Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Dossier Caritas 2004: la situazione di richiedenti asilo e rifugiati in Italia e in Europa

Tratto dal XIV Dossier statistico sull'immigrazione

Rifugiati e richiedenti asilo in Italia

a cura dell’Ufficio per l’Italia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e con il contributo d e I Programma Nazionale Asilo (PNA)

*** L’inserto è stato redatto da Laura Boldrini, Darlo Cardinali, Pierluigi Farnese, Federico Fossi e Jürgen Humburg

Tratto dal XIV Dossier Statistico immigrazione, a cura di Caritas e Fondazione Migrantes

Sommario
. L’evoluzione positiva registrata nel 2003
. Sviluppi normativi in materia d’asilo nell’Unione Europea
. I Rifugiati e richiedenti asilo in Europa
. Sviluppi normativi in materia d’asilo in Italia
. Rifugiati e richiedenti asilo in Italia
. Dal PNA al Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati
. Integrazione dei richiedenti asilo: il progetto Integ.r.a.

L’evoluzione positiva registrata nel 2003

Il rinnovato impegno dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e di tutta la comunità internazionale nel perseguire soluzioni durevoli alla drammatica condizione dei rifugiati e nel tentare di risolvere crisi di rifugiati che spesso si protraggono da lungo tempo ha costituito – a detta dello stesso Alto Commissario per i rifugiati Ruud Lubbers – uno dei fattori principali della netta diminuzione del numero complessivo di persone sradicate di cui si occupa l’UNHCR. Tale cifra è infatti passata, a livello globale, dai quasi 20,8 milioni della fine del 2002 ai circa 17,1 della fine del 2003 – il numero più basso da un decennio a questa parte – con una diminuzione del 18 per cento.
Nell’ambito della cifra totale, 9,7 milioni sono i rifugiati, 1,1 milioni i rifugiati rimpatriati che necessitano ancora di assistenza, 4,2 milioni gli sfollati interni, 233 mila gli sfollati rientrati nelle proprie aree di origine, 995 mila i richiedenti asilo e 912 mila gli appartenenti ad altre categorie di migranti forzati, tra cui gli apolidi. Facendo invece riferimento alla ripartizione geografica, il numero di persone di cui si occupa l’UNHCR alla fine del 2003 è di 6,2 milioni in Asia, 4,3 milioni in Africa, 4,3 milioni in Europa 1,3 milioni in America Latina e Caraibi, quasi un milione in America del Nord e 74 mila in Oceania.
Il numero di rifugiati – 9,7 milioni in totale – ha registrato un decremento di 920 mila unità, circa il 10 per cento in meno rispetto ai 10,6 milioni dell’anno precedente. Il calo – verificatosi per il secondo anno consecutivo – ha riguardato tutte le regioni in cui opera I’UNHCR: il numero di rifugiati è diminuito del 13% in Asia, di oltre il 6% sia in Africa che in America Latina e Caraibi, del 5,5% in Europa del 4,8% in America del Nord e dell 1,1% in Oceania. In Africa si è registrato un aumento – dello 0,6% – solo nella regione occidentale.
Alla fine del 2003, i principali paesi d’asilo di rifugiati sono il Pakistan, che accoglieva 1,1 milioni di rifugiati, l’Iran (985 mila), la Germania (960 mila), la Tanzania (650 mila) e gli Stati Uniti (452 mila). Quello degli afghani è ancora una volta il gruppo di rifugiati più numeroso al mondo, con almeno 2,1 milioni di rifugiati in 74 diversi paesi d’asilo, seguito dai sudanesi (606 mila) e dai burundesi (531 mila).
II graduale, ma significativo, miglioramento della situazione in diversi paesi, soprattutto nel continente africano, ha fatto sì che durante il 2003 siano ritornati nel proprio paese 1,1 milioni di rifugiati, 646 mila dei quali in Afghanistan, 133 mila in Angola, 82mila in Burundi, 55 mila in Iraq, 33 mila in Sierra Leone, 23 mila in Ruanda, 21 mila in Liberia, 16 mila in Costa d’Avorio e 14 mila in Bosnia-Erzegovina. In alcuni di questi paesi, come Iraq e Liberia, per ragioni di sicurezza l’UNHCR continua a non promuovere il rimpatrio, ma molti rifugiati scelgono comunque di farvi ritorno.
Nella tendenza opposta, i paesi dai quali nel corso del 2003 si sono registrati i maggiori esodi di popolazione sono stati il Sudan (112 mila nuovi rifugiati), soprattutto per effetto della gravissima crisi nella regione del Darfur, la Liberia (87 mila), la Repubblica Centrafricana (33 mila), la Repubblica Democratica del Congo (30 mila), la Costa d’Avorio (22 mila) e la Somalia (15 mila).

