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da Il Manifesto del 9 ottobre

Migranti accolti dai Nuovi municipi

Quando esplose la vicenda della Cap Anamur (la nave che nel luglio scorso aveva raccolto dal Mediterraneo decine di uomini e donne che fuggivano da fame guerre e persecuzioni per poi essere rispediti a casa dal ministro “moderato” Pisanu), un pezzo della Rete del nuovo municipio decise che era tempo che i comuni sostituissero il governo nazionale nelle politiche d’accoglienza. E così Franco Piperno e Beppe Caccia, assessori rispettivamente a Cosenza e Venezia, andarono ad Agrigento, entrarono in quei “centri di accoglienza” che assomigliano sempre di più ai centri di detenzione. E loro, gli assessori disobbedienti neomunicipalisti, insieme agli instancabili attivisti della Rete antirazzista siciliana, costrinsero i guardiani delle frontiere a rispettare le leggi: a identificare i migranti e, alla presenza di un traduttore, a fargli presentare domanda di asilo politico.
Adesso una trentina dei migranti sbarcati a luglio hanno una casa e un lavoro a Cosenza e Venezia. A riprova che il municipalismo fa da sponda alle insorgenze dei territori, il fatto che nel capoluogo cosentino i rifugiati sono ospitati dalla Casa dei migranti, una struttura autogestita da italiani e kurdi nata sulla scia delle mobilitazioni antirazziste calabresi. Si tratta di un esperimento riuscito, che Franco Piperno invita ad allargare, facendo appello ad altri enti locali, invitandoli a praticare forme di accoglienza che oltrepassino le sbarre della legge Bossi-Fini.

I municipi, del resto, sono protagonisti anche delle politiche “ufficiali” sui richiedenti asilo. Dal 2000 più di cento comuni italiani sono impegnati nelle attività di accoglienza, integrazione e sostegno a richiedenti asilo e rifugiati. «Il compito della Rete del nuovo municipio è quello di sperimentare l’autogoverno, più che cambiare le leggi – spiega Piperno a Carta, in un’intervista che uscirà nel numero in edicola dal 14 ottobre – Per questo credo che il decentramento può essere praticato già adesso, con le normative vigenti. I comuni, già dal Medioevo, hanno avuto un ruolo democratico fondamentale». Quanto alla vicenda dei migranti, prosegue l’assessore cosentino, «il comune è l’ente più adatto a gestire certe faccende. Siamo più efficaci, rapidi e civili. Abbiamo trovato subito tre traduttori, e questo ci ha permesso di far fare domanda d’asilo ai migranti». Anche di questo si parlerà nella seconda assemblea degli enti locali che sperimentano la partecipazione, che si apre oggi a Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno.

Oltre al patto col diavolo libico (che non ha mai firmato la convenzione di Ginevra) per rimpatri e controlli “alla fonte”, la “repressione creativa” di Pisanu prevede ancora l’apertura di nuovi centri di detenzione. L’ultimo in ordine di tempo è quello di Ragusa, dove l’amministrazione comunale ha preso una netta posizione contro le galere etniche, votando all’unanimità una mozione in cui si dice no al centro di detenzione e alle «politiche di esclusione e segregazione, per lanciare, invece, messaggi di accoglienza per i cittadini stranieri» Il sindaco Antonino Solarino, che guida la giunta di centrosinistra, ha detto di voler difendere «la storia di civiltà della città di Ragusa, una vocazione alla pace e alla solidarietà, riconosciuta anche formalmente attraverso la creazione di un assessorato ad hoc». «Preferisco l’immagine che Ragusa ha mostrato domenica scorsa – ha spiegato – quando sono sbarcate centocinquanta persone, tra cui tante donne e bambini, e tanta gente si è messa a disposizione, cercando di dare un po’ di conforto».