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tratto da Migra news

Nel carcere peggiore d’Italia

di Giuseppe Marongiu

Sassari – Pestaggi, stranieri detenuti in attesa di giudizio per mancanza di strutture di accoglienza, strutture detentive fatiscenti prive di adeguati servizi igienici. Sono una cinquantina gli stranieri detenuti nel carcere di Sassari, la casa circondariale di San Sebastiano, ma solo due hanno commesso reati in Sardegna. Gli altri sono stati ‘trasferiti’, ovvero strappati al tessuto di relazioni create nella regione dove vivevano, spesso detenuti in custodia cautelare anche se non ancora giudicati. Arrivare in Sardegna è l’ultima tappa, dopo vari altri spostamenti da un carcere all’altro.

«Gli stranieri sono sempre i primi a essere trasferiti» spiega Speranza Canu, volontaria dello sportello informazione stranieri di San Sebastiano. «I problemi che devono affrontare sono legati alla distanza dal continente: i loro familiari devono pagare cifre enormi per venire a trovarli, le lettere si perdono e non arrivano, i contatti con gli avvocati sono quasi impossibili». Gli avvocati lasciati nella regione di residenza non riescono a seguire le cause, quelli che dovrebbero occuparsi dei detenuti non si vedono praticamente mai. Perciò Speranza Canu da circa un anno frequenta i detenuti stranieri della città, svolgendo con loro attività ricreative e di assistenza. «Non avendo parenti in Sardegna, gli stranieri hanno bisogno di cose essenziali come indumenti, poi molti non parlano l’italiano e non hanno mai vissuto in Italia, perché sono stati fermati alla frontiera. Così non sanno quali leggi regolano la detenzione, se per loro esiste la possibilità di accedere ai pochissimi posti disponibili per le procedure alternative alla detenzione».

I dati dell’Osservatorio provinciale sull’immigrazione di Sassari del 2002 rivelano una percentuale altissima di denunce a carico di immigrati. Addirittura la vicina provincia di Oristano risulta in testa alle classifiche della penisola (con 356 denunciati su 604 stranieri soggiornanti, il 58,9% del totale), mentre la provincia di Sassari presenta dati più alti della media regionale (35,4% contro 30, 9 % della Sardegna, con Cagliari al 24, 8 % e Nuoro al 28,9 %) ma comunque inferiori alla media italiana (35,4%), nonostante il fenomeno migratorio sia molto contenuto in Sardegna, attestandosi intorno al 0,9% (per quest’ultimo dato vedi Dossier Caritas Immigrazione e dati Istat dal 2001 al 2004).

Si dovrebbero confrontare i dati delle denunce per verificare quali tipologie di reati sia i più frequenti, ma la Questura, la Procura, il Tribunale dei minori e la Prefettura richiedono permessi scritti e non assicurano di poter materialmente effettuare una verifica. Mamadou Mbengas, senegalese, lavora all’Osservatorio della provincia e spiega che «la maggior parte sono reati minori, molto spesso derivanti dal non avere i documenti con sé oppure dalla detenzione di materiale abusivamente riprodotto». Ovvero denunce per vendita abusiva di cd e dvd masterizzati in casa.

Il carcere di San Sebastiano non è esattamente il fiore all’occhiello della detenzione italiana: su una capienza prevista di 192 posti, quella tollerabile è di 252. Quasi la metà dei detenuti è tossicodipendente, almeno un quinto soffre di disturbi psichiatrici e il numero di suicidi all’anno è fra i più alti d’Italia (dati del Ministero di Giustizia, dall’opuscolo informativo ‘Dietro le sbarre… oltre le sbarre…). La struttura ha 164 anni e li mostra tutti: ad agosto è stato definito il peggior carcere dello stivale dalla commissione giustizia della Camera. In questi giorni è attiva la protesta dei carcerati, mentre il presidente dell’associazione nazionale detenuti non violenti, Evelino Loi, e il consigliere provinciale, Antonello Unida (gruppo misto), per cinque giorni hanno dormito in una macchina davanti al carcere, facendo lo sciopero della fame. «E’ vergognoso tenere in questo inferno i 270 detenuti, in Sardegna ci sono le strutture per accogliere chi ha bisogno di cure, come i tossicodipendenti e i detenuti affetti da Aids e epatite B e C. Inoltre ci sarebbero gli spazi per assicurare a chi ha diritto le procedure di recupero alternative, ma vengono tenuti in stato di abbandono». Evelino Loi spiega che il recupero delle colonie penali e la ristrutturazione delle comunità di accoglienza potrebbero contenere il totale dei 1800 detenuti sardi, dunque che il fatiscente carcere di San Sebastiano potrebbe essere svuotato, così come il carcere San Daniele di Lanusei, il Buon Camino di Cagliari, e le strutture detentive di Oristano e Tempio Pausania. Antonello Unida, prima di iniziare lo sciopero, aveva fatto votare all’unanimità un ordine del giorno in consiglio provinciale, dove si chiedeva l’urgente intervento a San Sebastiano da parte dei Ministeri della Giustizia e dell’Interno: «L’ordinanza è rimasta sulla scrivania del capogabinetto, non è stata recapitata. Qui i detenuti stanno tutto il giorno a guardare le pareti, l’igiene minimo non è garantito, e si presentano nuovi casi di tubercolosi».

Al tribunale di Sassari si celebra il processo contro 9 agenti dei Gruppi operativi mobili, accusati (insieme ad altri 83 tra agenti e funzionari che hanno scelto il rito abbreviato) di aver selvaggiamente pestato 42 detenuti in seguito a una protesta inscenata nell’aprile del 2000. Nel frattempo Evelino Loi ha reso pubblica la lettera della sorella di una carcerata che accusa di essere stata picchiata a giugno scorso da 10 agenti uomini. «Il 27 ottobre ho consegnato la testimonianza al Dipartimento Diritti Umani del Consiglio Regionale, ma non ho ancora ottenuto risposta».