Sviluppi normativi in materia d’asilo nell’Unione Europea

Durante il 2003 ed i primi mesi del 2004 l’attività dell’Unione Europea sulle questioni concernenti l’asilo è stata particolarmente intensa. Infatti il 1 ° Maggio 2004 scadeva il termine per l’adozione delle misure legislative in materia di asilo previste dal Trattato di Amsterdam (art. 63).
In vista di questa importante scadenza, il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea ha adottato in questi ultimi anni, su proposta della Commissione, diversi provvedimenti legislativi che riguardano i rifugiati ed i richiedenti asilo. Tra i Paesi europei solo la Danimarca e, in alcuni casi, l’Irlanda hanno deciso di non vincolarsi alla normativa comunitaria di cui si parla.
Seguendo l’ordine cronologico di adozione dei provvedimenti sull’asilo, va menzionata anzitutto la direttiva del luglio 2001 che ha fissato le norme minime per la concessione della cosiddetta protezione temporanea in caso di un afflusso massiccio di rifugiati e sfollati (GUCE del 7-8-2001). Questa direttiva, a cui non sono vincolate Danimarca e Irlanda, è stata recepita in Italia con un decreto legislativo dell’aprile 2003. In base ad essa gli Stati membri possono sospendere, per un periodo di tempo limitato, le normali procedure di esame individuale delle domande d’asilo nei casi di afflussi di persone molto consistenti. Inoltre questa direttiva ha stabilito i criteri secondo cui i Paesi possono condividere gli oneri derivanti dall’accoglienza di questa categoria di individui che necessitano di protezione. Tra le misure previste vi sono contributi finanziari e la possibilità di procedere al trasferimento dei rifugiati (con il loro consenso) in uno Stato membro diverso da quello d’arrivo.
Nel gennaio 2003 è stata approvata una direttiva che stabilisce le norme minime sull’accoglienza che gli Stati europei riservano a coloro che presentano domanda d’asilo sul loro territorio (GUCE del 6-2-2003). Sono stati così stabiliti alcuni diritti di cui devono poter godere i richiedenti asilo, tra cui quello di essere adeguatamente informati sulla procedura di asilo, quello di poter circolare liberamente sul territorio nazionale (sebbene siano previste diverse possibilità per gli Stati di restringere questo diritto), l’accesso all’istruzione per i minori, i sussidi economici per gli indigenti, l’assistenza sanitaria, l’adeguata considerazione di soggetti vulnerabili tra cui le vittime di tortura e i minori non accompagnati. Questa direttiva dovrà essere recepita da tutti i Paesi membri dell’Unione Europea (ad eccezione di Danimarca e Irlanda) entro il 6 febbraio 2005.
Nel febbraio 2003 è stato adottato il cosiddetto “Regolamento Dublino II” (GUCE del 25-2-2003), che sostituisce, mantenendola pressoché identica nei contenuti, la Convenzione di Dublino del 1990. Questa aveva fissato le regole per la determinazione dello Stato competente per l’esame della domanda d’asilo presentata in uno dei Paesi contraenti. Con l’entrata in vigore del regolamento, dette regole costituiscono oggi parte integrante della legislazione comunitaria, alla quale sono sottoposti anche i dieci nuovi Stati entrati nell’Unione il 1° maggio di quest’anno. Questo regolamento non è vincolante per la Danimarca, rispetto alla quale si applica tuttora la Convenzione di Dublino e si sta negoziando un accordo ad hoc, che sarà firmato presumibilmente entro la fine del 2004. Non solo la Danimarca, peraltro, sarà in questo modo inclusa nell’applicazione dei meccanismi del “Regolamento Dublino II”; infatti, grazie alla firma di specifici accordi oggi in fase di negoziazione, anche Norvegia, Islanda e Svizzera, Paesi non membri dell’Unione Europea, entreranno presto a far parte di questo sistema. I criteri per determinare lo Stato competente per esaminare una domanda d’asilo, stabiliti dal Regolamento Dublino II, saranno dunque applicati da tutti i 25 Stati membri con l’aggiunta di Norvegia, Islanda e Svizzera.
