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Riconoscimento titolo di infermiere professionale – Cosa fare per cambiare lavoro?

Si tratta di una di quelle attività lavorative che sono collocate al di fuori delle quote stabilite con il decreto di cui all’art. 3, comma 4, del Testo Unico sull’Immigrazione (D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286). Ne discende che, per poter entrare in Italia come infermiere professionale, non è necessario attendere l’emanazione del decreto flussi per partecipare alla famosa “gara a chi arriva prima” (si veda l’art. 27, comma 1, lett. r bis) del Testo Unico sull’Immigrazione “Ingresso per lavoro in casi particolari”, come modificato dall’art. 22, comma 1, lett. a), L. 30 luglio 2002, n. 189).
E’ sufficiente che il datore di lavoro, in qualsiasi momento o periodo dell’anno, presenti una richiesta di autorizzazione all’assunzione; ciò, naturalmente, previa verifica di idoneità del titolo di studio posseduto dall’interessato che deve essere riconosciuto dal Ministero della Sanità in Italia. Viene quindi viene rilasciato il visto d’ingresso il cui utilizzo può essere limitato all’esclusivo svolgimento della attività di infermiere professionale.

Ci viene chiesto se l’interessato potrebbe cambiare datore di lavoro, sempre restando nel proprio ambito lavorativo e professionale, senza rientrare nel proprio paese d’origine per rifare tutta la trafila burocratica. Ci si chiede se il nuovo Regolamento di attuazione (Decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004, n.334 – “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 (supplemento ordinario n. 17/L) del 10 febbraio 2005), offre delle possibilità da questo punto di vista e, soprattutto, se consente di uscire da una condizione piuttosto difficile quale è quella degli infermieri extracomunitari. Si tratta di una situazione caratterizzata dal condizionamento e dall’influenza del datore di lavoro che ha il potere di far diventare irregolare l’immigrato oppure di far si che – risolvendo il rapporto di lavoro e non chiedendo più una proroga della autorizzazione – venga tolta ogni possibilità di un regolare soggiorno al cittadino che da anni è in Italia per svolgere l’attività di infermiere, anche qualora questi disponga di un nuovo datore di lavoro che lo assumerebbe regolarmente e, magari, a tempo indeterminato.
Sembra che secondo le intenzioni del legislatore, l’infermiere professionale sia destinato a rimanere perennemente “in ostaggio” del datore di lavoro e, quindi, debba sempre temere che, non volendo più il datore di lavoro originariamente autorizzato chiedere la proroga dell’autorizzazione medesima, non vi sia più alcuna possibilità di mantenere in Italia un permesso di soggiorno, nemmeno avendo altre opportunità di lavoro.
Il nuovo regolamento di attuazione, il DPR 334 del 18 ottobre 2004 (pubblicato in G.Uff. n°33 del 10.02.05), prevede ora all’art.37 (che sostituisce il testo originario dell’art.40 del DPR.339/1999), secondo il combinato disposto dei commi 2 e 21, che l’autorizzazione “fuori quote” per gli infermieri professionali può essere richiesta anche con riferimento a contratti a tempo indeterminato, che peraltro possono essere stipulati non solo da strutture sanitarie pubbliche e private ma anche da agenzie di lavoro interinale o da cooperative, qualora (n.d.r. queste ultime) gestiscano direttamente l’intera struttura sanitaria o un reparto o un servizio della medesima. La nuova formulazione del regolamento tralascia tuttavia di considerare se sia possibile, a fronte della possibilità ora prevista di assunzione a tempo indeterminato, cambiare datore di lavoro senza soluzione di continuità del soggiorno in Italia, ovverosia senza dover rientrare nel paese d’origine per ottenere un nuovo visto in base alla nuova autorizzazione ottenuta dal diverso datore di lavoro; il che –ma speriamo ovviamente di no— fa temere che nella prassi amministrativa questo “passaggio” evidentemente molto oneroso continuerà ad essere imposto.

Abbiamo già specificato che la qualifica di infermiere professionale è collocata al di fuori del sistema delle quote, ma ciò non toglie che sia possibile assumere dall’estero anche attraverso il suddetto sistema. La differenza è la seguente:
1) il permesso di soggiorno per infermieri professionali rilasciato in base all’art. 27, comma 1, lett. r bis del Testo Unico sull’Immigrazione sembra comunque vincolato all’utilizzo per uno specifico contratto di lavoro, e può essere rinnovato in base al tipo di contratto su richiesta dello stesso datore di lavoro;
2) è possibile assumere dall’estero un infermiere professionale utilizzando il sistema delle quote: ciò, se da un lato presenta tutte le difficoltà di cui abbiamo parlato più volte (posti limitati, domande in numero sovrabbondante), dall’altro permette il rilascio di un visto di ingresso e, quindi, di un permesso di soggiorno di tipo rinnovabile, consentendo di stipulare contratti a tempo determinato o indeterminato, ma anche di svolgere qualsiasi tipo di attività lavorativa presso qualsiasi datore di lavoro.
3) Il nuovo regolamento di attuazione da questo punto di vista non offre alcuna possibilità, anzi l’articolo 37 dello stesso che modifica l’art. 40 del dpr 394/99, conferma che in queste situazioni non è possibile la conversione del permesso di soggiorno stando direttamente in Italia. Quindi, quand’anche vi fosse un datore di lavoro che intende assumere a tempo indeterminato o in settori diversi da quello dell’attività di infermiere, lo stesso dovrebbe comunque utilizzare le quote; una volta ottenuta l’autorizzazione in base al sistema delle quote, l’interessato non potrebbe fare in Italia la conversione del permesso di soggiorno rilasciato in base all’articolo 27, sopra citato, in normale permesso di soggiorno, ma dovrebbe comunque ritornare nel proprio paese e fare tutta la trafila del visto di ingresso e, successivamente, recarsi in Italia per ottenere il permesso di soggiorno di tipo rinnovabile.