Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Alcune riflessioni sulle vicende del presepe

A cura di Cinzia Gubbini

Passata la bufera è possibile (forse) ripercorrere le
tappe della polemica sul presepe nelle scuole, che per
una ventina di giorni ha occupato le pagine di alcuni
quotidiani italiani, ha imperversato in tv, ha
chiamato in causa autorevoli intellettuali, il
ministro dell’istruzione Letizia Moratti e addirittura
il papa. Una breve cronologia di come è nata questa
polemica sembra essere un ottimo esempio di come si
possa costruire una notizia dal nulla.
La prima volta che si sente parlare a livello
nazionale di scuole e insegnanti che si rifiutano di
fare il presepe è il 2 dicembre, in un editoriale in
prima pagina a firma del vicedirettore del Corriere
della Sera, Magdi Allam. “Fate il presepe non offende
i ragazzi islamici”, è il titolo. L’occhiello ha un
sapore programmatico: “Natale può diventare la festa
condivisa da cristiani e musulmani cominciando dalle
scuole”.

L’editoriale inizia rivolgendosi a “quelle maestre che
non vogliono fare il presepe”. Ma in Italia nessuno ha
mai sentito parlare, attraverso i mezzi di
informazione nazionali, di alcun problema delle scuole
con il presepe e i “ragazzi islamici”. Qualche giorno,
ed è ancora il Corriere della Sera a informare
l’Italia sui presunti problemi nelle scuole con
l’interculturalità e la celebrazione delle festività
religiose: è il 5 dicembre, e un inviato
dell’autorevole quotidiano racconta da Como l’episodio
di una maestra che, su suggerimento di un alunno
cattolico, aveva fatto togliere la parola Gesù da un
canto di natale, sostituendola con virtù. Come
puntualmente spiega l’articolo, è stato il papà di
un’alunna di quella scuola a sollevare il problema.
Anche questa volta su un giornale: La Padania. “E
scoppia il caso politico”, annota il cronista del
Corriere, raccontando come siano intervenuti a stretto
giro il sindaco di Como e il segretario provinciale
della Lega nord sparando a zero sull’iniziativa della
scuola “Fogazzaro”. Intanto, alunni e maestre avevano
già deciso di reintrodurre la parola “Gesù”, visto che
“virtù” suonava male e rovinava la canzone. Sul sito
della Gazzetta del Mezzogiorno, il giorno seguente, si
legge la replica del dirigente scolastico, Pasquale
Capria: “Il testo è stato semplicemente adattato ad
alcuni casi ­ spiega Capria – Nessun bambino è stato
costretto a dire qualcosa che non voleva. Le
insegnanti hanno proposto, a chi non voleva
pronunciare la parola Gesù, di sostituirla. I bambini
hanno suggerito altre parole, ma è stata lasciata
completa libertà, tant’è che alla fine i bambini
musulmani hanno cantato come gli altri. Sono certo che
si tratta di un’inutile polemica”.

Arriva il 6 dicembre, e parte la campagna vera e
propria: scendono in campo le “firme”. Sulla prima
pagina del Corriere scrivono Panebianco ­ che
interrogandosi sul fallimento dei modelli
d’integrazione in Francia e in Inghilterra non manca
di accennare alla polemica (appena nata e molto
coccolata) sul presepe, e Gaspare Barbiellini Amidei
il cui commento titola “Natale oscurato a scuola”.
L’intera pagina 17 è dedicata invece alla “cronaca”
sulle scuole che si rifiutano di ricostruire la
natività. Questa volta tocca alle scuole “Ciardi” di
Treviso, “che al posto della natività, per queste
feste, metteranno in scena con gli alunni una favola
di Perrault”, cioè Cappuccetto Rosso. L’articolo
riporta anche l’opinione dell’imam della moschea
milanese di viale Jenner, il quale ritiene che “le
tradizioni che esistono da duemila anni vanno
rispettate. Così anche noi possiamo rispettare le
nostre”. “A rilanciare la polemica ­ informa il
cronista ­ è stata nei giorni scorsi la scuola
elementare “Fogazzaro” di Como”. Rilanciare? Ma
perché, cos’altro era accaduto? Ad aiutare il
perplesso lettore accorre uno schemino che introduce
la pagina: “Gli episodi”. Così scopriamo che
precedenti “stop ai festeggiamenti” si sono verificati
a Vicenza, dove in “molte scuole” della provincia “per
rispetto ai bambini di confessioni diverse” è stato
deciso di non allestire presepi nelle classi, alberi
di Natale, o organizzare spettacoli con canti come “Tu
scendi dalle stelle”.