Nell’aprile 2004 è stato approvato il testo di una direttiva sull’attribuzione della qualifica di rifugiato o di persona bisognosa di una forma sussidiaria di protezione umanitaria, la cui entrata in vigore è prevista per la fine del 2004 (Danimarca esclusa). Essa in sostanza stabilisce quali sono i criteri, basati sull’articolo 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 e su altri strumenti internazionali e regionali per la difesa dei Diritti Umani, per la concessione o la cessazione dello status di rifugiato o di persona beneficiaria di protezione sussidiaria. Quest’ultima corrisponde ad una forma di protezione internazionale complementare al riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra e viene concessa, per esempio, alle vittime di guerre civili e di gravi conflitti interni. Inoltre la direttiva in parola ha fissato alcuni standard minimi riguardanti il contenuto di queste due forme di protezione internazionale.
L’UNHCR, sebbene con alcune riserve, ha accolto con favore il testo, in particolare la definizione di rifugiato in essa contenuta, che include esplicitamente le vittime di persecuzioni perpetrate da agenti non statali. È inoltre positivo l’accordo raggiunto sulla protezione sussidiaria, anche se l’UNHCR si rammarica di alcune limitazioni previste per tale status, ad esempio quelle riguardanti le persone che fuggono da conflitti armati e violenza generalizzata.
Da ultimo va segnalato che è ancora in fase di negoziazione, oramai da quattro anni, una direttiva che definisce le norme minime per le procedure applicate ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. A fine aprile, nell’ambito del Consiglio, è stato trovato un accordo politico su un testo, ancora non definitivo. La direttiva determinerà i principi e le garanzie fondamentali riguardanti le procedure d’asilo applicate nei singoli paesi dell’Unione Europea (ad esclusione, ricordiamo, della Danimarca), in particolare rispetto a: accesso alla procedura, esame della domanda, accesso ai servizi di interpretariato, assistenza legale e dell’UNHCR, garanzie per i minori non accompagnati, trattenimento e procedure di ricorso.
La direttiva sulle procedure d’asilo resta caratterizzata, secondo l’UNHCR, da gravi carenze. Le lacune più preoccupanti riguardano le regole che consentono di designare, senza sufficienti garanzie, cosiddetti “Paesi terzi sicuri” nei quali possono essere rinviati i richiedenti asilo. Queste disposizioni sono potenzialmente pericolose per i rifugiati, che rischiano allontanamenti forzati a catena da uno Stato europeo attraverso una serie di altri Stati fin anche a quello di origine. Inoltre, le regole che permettono ai Paesi, in alcuni casi, di espellere il richiedente asilo la cui domanda è stata respinta prima che si conosca l’esito di un eventuale ricorso, sono, secondo l’UNHCR particolarmente preoccupanti in quanto negano il diritto ad un rimedio effettivo in caso di errore. Rispetto all’importanza di un ricorso effettivo, c’è da constatare che in alcuni Stati europei tra il 30 e il 60 per cento dei rifugiati ottiene il riconoscimento dello status solo a seguito di un appello.
L’agenzia ONU per i rifugiati ha inoltre evidenziato l’importanza della prossima fase del processo di armonizzazione. Le direttive hanno infatti stabilito solamente norme minime, quindi l’UNHCR esorta tutti i 25 Stati membri dell’Unione Europea a introdurre o mantenere standard più elevati, quando si tratterà di recepire la legislazione europea all’interno dei singoli stati membri.
Per esplorare modi e possibilità di una migliore gestione degli arrivi dei richiedenti asilo, nell’ottobre 2003, durante la Presidenza Italiana del Consiglio dell’Unione Europea, il Ministero dell’Interno ha organizzato il seminario internazionale “Verso un più ordinato e gestito ingresso nell’Unione Europea delle persone che necessitano di protezione internazionale” (Roma, 13-14 ottobre 2003). I partecipanti al seminario hanno riconosciuto che l’adozione, a livello europeo, di “procedure di ingresso protetto” e di “programmi di reinsediamento dei richiedenti asilo” potrebbe favorire un approccio più organico alle tematiche dell’asilo e dell’immigrazione, che si caratterizzi per la condivisione degli oneri e delle responsabilità con le regioni di origine.

