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Venezia – Resoconto delle audizioni della Commissione per richiedenti asilo

Intervista a Susanna Sonetto, Ufficio Immigrati del Comune di Venezia

Avevamo dato notizia dell’arrivo a Venezia della Commissione Centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, per l’esame (in soli due giorni e mezzo) delle domande di tutti i richiedenti asilo domiciliati nella provincia cioè 190 persone, tra cui dei minori.
Una soluzione dettata dall’esigenza di interrompere i tempi di attesa lunghissimi che vanno normalmente dai 15 ai 24 mesi, a fronte dei 45 giorni previsti dalla normativa vigente per concludere tutto l’iter. E’ importante ricordare che, durante questo tempo di attesa, per legge il richiedente asilo non può lavorare.
Oltre a Venezia la Commissione ha lavorato anche in altre città, come Bologna, Torino e Firenze.

Abbiamo chiesto a Susanna Sonetto, Servizio immigrazione e promozione dei diritti di cittadinanza del Comune di Venezia, un bilancio generale delle audizioni.

Domanda: Ci puoi trattare un bilancio su come sono andate le audizioni?

Risposta: Va detto che non sono ancora arrivate gli esiti: la questura ci ha comunicato che, probabilmente, alla fine di novembre verranno notificate agli interessati le risposte della commissione.
Personalmente ho avuto possibilità di assistere a dieci colloqui perché sono entrata con dieci richiedenti asilo, tutti minorenni non accompagnati, quindi non potevano sostenere il colloquio da soli ed era necessaria la figura di un adulto, nominato dal Tribunale quindi ho chiesto di poter essere incaricata per questa cosa. In questo modo, ho potuto ascoltare i colloqui non avevo la possibilità di intervenire ma solo di vigilare sul buon andamento dell’esame. Ho assistito al colloquio di sette ragazzi afgani, un ragazzo liberiano e una ragazza congolese. Dagli altri richiedenti asilo adulti, che hanno avuto l’intervista nei tre giorni in cui la Commissione è stata a Venezia, mi sono fatta raccontare le loro impressioni.

D: Quali sono state?

R: Ci sono versioni discordanti. Alcune persone hanno avuto la possibilità di parlare in maniera approfondita e dettagliata spiegando bene le ragioni della loro richiesta di asilo. Hanno riferito che i Commissari hanno fatto domande abbastanza puntuali ed approfondite. Questo, soprattutto me lo hanno detto le persone dall’Iran e del Congo. Altri richiedenti asilo, provenienti soprattutto dall’Afghanistan, dall’Azerbajan, dalla Georgia, riferivano che i Commissari non avevano notizie del paese d’origine, adirittura non erano neanche in grado di individuare su una mappa il paese di appartenenza. Quindi, è stato abbastanza difficile spiegare, velocissimamente, le ragioni della loro richiesta d’asilo e l’appartenenza politica ad una persona completamente all’oscuro sulla situazione del paese di provenienza di questi richiedenti asilo.
Ci sono persone che hanno una buona capacità di esprimersi e raccontare, una buona capacità di sintesi e di logica; altre persone, invece, sono in difficoltà a raccontare storie estremamente dolorose e pesanti, non sono in grado di strutturare un discorso con un inizio e una fine, e tendono a saltare da un discorso all’altro, da una parte perché hanno un livello scolastico molto basso, dall’altra perché non sono abituati a parlare di argomenti che si vorrebbero dimenticare, per cui per alcune persone è stato veramente difficile anche soltanto esprimere e raccontare la propria storia.

Alcuni hanno raccontato che si sono trovati di fronte a Commissari che sono stati estremamente sbrigativi, qualcuno ha detto anche estremamente scortesi perché non avevano nessuna voglia di ascoltarli ma, probabilmente, il loro obiettivo era quello di chiudere, prima possibile, il colloquio. Questo vale, soprattutto, per i ragazzi afgani e i curdi della Turchia.

