

«Questa gente viene portata al macello da un paese che invece di accogliere rischia di innescare un massacro».
Don Vito Scilabra, direttore della Caritas diocesana agrigentina non usa mezzi termini nello stilare la propria analisi sulle procedure di rimpatrio immediato attuate dal Governo centrale nei confronti degli immigrati sbarcati a Lampedusa. Scilabra guarda attonito i clandestini ammanettati con braccialetti di plastica, fatti salire su un areo diretto a Tripoli e poi lasciati al loro destino.

Un destino che per il direttore della Caritas è già segnato: «Partono da tutta l’Africa, arrivano il Libia dopo essere fuggiti a guerre e carestie, chiedono asilo politico, spendono un sacco di soldi per inseguire il sogno di una vita migliore e noi che facciamo? Li rimandiamo al mittente come se fossero pacchi postali, senza pensare a cosa accadrà loro nei prossimi giorni. Trattandosi di persone in fuga molto spesso da conflitti – evidenzia Scilabra – appena torneranno a casa rischiano di essere ammazzati da chi li osteggiava fino al punto di farli scappare».

Secondo il direttore dell’ente di assistenza «mi sembra di assistere a scene simili a quando gli ebrei venivano prelevati dai tedeschi e spediti nei campi di concentramento senza fare capire loro cosa li aspetta.
A questi immigrati gli si propone di tornare nelle terre da dove sono scappati senza chiedersi a quale destino andranno in contro». Alla luce di una situazione sulla quale il giudizio è assolutamente negativo, don Scilabra sottolinea come «tutto ciò sia il frutto di una legge sull’immigrazione sbagliata e lesiva dei diritti degli immigrati.
Noi non vogliamo extracomunitari irregolari, ma perfettamente integrati nel tessuto sociale del nostro paese.

Adesso il ministro Pisanu ha detto che i controlli verranno intensificati e che non sbarcherà più nessuno grazie agli accordi con la Libia. Guarda caso – dice don Vito – tutto ciò si dichiara quando le condizioni meteomarine andranno a peggiorare dando un taglio netto al numero degli sbarchi. Siccome però il mare continua a essere una tavola gli approdi continuano, in barba agli accordi. E cosa fa l’Italia – s’interroga Scilabra – offre tre ore di accoglienza sottoforma di un piatto di pasta e poi li rimanda all’inferno dal quale provengono senza sapere da dove sono venuti non essendo in grado di identificare con precisione tutti coloro i quali arrivano in massa.
I diritti umani non si rispettano dando solo un piatto di pasta a chi scappa da miseria e guerra, costretto anzi a ritornarci suo malgrado», conclude il direttore della Caritas di Agrigento, sempre più città di frontiera.