I Rifugiati e richiedenti asilo in Europa

Alla fine del 2003, il totale delle persone di cui si occupa l’UNHCR in tutti i paesi europei – in base ad una ripartizione ‘allargata’ che include anche paesi come Armenia, Azerbaijan, Cipro, Georgia e Turchia – è di 5,4 milioni, dei quali 2,4 milioni sono rifugiati. Alla stessa data, negli allora 15 paesi dell’Unione Europea il totale delle persone di competenza dell’UNHCR è di 2,1 milioni, dei quali 1,8 milioni i rifugiati. La distribuzione dei rifugiati all’interno dell’Unione Europea non è omogenea. Quasi un milione è ospitato nella sola Germania, e 1,6 milioni, pari al 92% del totale dei rifugiati nell’UE a 15, si trova in soli 5 paesi: la stessa Germania (960 mila), Regno Unito (276 mila), Paesi Bassi (140 mila), Francia (130 mila) e Svezia (112 mila). Anche in termini relativi, vi sono profonde differenze tra paesi come Danimarca, Svezia e Germania – che ospitano tra 11 e 13 rifugiati ogni 1.000 abitanti – e altri, come Grecia, Italia, Spagna e Portogallo, dove invece è presente meno di un rifugiato ogni 1.000 abitanti.
Le domande d’asilo presentate nel 2003 nei paesi dell’Unione Europea sono state 310 mila, il 20% in meno rispetto all’anno precedente: si tratta di una delle cifre più basse degli ultimi anni, ben al di sotto del record del 1992 – durante la guerra nei Balcani – quando furono inoltrate 669 mila richieste. A testimonianza degli importanti positivi sviluppi nei paesi e regioni d’origine, il numero di domande presentate dai gruppi nazionali di richiedenti asilo tradizionalmente più numerosi – come gli afghani, gli iracheni e i serbo-montenegrini – ha registrato una diminuzione, sebbene secondo l’Alto Commissario per i rifugiati Ruud Lubbers è necessario continuare ad investire in assistenza e risorse nelle regioni di origine per fare in modo che non si verifichi un’inversione di tendenza.
II paese dell’UE che nel 2003 ha ricevuto più domande d’asilo è stato il Regno Unito con 61.500 domande, seguito dalla Francia con circa 51.400 e dalla Germania 50.450. Nella maggior parte dei paesi UE si è registrata una notevole diminuzione del numero di richieste presentate: -41% nel Regno Unito, -29% in Germania (che nel 2003 ha ricevuto il numero di domande più basso degli ultimi 19 anni), -28% nei Paesi Bassi e -18% in Austria.
Gli aumenti nel numero di domande d’asilo presentate nel 2003 hanno invece riguardato principalmente Stati che ricevono un numero relativamente limitato di domande, tra cui diversi paesi entrati a far parte dell’Unione Europea il 1° maggio 2004. A Cipro nel 2003 sono state presentate 4.410 domande, per un aumento del 364% rispetto alle 950 del 2002; a Malta 570 (+63%); in Slovenia 1.100 (+57%); nella Repubblica Ceca 11.390 (+34%) e in Polonia 6.920 (+34%). Complessivamente, nei 10 paesi di recente ingresso nell’UE sono state inoltrate 37.300 domande d’asilo, per un incremento del 16% rispetto alle 32.100 dell’anno precedente.

