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da Il Manifesto del 25 settembre 2005

Assalto a Melilla, enclave spagnola in Marocco

Ogni notte decine di immigrati tentano di scavalcare la recinzione che divide i due paesi

Alberto D’Argenzio

Potrebbe sembrare un film sulla fuga in massa da una carcere ed invece va in scena il disperato tentativo di entrare in Europa.
Il salto in gruppo della rete è l’ultima maniera escogitata per passare dal Marocco alla Spagna, più precisamente per entrare a Melilla, città spagnola in terra d’Africa.
L’ultimo assalto in massa è stato organizzato nella notte tra mercoledì e giovedì nel bosco di Pinares de Rostrogordo, la radura tagliata in due dall’unico tratto di rete ancora alta 3 metri, mentre il resto della recinzione è stata già raddoppiata, portata a sei metri in modo da scongiurare altri scavalcamenti.
La rete avvolge tutto il perimetro terrestre di Melilla, come un’altra copre quello di Ceuta, l’altro enclave spagnolo in Marocco. Entrambe sono costruite con i fondi comunitari.
Il bilancio dell’ultimo tentativo è di 10 immigrati feriti con fratture agli arti o con traumi in testa, mentre tre sono i morti contati solo in questo mese di settembre.
Dall’inizio dell’anno sono stati registrati oltre 20 tentativi di massa con 12.000 persone all’assalto: in 300 ce l’hanno fatta. L’operazione è sempre la stessa e si ripete appunto da mesi.
Gruppi che vanno dalle 20 alle 100 persone si formano nel bosco, che accoglie pure una comunità più o meno stabile di emigranti subsahariani.
Le squadre costruiscono scale di fortuna utilizzando i rami e corde, e, calata la notte, tentano l’assalto. L’azione viene normalmente scoperta in pochissimi minuti grazie ai sistemi di sorveglianza video e tramite i sensori di cui è dotata la recinzione, poi intervengono le squadre della Guardia civil e, puntualmente, pure la Croce rossa.

La pressione migratoria su Ceuta e Melilla è aumentata moltissimo negli ultimi mesi anche a causa del maggior controllo esercitato dalle pattuglie della guardia costiera nella Stretto di Gibilterra ed alla collaborazione marittima tra Spagna e Marocco.
Le segnalazioni e le intercettazioni di carrette del mare (pateras in spagnolo) sono infatti diminuite del 37%, un successo per il ministero degli interni spagnolo, che però porta come conseguenza l’assalto alle due città spagnole.
La spinta dell’Africa, soprattutto di quella subsahariana, sull’Europa continua e non diminuisce, solo che prende meno il mare mentre costruisce più scale.
A questi assalti di massa il governo di Madrid risponde con la forza: accelerazione dei lavori di costruzione della rete di sei metri, rafforzamento dei sistemi di controllo, potenziamento della locale Guardia civil, portando gli effettivi da 550 a 630, e maggior collaborazione con la polizia marocchina.
Quest’ultimo aspetto si risolve in azioni delle forze dell’ordine di Rabat che ciclicamente intervengono nel bosco di Pinares de Rostrogordo semplicemente attaccando gli immigrati che preparano il salto in Europa.
Varie ong hanno aspramente criticato il governo di Madrid accusandolo di usare la mano dura su chi prova ad entrare a Melilla mentre sarebbe meno brutale con chi giunge in Spagna via mare. «Trattiamo tutti gli immigrati esattamente nello stesso modo – si difende senza convincere Consuelo Rumì, sottosegretario all’immigrazione – con tutta l’attenzione umanitaria e con tutto il rispetto che merita qualsiasi essere umano.
Ma evidentemente non è lo stesso provare un’entrata irregolare pacifica che farlo in maniera non pacifica. Sono situazioni e circostanze completamente differenti».
La situazione a Ceuta e Melilla è divenuta nel frattempo sempre più tesa. Su diversi quotidiani spagnoli è già stato lanciato l’allarme islamizzazione per le due città, così sale la tensione in città (soprattutto Melilla) che da sempre sono teatro di feroci episodi di razzismo contro la comunità araba. Intanto i centri di accoglienza per minori (gli unici che non possono venire espulsi) stanno esplodendo.