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Ricongiungimento familiare – Il contratto di comodato gratuito è titolo valido per l’alloggio?

Il fatto che la questura ritenga che il contratto di comodato gratuito (artt. 1803 ss. c.c.) non possa costituire un valido titolo per dimostrare la disponibilità di un alloggio idoneo, pare alquanto discutibile perché la legge non prevede che, ai fini della ricongiunzione familiare, lo straniero debba essere proprietario di un immobile o titolare di un contratto di locazione, bensì prevede che lo straniero debba avere la lecita disponibilità di un immobile (art. 29, Testo Unico sull’Immigrazione). Se ha avuto la fortuna di ottenerla perfino a titolo gratuito, sia pure dovendo adempiere all’onere di effettuare lavori di ristrutturazione o altro, questo non dovrebbe comportare alcuna differenza di trattamento, poiché questo la legge non lo prevede.
Se poi la questura di Treviso non intende cambiare opinione – e riteniamo scarsamente probabile che possa farlo in base ad una valutazione di esperienza – ecco allora che l’unica possibilità che rimane all’interessato è quella di promuovere un ricorso avanti all’autorità giudiziaria competente per territorio, ovvero, in base all’art. 30, comma 6, del T.U. sull’Immigrazione, avanti al Tribunale civile di Treviso, che ha la competenza a pronunciarsi sulle controversie in materia di coesione familiare. Può prospettare, dunque, la questione interpretativa al giudice, chiedendo quindi se, secondo il suo parere, è vero quello che dice la Questura o se è vero che – non richiedendo la legge alcuna particolare qualificazione della disponibilità dell’alloggio, ma prevedendo soltanto la verifica dell’idoneità dell’alloggio – anche il comodato gratuito di cui dispone questo signore può costituire un titolo valido per dare seguito alla procedura di ricongiungimento familiare.
E’ pur vero che nel caso del comodato gratuito il padrone di casa, non richiedendo un corrispettivo in denaro, ha il diritto di mandare via l’ospite quando vuole, a meno che non sia stato convenuto un termine, che invece sarebbe vincolante (art.1810 c.c.). Da quanto ci risulta, però, moltissime sono le domande di autorizzazione alla ricongiunzione familiare presentate nelle varie questure che sono basate sull’idoneità d’alloggio a titolo di ospitalità o di comodato gratuito; vi sono peraltro anche alloggi che vengono messi a disposizioni da organizzazioni umanitarie o religiose. Tuttavia, questioni di questo genere, non ci sembra siano mai state sollevate.
Il fatto che il padrone di casa abbia la libertà di buttare fuori l’ospite quando vuole, di per sé non fa venir meno la legittima disponibilità d’alloggio; d’altra parte, questo signore ci abita già da tempo (un anno) e non c’è nulla che possa far pensare che si possa trattare di una disponibilità d’alloggio simulata appositamente per creare artificiosamente le condizioni per la ricongiunzione dei familiare. D’altra parte se così fosse, resta pur sempre all’autorità di polizia la possibilità di contestare la simulazione nella rappresentazione della disponibilità dell’alloggio e, quindi, di revocare l’autorizzazione alla ricongiunzione familiare. Ma non si vede perché si debba fare un processo alle intenzioni, perché semplicemente sospettate o vagamente temute.
Riteniamo, dunque, che l’interessato abbia le sue ragioni da far valere, ma sospettiamo che la questura di Treviso non cambierà facilmente idea e che dunque l’unica possibilità sia quella di prospettare la questione alla competente autorità giudiziaria; vedremo quindi quale sarà l’interpretazione prospettata dalla magistratura.