Sviluppi normativi in materia d’asilo in Italia

L’ampio excursus dedicato all’Europa è dovuto al fatto che l’armonizzazione europea delle legislazioni sull’asilo farà sì che i margini per le legislazioni nazionali su tale materia saranno d’ora in poi più stretti, in quanto i Paesi membri saranno vincolati alla trasposizione degli strumenti normativi europei all’interno dei sistemi legislativi nazionali.
L’Italia continua ad essere l’unico tra i Paesi dell’Unione Europea a non disporre di una legge organica in materia di asilo. La lacuna legislativa ha creato una serie di difficoltà rispetto alla piena applicazione della Convenzione di Ginevra e conseguentemente notevoli disagi, non solo per gli stessi richiedenti asilo e rifugiati, bensì anche per gli operatori del settore. A tutt’oggi la base della legislazione italiana in materia di asilo è composta da un unico, e lacunoso, articolo, l’art.1 della legge n.39/1990 (c.d. “legge Martelli”) e da un decreto, sempre del 1990, sulla procedura (). La legge di modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo n.189 del 30 luglio 2002 (c.d. legge “Bossi-Fini”) non contiene una riforma organica del diritto di asilo, ma ha introdotto alcune modifiche procedurali significative. Il testo contiene alcuni aspetti positivi, come ad esempio la decentralizzazione del processo decisionale tramite la creazione di Commissioni territoriali e il compito loro affidato di valutare le domande di asilo, oltre ai sensi della Convenzione del 1951, anche sotto il profilo di altri strumenti sui Diritti Umani. Tuttavia, la procedura prevista dalla “Bossi-Fini” non offre sufficienti garanzie per i richiedenti asilo, in quanto l’assenza di un rimedio giurisdizionale effettivo fa sì che una decisione errata possa avere effetti gravi ed irreparabili.
Nel luglio 2004 il Consiglio dei Ministri ha approvato un regolamento di applicazione della legge “Bossi-Fini”, che – a due anni dall’approvazione della legge – dovrebbe rendere operative le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato da essa previste. Questo regolamento prevede l’insediamento di sette Commissioni territoriali che sostituiranno l’attuale Commissione centrale nella procedura di riconoscimento della protezione internazionale. Inoltre, il regolamento contiene delle misure assai restrittive per quanto riguarda il trattenimento di un’ampia categoria di richiedenti asilo. Va ricordato che l’articolo 10 della Costituzione, al comma 3, prevede che uno straniero al quale nel suo Paese sia impedito di esercitare “le libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana” ha diritto d’asilo, “secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Tuttavia, nessun provvedimento normativo è stato sinora emanato al fine di individuare i diritti delle persone a cui viene riconosciuto il cosiddetto asilo costituzionale.
In conclusione, il sistema legale e procedurale in materia di asilo in Italia si trova tuttora in fase di definizione, da un lato per via del processo di armonizzazione che si sta svolgendo nell’ambito dell’Unione Europea, e dall’altro per via della discussione in corso in Parlamento su una legge che disciplinerà nel dettaglio la procedura di asilo, lo status di rifugiato e gli altri status di protezione internazionale dell’individuo.

