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da Diagonal Numero 0 di novembre-dicembre 2004

Nuovo regolamento, vecchia legge

Immigrazione // Il processo di regolarizzazione lascia intatti i consensi ottenuti con la legge sull’immigrazione

Decio Machado
Redazione

Sebbene la prima legge sull’immigrazione nello stato spagnolo sia stata promulgata dal governo di Felipe Gonzáles nel 1985, e da allora è esistito un trattamento legislativo specifico che ha differenziato la comunità migrante dal resto della cittadinanza, il fenomeno dell’immigrazione non era mai stato oggetto di così tante e tali iniziative istituzionali aggressive come nel periodo tra il 1996 e marzo del 2004.
Durante gli otto anni del governo del PP, la legislazione sull’immigrazione si modificò in tre occasioni – legge 4/2000, 8/2000 e 14/2003 – ognuna delle quali ha inflitto nuovi restringimenti dei diritti e delle libertà degli immigrati. Il risultato della politica sull’immigrazione del PP è palpabile: nel momento del passaggio di potere c’erano tra l’1 e l’1,3 milioni di persone senza documenti e senza diritti, circa 400.000 in attesa del permesso di soggiorno e rinnovi senza risposta, un grave collasso amministrativo che ha coinvolto tutte le pratiche burocratiche e un superaffollamento dei centri di internamento conseguenza di una politica di espulsioni molto poco efficace e fortemente repressiva.
Il PP è stato anche il primo artefice della costruzione di una percezione sociale conflittuale dell’immigrazione.
La criminalizzazione alla quale sono stati sottoposti i migranti non ha paragone, la dimostrazione sta nel fatto che persino organizzazioni poco sensibili come il Sindacato Unificato di Polizia, hanno dovuto uscire pubblicamente smentendo i dati di José Maria Aznar sulle detenzioni e i reati commessi dagli immigrati.

Regolarizzazione di fronte alle proteste

Nello stato spagnolo ci sono stati processi di regolarizzazione degli immigrati nel 1985, quando si approvò la prima legge sull’immigrazione, e dopo nel 1991, 1996, 2000 e 2001. Sono stati sempre processi limitati che non hanno permesso la regolarizzazione di tutta la popolazione migrante e che in alcuni casi sono stati provocati dalle mobilitazioni dei “sin papeles”, utilizzati come valvola di sfogo di una situazione socialmente e umanamente insostenibile.
Le mobilitazioni e l’occupazione degli immigrati nella cattedrale di Barcellona durante questi ultimi mesi è stato l’agente dinamizzante che è riuscito a porre nuovamente il tema dei permessi di soggiorno all’ordine del giorno.
Sono state concretamente una forma di pressione per il nuovo governo, che ha posto questo tema come priorità immediata dell’agenda politica prima della possibilità che la protesta si estendesse ad altri territori e si generalizzasse fino ad arrivare a una situazione simile al primo semestre del 2001, anno nel quali ci sono state occupazioni e mobilitazioni di immigrati in gran parte del paese.
E, una volta in più, si è prodotta una separazione tra le volontà della collettività degli immigrati che si sono mobilitati, e l’insieme delle organizzazioni che, dal CCOO (ndt Commissioni Operaie) fino alla Caritas – i cosidetti agenti sociali, considerati dalle istituzioni come portavoci degli immigrati, senza che esista un meccanismo democratico per questa scelta -, si sono posti pubblicamente contro la mobilitazione.
Dopo il suo arrivo al governo, gli attuali dirigenti del PSOE (Partito socialista operaio spagnolo) hanno denunciato la situazione lasciata dal precedente governo Aznar sull’immigrazione. Secondo il segretario di organizzazione del PSOE, José Blanco, il PP ha fomentato una forma di contrattazione “nella quale si privilegiava la situazione in cui alcune persone ottenevano benefici e altre venivano sfruttate”. Secondo lui, il Governo “ha ricevuto un’eredità consistente di migliaia di immigrati che lavorano irregolarmente”, situazione che non deve essere permessa perchè “ha come conseguenza lo sfruttamento, che non garantisce la Sicurezza Sociale e si hanno diritti – sanità, educazione – ma non doveri, perchè il PP ha chiuso gli occhi e guardato dall’altra parte”.

Fratture nel consenso
L’attuale Legge sull’immigrazione, approvata nel dicembre 2003, è il frutto di una negoziazione congiunta PP-PSOE, che pone in evidenzia una lettura politica simile ad entrambi i partiti sul fenomeno immigratorio. In più, ad oggi, il governo di Zapatero ha negato la possibilità di modificare la Legge sull’immigrazione, limitando così l’attuazione di un’articolazione del nuovo regolamento che entrarà in vigore prossivamente (ndt il Regolamento è stato approvato il 30 dicembre scorso. Entrerà in vigore un mese dopo la pubblicazione sul Bollettino Ufficilale dello Stato).

Questo Regolamento ha come maggiore merito un nuovo processo di regolarizzazione in un periodo di tre mesi – periodo transitorio – che implicherà una nuova “valvola di sfogo” fino ad aprile.
A partire da aprile si tornerà ad avere una politica migratoria carente e senza processi di regolarizazione seri e di misure di integrazione per una società multietnica seria e propositiva.
Il Regolamento sull’immigrazione torna ad essere criticato da un settore importante delle organizzazioni di immigrati: valgano come esempio le dichiarazioni di Edgar Constante, presidente a Valencia dell’organizzazione di equadoriani Ruminahui, che ha detto che il nuovo reolamento “lega piedi e mani” gli immigrati davanti ai datori di lavoro per risolvere “una situazione di vita e residenza molto più amplia delle relazioni di lavoro”.
Il presidente di Ruminahui ha sollecitato una “regolarizzazione senza condizioni” per tutti gli immigrati richiedendo al governo di dare agli immigrati la documentazione necessaria per ottenre il permesso di soggiorno e di lavoro, dato che questa iniziativa è “una delle migliori armi per combattere l’economia sommersa”. E, ha spiegato: “Con questa autorizzazione al lavoro possiamo cercare l’impiego direttamente ed esigere dai datori di lavoro le migliori condizioni con tutti i nostri diritti”.

Iniziativa imprenditoriale
La regolarizzazione che vuole realizzare il governo individua i datori di lavoro come gli unici incaricati di realizzare le pratiche per la regolarizzazione dei lavoratori immigrati. E’ strano che i massimi beneficiari della defiscalizzazione dell’economia sommersa, della mancanza di diritti dei lavoratori dell’economia clandestina, e dello sfruttamento generale al quale è sottoposta la comunità migrante, siano gli unici incaricati e responsabili di regolarizzarli.
In questo senso, è importante sottolineare la mancanza di disposizioni degli imprenditori difronte al periodo transitorio di regolarizzazione, che si manifesta attraverso il gran numero di licenziamenti che si stanno producendo nell’ambito del lavoro domestico, così come nel settore agricolo e nelle costruzioni.
Il Regolamento predispone che un lavoratore si possa regolarizzare attraverso una denuncia al suo datore di lavoro, ma è necessario che possa dimostrare di lavorare da almeno un anno con lui, e anche di essere residente da due anni nello Stato spagnolo.