D: Come era composta la Commissione d’esame?

R: La commissione era composta di cinque elementi: c’era un Presidente (Prefetto del Ministero degli Interni), un viceprefetto ( Ministero degli Interni), un ministro plenipotenziario ex ambasciatore in Nigeria (Ministero degli Esteri), un questore (Ministero degli Interni) e un dirigente della Presidenza del Consiglio. Quindi cinque persone ministeriali, che hanno sostenuto i colloqui singolarmente cioè un Commissario vedeva una singola persona ed era affiancato da un interprete.
Il Commissario aveva la cartella della persona inviata dalla Questura – dove la persona aveva fatto la domanda d’asilo – dalla quale poteva evincere già alcune informazioni su di esso. Ho notato che all’interno delle cartelle non c’era tutto il materiale, che è stato mandato successivamente in Commissione. Abbiamo avuto casi di alcune persone che hanno recuperato documenti dopo la loro richiesta di asilo, oppure che hanno scritto le proprie memorie, la propria storia, dopo che hanno fatto la richiesta d’asilo. Abbiamo spedito questo materiale in Commissione ma questi documenti non sono stati inseriti dentro al dossier quindi, chi li aveva con sé li ha prodotti al momento, per chi non li aveva con sé purtroppo non sono stati tenuti in considerazione. E questo è un problema.

D: Dopo aver ascoltato le persone interessate, dopo aver visto lavorare la Commissione, puoi dirci le tue impressioni in generale?

R: Mi sono fatta sinceramente “impressionare”, nel senso che mi sono accorta che le persone che sostengono l’audizione arrivano molto cariche, sono in una situazione di estrema tensione perché, davvero, in cinque minuti si gioca il loro destino in Italia, ma in alcuni casi si giocano la vita perché il rientro nel Paese d’origine vuol dire carceri sicure, mettere a rischio la propria incolumità e l’incolumità dei propri familiari. Per cui questo momento è un momento davvero carico di significato per loro.
Arrivano con una gran voglia di raccontare, vogliono far capire alla persona che gli è davanti e il loro desiderio e convincerlo sulla fondatezza delle loro ragioni e della loro richiesta d’asilo. Molto spesso i commissari, per la fretta, per il numero di persone che devono vedere, non hanno né tempo né forse tanta voglia di ascoltare la storia che queste persone riportano. Ci vuole sicuramente una grande concentrazione e un grande sforzo.
Ogni singolo commissario poi ha il compito di prendere nota e di verbalizzare il colloquio. La cosa mi pare estremamente complicata: lo stesso commissario deve fare le domande, aspettare che la persona risponda, prendere nota, dare indicazioni all’interprete, coordinare un po’ il colloquio. Questo non è possibile, risulta estremamente gravoso e complicato affidare tutto ciò ad una singola persona, tant’è che non dovrebbe essere così: dovrebbe esserci una commissione, composta da più di un elemento che esamina la singola richiesta d’asilo quindi che conduce il colloquio.

D: La commissione arriva a Venezia, dopo pressioni e l’interpellanza dell’on. Zanella. Quanto è positiva questa presenza direttamente nel territorio?

R: È estremamente positivo il fatto che la commissione sia in loco.
Innanzitutto, perché da parte del Comune oppure da parte delle associazioni, è possibile anche conoscere e, in qualche modo, controllare che la commissione lavori correttamente.
La possibilità di vigilare, di parlare con le persone in tempo reale, secondo me, è una cosa buona. Il fatto che fossimo presenti noi operatori che seguiamo gran parte delle persone che sono state convocate, per le stesse persone è stato molto rassicurante.
Così come è stato importante essere presenti per capire come lavora la commissione, da chi è composta e quali sono gli orientamenti. Presumo – è un’opinione che mi sono fatta io – che la commissione, essendo di ministeriali, segue l’orientamento politico del nostro governo, in materia di politica estera.