Rifugiati e richiedenti asilo in Italia

II numero dei rifugiati presenti in Italia alla fine del 2003 è di 12.386, dei quali 8.580 riconosciuti in base alla Convenzione del 1951 e 3.806 titolari di protezione umanitaria. La cifra costituisce una quota minima (lo 0,56%) rispetto al totale dei cittadini stranieri soggiornanti in Italia con regolare permesso di soggiorno alla fine del 2003 (2.193.999, in base ai dati forniti dalla Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere del Ministero dell’Interno).
Le principali aree di provenienza dei rifugiati presenti in Italia sono: vicino Oriente e Asia centrale (circa 3.500 persone); Balcani, Europa orientale ed ex Unione Sovietica (3 mila); Africa centrale e meridionale (1.200); Corno d’Africa (700) e, in misura minore, Africa occidentale e America Latina.
Il numero di domande d’asilo presentate in Italia durante il 2003 è di oltre 13 mila, per una diminuzione del 16% rispetto alle 16 mila dell’anno precedente. La cifra si inserisce nella media degli ultimi anni, quando dopo il picco del 1999 – soprattutto per effetto della guerra nel vicino Kosovo, quell’anno in Italia furono presentate 33 mila domande d’asilo – il numero di richieste presentate annualmente è oscillato tra le 10 mila e le 16 mila ogni anno. Le 13.455 domande d’asilo presentate in Italia nel 2003 costituiscono il 4,3 delle oltre 310 mila domande presentate complessivamente nei paesi dell’Unione Europea a 15.
Le domande d’asilo esaminate durante il 2003 dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato sono state 11.323, delle quali 726 sono state accolte, 10.491 respinte, 83 tra sospese per un supplemento di istruttoria e non considerate, mentre 20 richiedenti asilo hanno rinunciato alla domanda d’asilo prima di essere convocati in Commissione.
In base ad una ripartizione per aree geografiche, il maggior numero di domande d’asilo presentate in Italia nel 2003 è pervenuto da cittadini di paesi del Corno d’Africa (Somalia, Eritrea, Sudan ed Etiopia): 3.859 domande, che costituiscono il 28,7% delle 13.455 domande complessivamente inoltrate. Oltre ai legami storici con l’Italia, tale tendenza testimonia il perdurare di situazioni irrisolte di crisi e instabilità (Somalia, Eritrea, Sud Sudan, Etiopia) e il drammatico acuirsi di nuovi conflitti (Darfur, in Sudan occidentale). Un numero appena inferiore di domande – 3.819, il 28,4% del totale – è pervenuta da cittadini di paesi dell’Africa occidentale, in particolare Liberia (1.550), Nigeria (722), Ghana (505), Costa d’Avorio (348) e Sierra Leone (340).
Le domande provenienti da queste aree hanno quindi superato quelle presentate dalle ‘tradizionali’ regioni di origine dei richiedenti asilo (Balcani – Europa orientale – ex Unione Sovietica e Medio Oriente – Asia centrale), che pure continuano a detenere quote rilevanti, con rispettivamente 2.655 (19,7%) e 2.129 domande (15,8%). È inferiore il numero di domande presentate da cittadini della regione dei Grandi Laghi africani, di America Latina, Nord Africa e Asia orientale, che complessivamente non raggiungono il 10% del totale.

Dal PNA al Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati

In mancanza di politiche organiche sull’asilo e di un sistema nazionale di accoglienza, protezione e integrazione, nonché di programmi di rimpatrio volontario e assistito a favore di richiedenti asilo, rifugiati e persone con permesso di soggiorno per motivi umanitari, nel 2001 UNHCR, Ministero dell’Interno e Associazione Italiana dei Comuni Italiani (ANCI) hanno ideato e messo in atto il Programma Nazionale Asilo (PNA).
Finanziato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri con il fondo otto per mille e dalla Commissione Europea sul Fondo Europeo per i Rifugiati, il PNA ha messo in rete 62 progetti territoriali in più di 150 Comuni dislocati su tutto il territorio nazionale.
Sulla base dei positivi risultati del programma – nato come progetto sperimentale – la legge 189/2002 ha recepito e valorizzato l’esperienza del PNA istituendo il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. È stata così riconosciuta la centralità del ruolo degli Enti Locali nella predisposizione dei servizi finalizzati all’accoglienza e alla tutela dei richiedenti asilo, dei rifugiati e degli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria, per il finanziamento dei quali la legge ha istituito il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.
In mancanza, però, del regolamento di attuazione della legge 189/2002, il Ministero dell’Interno ha voluto garantire, per gli anni 2003 e 2004, la continuità degli interventi dei servizi già in atto, come previsti dal Fondo Europeo per i Rifugiati.
Attualmente il Servizio Centrale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati coordina le attività di 80 progetti territoriali che coinvolgono più di 100 Comuni – fra cui le principali aree metropolitane – con 2.231 posti complessivi (compresi quelli relativi ai nuovi progetti in corso di avviamento). Di recente, infatti, ai 49 progetti finanziati dal Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, se ne sono aggiunti altri 31, grazie ad un finanziamento dell’ANCI dal fondo 8 per mille IRPEF.
Dall’inizio della loro attività, (luglio 2001), al giugno 2004, le strutture della rete hanno accolto complessivamente 4.739 persone, il 68% delle quali uomini maggiorenni: i minori sono stati 424, dei quali il 53% maschi. Durante il 2001 i centri della rete PNA (successivamente Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) hanno accolto 2.148 persone, mentre 934 sono state accolte nel 2002 e 2.005 nel 2003. Al 30 giugno 2004 i beneficiari del Sistema di protezione erano 1.631. Si tratta in maggioranza di uomini adulti in attesa di una decisione in merito alla propria domanda d’asilo.
Tutti i progetti territoriali del Sistema di protezione, all’interno delle misure di accoglienza, oltre a fornire vitto e alloggio, provvedono alla realizzazione di attività di accompagnamento sociale finalizzate a rendere effettivo l’accesso ai servizi erogati sul territorio quali, ad esempio, l’assistenza medica attraverso l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale. Sempre all’interno dell’accoglienza rientrano attività di formazione linguistica, iscrizione a scuola dei minori in età dell’obbligo scolastico, attività di informazione legale sulle procedure d’asilo e sui diritti e doveri dei beneficiari in relazione al loro status, sostegno all’integrazione lavorativa e alloggiativa. All’interno del Sistema sono inoltre presenti alcuni progetti specializzati nell’accoglienza e sostegno di disabili, minori non accompagnati e vittime di tortura. Particolare attenzione viene inoltre prestata alla formazione e al continuo aggiornamento degli operatori dei progetti territoriali e alla sensibilizzazione degli amministratori locali.

