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Libri – Lo stivale meticcio: l’immigrazione in Italia oggi

Di Tiziana Barrocci e Stefano Liberti
Prefazione di Alessandro Dal Lago
Carocci, ottobre 2004
€11,50

Diviso in sei parti che riprendono alcuni degli aspetti principali delle migrazioni, questo libro si presenta come sintesi ben riuscita tra inchiesta giornalistica e indagine sociale, basata su interviste a migranti e ad operatori del settore.
Molti gli stereotipi dei media messi in discussione: nessuna invasione ma una presenza numerica distribuita in Italia in proporzioni differenti che rispecchiano le possibilità offerte dal mercato del lavoro; nessuna propensione all’irregolarità e all’illegalità ma l’impossibilità di usufruire di canali di accesso regolare, perché praticamente inesistenti, e la speranza invece di regolarizzarsi nel paese delle sanatorie.
Il secondo capitolo fornisce un panorama della galassia dei CPT in Italia, vere e proprie carceri, anche se vi vengono condotte persone che non hanno commesso reati penali. Una documentata analisi dei dati consente di esprimere un giudizio nettamente negativo anche sul reale funzionamento dei CPT stabilito dal legislatore, ovvero quali centri di identificazione in attesa del rimpatrio. Bassa la percentuale dei casi che arrivano al reale rimpatrio e altissimi invece i costi di gestione. Questa spesa elevata, destinata alla costruzione e gestione dei CPT, appare così essere finalizzata non tanto alla lotta alla irregolarità della presenza straniera, ma piuttosto a tranquillizzare l’opinione pubblica sull’operato del governo; tranquillizzarla dopo averla bombardata di immagini di sbarchi, invasioni, crimini compiuti da stranieri.
Una costosa opera di propaganda, in sostanza. Nella quale i diritti dei migranti scompaiono.
Il libro offre una sintesi puntuale anche della normativa e della situazione dei richiedenti asilo in Italia, argomento che molti studi sull’immigrazione non trattano, denunciando le difficoltà procedurali all’ottenimento dello status e il problema più grosso che le persone costrette in questo limbo giuridico – possono trascorrere anche due anni e mezzo in attesa della intervista alla Commissione Centrale – si trovano ad affrontare: l’alloggio. I posti in accoglienza all’interno di progetti statali, approntati peraltro solo a partire dal 2001, sono insufficienti, così i richiedenti trovano altre soluzioni efficaci di autogestione per procurarsi una casa, come il centro Ararat o il più eclatante caso del hotel Africa.
La soluzione alla quale sembra orientata l’Italia con gli altri paesi europei sembra essere quella di restringere a tal punto la possibilità di ottenere un permesso con la richiesta di asilo da non renderlo un canale appetibile. I rifugiati riconosciuti sono infatti lo 0,56%. Si dimentica così che spesso la richiesta di asilo non è una delle possibilità per entrare in un paese, ma l’unico modo di non essere perseguitati o uccisi. E che garantire tale diritto è per l’Italia un obbligo costituzionale (v. art.10 comma 3).
Il quarto capitolo tratta dell’imprenditoria immigrata, dei motivi che portano dal lavoro subordinato a quello autonomo, dei settori in cui avviene la creazione di ditte con titolari stranieri, e dei distretti modificati strutturalmente da questo fenomeno, come il distretto tessile di Prato; ancora dell’interessante fiorire di editoria – soprattutto testate giornalistiche – in lingua. Gli autori non trascurano di sottolineare che il fattore di mobilità sociale non è il principale e che spesso non è presente, ma che piuttosto le nuove forme di lavoro autonomo sono un’esigenza del sistema produttivo e un vantaggio per l’azienda della quale si era dipendenti più che per lo straniero.
Meno conosciuto l’argomento delle donne sfruttate nella prostituzione. Quattro i più rilevanti modelli che regolano la prostituzione migrante, e differenti i gradi di organizzazione criminale: il modello nigeriano, la prostituzione delle giovani donne albanesi, quello delle donne dell’est e infine le transessuali americane. Violenza e ricatti impediscono alle giovani donne condotte a questo lavoro con l’inganno, vittime della tratta (percentuale rilevante ma non maggioritaria), di uscire dalla situazione. Una possibilità è offerta dall’art. 18 della Turco Napoletano, che prevede la protezione sociale e il rilascio di un permesso per chi denuncia o per chi intraprende programmi di inserimento sociale con le associazioni contro la tratta. Sebbene non si faccia riferimento al numero di persone che hanno potuto beneficiare di questo sistema, e quindi sia difficile valutane l’efficacia, spaventa, ancor più in questa luce, la proposta di legge che vorrebbe riportare l’Italia alla situazione presente prima del 1958, anno della Legge Merlin, istituendo di nuovo luoghi di prostituzione chiusi, dai quali sarà sempre più difficile per le donne uscire e per le associazioni avere informazioni e garantire un minimo di tutela sanitaria e di informazioni su come uscire dallo sfruttamento.
Infine, è trattato nel capitolo conclusivo il tema dei minori stranieri, presenti in numero sempre maggiore in Italia, arrivati con le famiglie (ricongiunti ecc.) oppure giunti con un progetto migratorio solitario, chiamati minori non accompagnati, col carico di complessità che questa presenza comporta per la società italiana: principalmente nella scuola, in cui gli educatori devono affrontare la difficoltà di ripensare la didattica, in un contesto reso ancor più complicato, e ricco, dalla presenza di quasi 200 cittadinanze diverse tra i banchi di scuola. Tre i casi approfonditi: i ragazzi marocchini, quelli cinesi e la particolarità dell’istituto Daniele Manin di Roma, da anni impeganto nella sperimentazione di programmi didattici capaci di organizzare e valorizzare questa complessità, e nel quale gli inserimenti degli alunni stranieri avvengono sempre nella classe dei coetanei, con programmi di insegnamento della lingua italiana ad hoc realizzati con la collaborazione degli strudenti. Peculiare la situazione dei minori non accompagnati, per i fattori che li hanno spinti all’emigrazione, per il rischi di devianza cui sono sottoposti in quanto costretti a comportamenti illeciti per sopravvivere.
Caratterizzato da uno stile semplice, non accademico, e da un intento divulgativo più adatto ai “non addetti ai lavori”, il libro è reso dall’apparato di note, ricco di riferimento a testi, inchieste giornalistiche e ricerche disponibili su internet, un utile strumento anche per chi già si occupa di questi temi.