Episodio numero 2: A Napoli
“nella scuola che qualche mese fa aveva annunciato di
voler festeggiare il capodanno cinese” viene fatto il
presepe “ma multietnico” “con pastori e angeli dai
tratti somatici (anche) asiatici e mediorientali, e
dalla pelle scura”. La domanda sorge spontanea: ma
Gesù non era nato in Medioriente? Episodio 3: il
dirigente scolastico responsabile degli istituti del
centro di Varese “non ha dato istruzioni precise ma
non pensa a nessuna messa al bando del presepe
classico”, quindi che episodio è? Giusto per fare
numero? Il quarto episodio (e pensare che avevamo
capito fosse il primo!) è la scuola di Como. Il quinto
è la neoscoperta scuola “Ciardi” di Treviso.

Tra il 7 e l’8 dicembre il Corriere continua con
articoli che riprendono la vicenda (tipo il “presepe
anche per i bambini tunisini” a Mazara del Vallo). L’8
dicembre, succede quello che nessun quotidiano può più
ignorare: il cardinale Ruini, dagli schermi del Tg 1,
lancia un appello alle famiglie “mi permetto di
chiedere a tutti gli italiani di non accettare in
alcun modo scelte di questo genere”. Il 9 dicembre
approda alla camera l’interrogazione parlamentare
della Lega, che inizia così: “Quotidianamente si
apprendono e si leggono riportate dai giornali
situazioni particolari, e per certi versi incredibili,
che avvengono nelle scuole del nostro paese” . Cioè:
la Lega alza la polemica in Veneto e Lombardia, i
mezzi di comunicazione amplificano, e quindi la Lega
interviene in parlamento…Quella stessa sera la puntata
del “Porta a porta” di Bruno Vespa è dedicata al
presepe.
La stura è data: interverrà il papa il 13 dicembre, e
poi arriverà la lettera del ministro Moratti, che
dedica la sua missiva di Natale proprio alla polemica
sul presepe.

Ma cosa era accaduto a Vicenza? E a Treviso?
Ritornando ai fatti, la lievitazione del “caso presepe
vietato” ha davvero dell’incredibile. A Vicenza i
primi a parlare del presepe con l’avvicinarsi delle
festività sono, guarda un po’, quelli della Lega nord.
La presidente della provincia, Manuela Dal Lago (Lega)
invia il 22 novembre una circolare alle scuole in cui
annuncia un concorso: “La Natività” : “con lo scopo di
perpetuare e rafforzare questa tradizione così
importante per la nostra realtà sociale”. A quanto si
racconta al concorso si sono iscritte poche scuole
“non per niente ­ osserva un preside di Vicenza,
Giovanni Colpo ­ ma la circolare è arrivata
decisamente in ritardo. Come si fa ad organizzare un
presepe da far partecipare a un concorso a fine
novembre?”. Fatto sta che l’iniziativa della Dal Lago
risulta un flop, “ed evidentemente bisognava trovare
un colpevole. Chi meglio delle famiglie musulmane?”,
suggeriscono alcuni presidi della provincia che
pretendono l’anonimato quando si tratta di fare
ipotesi su chi ha acceso la miccia. C’è infatti un
clima poco sereno a Vicenza: l’anno scorso in quelle
terre la polemica sul crocefisso nelle aule
scolastiche fu feroce. Tanto che arrivò in dono un
piccolo presepe (di nuovo) regalato dal consigliere di
An, Arrigo Abalti, a tutte le scuole della provincia.
Come se non bastasse, sentendo i presidi delle scuole
vicentine finite nel mirino per aver disertato il
presepe – come quelle del circolo 8 di Vicenza,
guidate dal dirigente scolastico Bonato – ci viene
raccontato che sì, effettivamente negli anni passati
ci sono stati problemi in alcune classi per fare il
presepe. A sollevarli erano stati, però, non i ragazzi
islamici, in nome dei quali è stata tenuta alta la
polemica, ma i testimoni di Geova, che non condividono
la ricostruzione della Natività.