Integrazione dei richiedenti asilo: il progetto Integ.r.a.

A partire dal 2001 gli stessi attori che avevano dato vita al PNA (UNHCR e ANCI) con l’aggiunta del Censis, uno dei principali enti di ricerca sociale in Italia, cogliendo l’opportunità offerta dall’iniziativa comunitaria EQUAL 2000-2006, finanziata dal Fondo Sociale Europeo, hanno ritenuto di impegnarsi in maniera più approfondita sul fronte dell’integrazione socio-economica dei rifugiati e di coloro che richiedono asilo in Italia. È nato così il progetto Integ.r.a. – Integrazione dei richiedenti asilo che, attraverso gli Enti locali ed in collaborazione con gli attori chiave del territorio, offre servizi integrati di formazione, inserimento socio-lavorativo e socio-abitativo ai propri beneficiari.
ANCI, UNHCR e Censis hanno sviluppato il progetto in accordo con 7 Comuni italiani (Ancona, Bergamo, Bitonto, Catania, Genova, Forlì e Roma) e 25 partner fra organizzazioni che operano nel privato sociale, presenti e attive in tutto il territorio nazionale, e istituzioni accademiche che si occupano di tematiche dei diritti umani.
I Comuni partner sono promotori, coordinatori e gestori di progetti territoriali, sviluppati sulla base delle esigenze e delle opportunità presenti a livello locale e sulle competenze e aspirazioni dei richiedenti asilo e dei rifugiati (RAR) beneficiari dei servizi. In questo modo è possibile individuare e sperimentare i percorsi più adeguati per l’integrazione dei RAR su quello specifico territorio e fare in modo che le esperienze positive e sostenibili realizzate possano essere trasferite su altri territori attraverso la creazione di reti locali e nazionali.
Le principali attività realizzate in ambito Integ.r.a. comprendono la sperimentazione, l’approfondimento e l’utilizzo di strumenti funzionali al processo di integrazione quali il bilancio e la certificazione delle competenze, la certificazione delle competenze, lo svolgimento di tirocini formativi, l’inserimento lavorativo, i colloqui di orientamento al lavoro, la ricerca di soluzioni abitative autonome attraverso politiche di edilizia sociale che si concretizzino nella negoziazione di affitti a prezzi calmierati, nella concessione di contributi per l’affitto, etc. Questi interventi sono affiancati da azioni di accompagnamento quali l’assistenza sociale, legale, psicologica, sanitaria, etc. che completano i servizi a supporto del percorso di integrazione.
Di sostanziale importanza è inoltre la formazione degli operatori comunali che gestiscono i progetti locali sulle metodologie di intervento attivate, sulle sperimentazioni pratiche e sulle buone prassi realizzate in relazione ai percorsi e agli strumenti di integrazione per i richiedenti asilo e i rifugiati.
La sperimentazione di Integ.r.a. assume inoltre una dimensione europea attraverso il confronto e lo scambio di informazioni e buone prassi con progetti analoghi sviluppati a Parigi e Lione in Francia, ad Amburgo in Germania e a Liverpool nel Regno Unito.