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da l'Unità online del 4 aprile 2005

Immigrazione: i fantasmi di Lampedusa, un delitto italiano

Ormai da diversi giorni non si segnalano sbarchi di immigrati né sulle coste di Lampedusa, né su quelle del ragusano. Non siamo in presenza di quell’emergenza che – come è noto – è sempre pessima consigliera. Il momento è dunque propizio per porre alcune domande al governo. Quelle domande, ad esempio, che sono state sollevate l’altra sera a Palermo, al laboratorio «Zeta» di via Boito, in un incontro della senatrice Maria Chiara Acciarini dei Ds con l’arcipelago delle organizzazioni che si battono per il rispetto dei diritti umani. Vediamo, intanto, le domande.

Assicurazioni. Sono ancora tutti vivi i 1171 immigrati di Lampedusa respinti al mittente dal governo italiano con un’operazione di polizia su vasta scala che ha fatto gridare allo scandalo la comunità internazionale e la Comunità Europea? Quali assicurazioni ha ricevuto l’Italia che gli espulsi verso la Libia e verso l’Egitto non fossero sottoposti a vessazioni, torture, o sbrigative condanne capitali? Chi è in grado di garantire che Paesi proverbiali per la durezza dei loro regimi di polizia non stiano adoperando la mano pesante contro quanti, con l’infinità ingenuità dettata dalla disperazione, hanno creduto in un futuro diverso, pagando cifre proibitive per un viaggio che non prevedeva un ritorno forzato? Non esistono maniere civili per tradurre in pratica la legge – di per sé restrittiva e punitiva – che porta i nomi di Bossi e di Fini? Domande scabrose. Domande politicamente scorrette, come si dice ora. Domande in libertà. Ma domande legittime.

Fulvio Vassallo Paleologo, docente universitario a Palermo e membro del direttivo nazionale dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, osserva: «Il governo italiano ha violato ripetutamente il divieto di espulsioni collettive. Abbiamo appreso di oltre 100 morti fra immigrati e rimpatriati da Lampedusa in Libia nell’ottobre scorso. Le violazioni dei diritti umani sono persistenti e gravi anche sul nostro territorio. Gli immigrati trasferiti a Crotone da Lampedusa mostrano ancora i segni di percosse subite durante il trasferimento». E c’è il rischio assuefazione da parte dell’opinione pubblica.

Coltre di silenzio. Se alle domande iniziali aggiungiamo queste prime parziali risposte, emerge un quadro a dir poco inquietante. Ecco perché l’incontro di Palermo ha un particolare valore: non ha girato attorno agli interrogativi. E ha dimostrato che, nonostante gli immensi sforzi del Viminale affinché la coltre del silenzio coprisse la vergogna di quanto accadeva a Lampedusa (con il velivolo dell’ Air Adriatic che faceva avanti indietro dalla Libia, due o tre volte al giorno), un piccolo esercito di formichine antirazziste filmava, fotografava, registrava tutto ciò che accadeva, stringeva d’assedio il Carnaio – il cosiddetto «Centro accoglienza Misericordia» guardato a vista dalle forze dell’ ordine come fosse una base militare a rischio altissimo- , rendendo così inevitabile la presenza sul posto di qualche troupe Rai che, altrimenti, avrebbe trovato in quei giorni altro da filmare.

Non fosse stato per Alessandra Sciurba e Mimma Grillo o Carmen Cordaro e Barbara Grimaudo; o Piero Milazzo e Nando Grassi o Maurizio Galici e Nicola Lombardo e Luca Cumbo (solo per fare qualche nome), Lampedusa 2005 sarebbe stata inghiottita da quella ventata di aria calda in cui, per dirla con George Orwell, scomparivano i documenti più compromettenti per il Potere in 1984.

L’altra sera è stato mostrato un documentario della durata di una trentina di minuti, dal titolo Lampedusa scoppia. Immagini rubate, immagini ottenute con mezzi di fortuna, immagini «sporche», come si dice in gergo, ma di tale impatto visivo da rappresentare un documento educativo, oltre che informativo, insostituibile. Si vede e si sente tutto: gli immigrati aggrappati alle grate metalliche guardati a vista dalle forze dell’ordine; gli immigrati che fuggono sulla pista quando Zaher Darwish, responsabile provinciale immigrati della Cgil, riesce a informarli che la loro destinazione finale è la Libia; i commenti duri e sarcastici di qualche lampedusano presente.

Prima di Lampedusa scoppia, era stato girato un video dal titolo altrettanto eloquente: «Vi preghiamo di essere pazienti». Ammanettati. Le tristi immagini degli immigrati ammanettati a due a due, mostrate recentemente a Ballarò e entrate in qualche modo nel grande circuito televisivo, fanno parte proprio di quel primo documentario girato dalle formichine antirazziste. Verrebbe da chiedersi cosa ci stia a fare la Rai se «buca» eventi come quello del rimpatrio forzato di Lampedusa.

Ma torniamo al dibattito dell’altra sera. In prima fila, attentissimi e silenziosi una ventina di ragazzi sudanesi che da tempo chiedono asilo politico in Italia. Fra loro ce ne sono quattro che l’ hanno ottenuto. In qualche modo, sono dei veterani del centro. Erano in 53 – due anni fa – quando su questo giornale pubblicammo l’incredibile storia del «Branco sudanese». Bene: in 49 si sono visti rifiutare l’ asilo politico (e la maggior parte di loro proveniva dal Darfur). Dove sono finiti? E chi lo sa ? Da Palermo se ne sono andati da tempo. Alcuni sono restati in Italia, altri sono riusciti a dileguarsi in Europa. Anche il cosiddetto diritto d’asilo rischia di rivelarsi carta straccia in presenza di una maggioranza governativa che sull’ argomento pretenderebbe tanto, ma davvero tanto silenzio.

La senatrice Acciarini, che insieme a Tana De Zulueta (Verdi) fu bloccata di notte per ore davanti alle porte del Carnaio (solo al mattino venne infatti l’ok del Viminale a che le due parlamentari visitassero la sala d’accesso del «Misericordia»), ha anticipato – durante l’incontro al laboratorio «Zeta» – le grandi linee su cui intende muoversi il centro sinistra in Parlamento su un «tema» così politicamente scorretto. Il ministro Pisanu dovrà prendere atto che, anche per lui, gli esami non finiscono mai.