Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Da l'Unità del 24 marzo 2005

Immigrati a Lampedusa, se il ministro fa il contrario

di Saverio Lodato

Gli immigrati sono come il diavoletto di Cartesio: più ne mandi giù (in africa) e più ne tornan su. E dire che a suo modo il dell’interno Pisanu – come si dice – aveva fatto tredici: appena sbarcati a Lampedusa, venivano nascosti alla vista dei curiosi, intruppati nei cellulari delle forze dell’ordine, trasferiti al volo e parcheggiati per qualche giorno e qualche notte dentro il Carnaio – il cosiddetto “Centro accoglienza Misericordia” – caricati su un aereo o su una nave e, indipendentemente dalla loro effettiva nazionalità, ricacciati in massa in Libia o in Egitto. Et voilà: il gioco era fatto.
Dov’era l’immigrato? Sparito. Evaporato. Ripiombato in quella notte africana dalla quale aveva avuto la pretesa di tirar fuori la testa. Per procedere in maniera tanto sbrigativa e disinvolta, era però indispensabile scrollarsi di dosso, in ragione di un’impenetrabile Ragion di Stato, alcuni orpelli. Sapete di che cosa stiamo parlando: rigoroso accertamento delle nazionalità di provenienza degli sbarcati, riconoscimento del diritto d’asilo a chi di loro ne facesse richiesta, presenza degli avvocati in rappresentanza degli schiavi del terzo millennio, rispetto pieno e convinto dei regolamenti internazionali.
In una parola: garanzie.
Insomma: per l’attuale governo di centro-destra, fastidiosissimi orpelli. Ma tutto questo, da solo, non bastava. Perché gli immigrati scomparissero alla vista dell’opinione pubblica, occorreva anche militarizzare il Carnaio, impedirne l’accesso agli avvocati, ai sacerdoti, ai giornalisti, alle delegazioni umanitarie, all’Alto commissariato Onu per i profughi.
Zitto zitto, lo scrupoloso ministro aveva svolto tutti e due i suoi compitini. E con profitto: a Lampedusa, infatti, l’emigrato era evaporato dall’oggi all’indomani. Fateci caso; qualche giorno fa, di fronte allo sbarco di 1171 “clandestini” (che mai parola fu più aberrante per definire uomini, donne, bambini al limite della sopravvivenza), per la prima volta avevamo registrato un silenzio che aveva del miracoloso. Quello di certi tromboni della Lega che, stranamente non avevano nulla da obbiettare, voleva dire – ma è solo nostra personalissima opinione –che la soluzione trovata doveva essere intrisa almeno di un tantino di razzismo.
Torniamo al ministro. Pare che l’altro giorno non abbia gradito la telefonata del suo collega di coalizione, Franco Frattini, vicepresidente del governo europeo e commissario alla Sicurezza, che con il tono dell’ufficialità gli ha contestato la filosofia della sua politica e chiesto tempestivi e documentati chiarimenti. Ad aggiungere sale alla ferita, il dispaccio Reuters da Bruxelles intitolato: “L’Europa contrasta l’Italia per i rimpatri in Libia dei rifugiati”.
L’Europa si interroga; che cosa stanno combinando gli italiani a Lampedusa?
Noi, che in questi giorni a Lampedusa ci siamo, abbiamo tentato di raccontarvelo su questo giornale.
Ieri il ministro, con una nota, ha replicato che è tutto a posto. D’altra parte, poco tempo fa, aveva dichiarato: “chi si lava la bocca declamando i problemi dovrebbe avere più rispetto per chi cerca di risolverli. Definire deportazioni il respingimento individuale alla frontiera di immigrati clandestini è un insulto alla verità”.
Ora è tornato a ribadire gli stessi concetti: non c’è stata alcuna strigliata da Bruxelles, siamo in presenza di interpretazioni “faziose”, abbiamo salvato migliaia di vite umane, respinto solo chi veniva nel nostro paese per commettere reati.

Momentaneamente gli sbarchi sono finiti. Ieri, a Lampedusa, si è svolto un corteo (poco partecipato) per chiedere la chiusura del “Centro Misericordia” diventato il simbolo di un business che agli isolani non piace per niente.
L’estate è alle porte, e su un fatto sono tutti d’accordo: Lampedusa è stata abbandonata a se stessa (non c’è nemmeno un ospedale) e, se riprendono gli sbarchi, addio stagione.

Ci piacerebbe che il ministro, in una situazione del genere, prendesse almeno quest’impegno solenne; se ci sarà un prossimo sbarco, farò esattamente il contrario di tutto quello che ho fatto fino ad ora. E che spalancasse a tutti le porte del Carnaio.
Gli va dato atto, però, che nel suo comunicato torna a fare capolino la parola scafisti (la cui avevamo segnalato e denunciato sul giornale di ieri), quasi a voler lanciare un timido segnale di ravvedimento separando –almeno linguisticamente – le vittime dai carnefici. E’ un buon inizio. Resta un problema: se il ministro dovesse fare marcia indietro, statene certi, tornerebbero a fare casino i tromboni della Lega.
Ma è proprio vero che nella vita non si può avere tutto.