A Treviso la scuola “Ciardi” che mette in scena la
favola di Perrault viene difesa dai genitori degli
alunni con le unghie e con i denti: è possibile
ascoltare l’intervista di una mamma della scuola
trevigiana sul sito Meltingpot.org, ma un genitore
scrive anche nel sito di Magdi Allam: “Il Natale non è
stato abolito…La tradizione della scuola prevede da
ben 11 anni una recita nei giorni antecedenti il
Natale e da 11 anni le recite trattano temi
programmati da tutto il plesso scolastico, frutto di
un duro e competente lavoro interdisciplinare”. I
genitori delle scuole “Ciardi” scriveranno una lettera
anche al Gazzettino di Treviso, che però non fa
abbastanza “notizia” per essere rilanciate sulle
pagine dei giornali nazionali.

La stessa aria di incredulità e di indignazione per
come è stata gestita la vicenda si respira nella
scuola Sirio Politi di Viareggio, finita nella bufera
della polemica perché una maestra avrebbe fatto
cantare “Stella” invece che “Tu scendi dalle stelle”
(da ricordare che un episodio identico era stato
segnalato dal Corriere già il 5 dicembre a Vicenza ­
tipico meccanismo delle leggende metropolitane). “Qui
si fanno presepi, alberi di Natale e tutto il resto,
non c’è mai stato alcun problema”, ci dice un
inviperito dirigente scolastico, stanco di essere
tartassato dai mass media.

Insomma, a quanto pare l’enfasi posta sulla
trasformazione delle tradizioni cristiane non trova
alcun riscontro nella realtà. Cosa accade, dunque? “La
notizia è nata come frutto di una retorica
antislamica, che viene coltivata da Bush alla Lega.
C’è bisogno di un nemico per costruirsi un’identità ­
osserva l’antropologo Marco Aime, che proprio di
queste tematiche si è occupato nel libro “Eccesso di
culture” ­ sembra che in questo periodo ci si voglia
riappropiare del cristianesimo in modo arbitrario.
Persino il cardinal Tonini qualche tempo fa ha
rampognato il sindaco di Treviso Gentilini, che aveva
difeso la cristianità. Tonini gli fece notare che per
difendere la cristianità bisogna operare in modo
cristiano ”. “Concetti come l’identità ­ continua Aime
­ diventano un’arma quando sono strumentalizzati da
un’élite di potere o di contropotere che lo trasforma
in un concetto di appartenenza, con lo scopo di
dividere. Se non intervengono queste
strumentalizzazioni, le persone coesistono anche nella
diversità: essa non è una forma di guerra, semmai di
un conflitto che, se gestito, è il motore della
società”.
A questo punto non resta che fare un’ultima prova.

Vedere che cosa accadeva nello stesso periodo l’anno
scorso. Chi è che ragionava l’anno precedente su
questo problema? Chi è, insomma, all’avanguardia sul
tema? Una rapida ricerca sul motore Google non può
essere considerata esaustiva: però fa riflettere che
della questione, nel 2003, si disquisiva sul forum dei
genitori del sito “Orsetti padani”: “Nella scuola dei
miei figli c’è una maestra che l’anno scorso non
voleva fare i presepi. Diceva che la religione è un
fatto privato, che ognuno poteva farselo a casa sua”,
scriveva una mamma padana nell’aprile 2003. “Quando
potremo sceglierci noi le maestre per i nostri
bambini?”, concludeva indispettita