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Tratto da passaporto.it del 21 settembre 2005

“Bambini razzisti”. Il dolore e la vergogna

di Giovanni Maria Bellu

Esiste anche là, purtroppo. Ci voleva la voce di un bambino per gridarlo. Una settimana fa, in questa stessa rubrica, è stata Laura (attraverso la mamma) a raccontare che il mondo dell’infanzia non è immune dal razzismo, dall’intolleranza, dalla xenofobia. Può accadere che un bambino dica ad un suo coetaneo di pelle scura: “Sporco negro”. Laura, sei anni, figlia di genitori ivoriani, affidata ad una coppia di Modena, non è la sola. Una settimana fa, in poche ore, sono giunti quasi duecento messaggi. Di solidarietà a Laura e alla sua famiglia, ma anche di denuncia.

Ecco alcune delle testimonianze.

“Sono sposata da parecchi anni con un uomo della Costa d’Avorio, abbiamo un figlio mulatto di otto anni. Non ho mai avuto nessun problema. Anzi, fino a pochi mesi fa la gente mi fermava per dirmi com’era bello. Da qualche mese invece mio figlio, tra l’altro di carattere molto solare e socievole, frequenta un parchetto giochi vicino al negozio di mio marito. In questo parco ha conosciuto dei bambini che continuano a chiedergli soldi (“Prendili dalla cassa del negozio di tuo padre”, gli dicono) per permettergli di giocare con loro. Mi sono accorta di queste continue richieste di moneta e gli abbiamo chiesto di raccontarci tutto. Ci ha detto che come ‘diverso’ gli avevano chiesto di ‘pagare’ per stare con gli altri al parco. Gli hanno chiesto perfino di rubare dei gelati al bar. Da allora non gli diamo più soldi, a meno che non li debba spendere con noi. Così è andata a finire che l’altro giorno un bambino ha picchiato mio figlio con violenza in pieno viso ed io adesso vivo nell’angoscia che queste cose succedano ancora e soprattutto che lui cominci a capire. A capire la cattiveria gratuita della gente e l’ignoranza generale dell’Italia in cui dovrà crescere”. Monica

“Anche io vivo a Modena. Ho letto la storia della piccola Laura. Sono rimasta sgomenta; sgomenta ma, purtroppo, non sorpresa. Proprio l’altro giorno, in un parco cittadino, ho assistito ad una scena che mi ha egualmente turbata. Una bimba di sette-otto anni, che stava giocando con due fratellini di colore, li ha chiamati “sporchi negri”, impedendo loro di utilizzare la stessa altalena”. Cristina

“Mia nipote Jasmine, cittadina italiana, località di nascita India meridionale. Colore della pelle: nero. Bella, solare, socievole, allegra. Estate 2005. Litorale romano, giostre. ‘Sporca negra’, è l’epiteto che rivolgono a Jasmine due coetanei (uno dei quali vanta due caritatevoli genitori che tengono in bella vista attaccata al vetro della loro autovettura una foto di Papa Giovanni Paolo II). Parco. ‘Negra’, è quanto dicono alcuni ragazzini che non vogliono aspettare il loro turno sull’altalena occupata da una bambina ‘colorata’. Strada, passeggiata. “Che bella negretta, ehm… neretta”, dice la pia signora che osserva questo ‘fenomeno da baraccone’, accarezzando la testa bionda del proprio bambino che sfodera occhioni blu e manine rosee”. Barbara

“Ero al Florida, parco cittadino da poco riaperto al pubblico e situato in una zona residenziale, con mio nipote. Alla fila per gli scivoli un bimbo apostrofa una bambina di colore con un: ‘Negra, negra schifosa’. Resto sdegnata e un genitore mellifluo commenta: ‘Quando arriva quel bambino finisce la pace’. Per tutti quell’episodio valeva quanto una scaramuccia per il posto all’altalena. Per inciso: il parco Florida è frequentato dalla Pescara bene, le panchine pullulano di mamme radical-chic che arrivano con la bici e il libro Adelphi sotto il braccio. Nadia

“Alla madre di Laura. Anch’io come te sono madre affidataria (ormai da quindici anni) di due splendidi ragazzi neri. Anch’io come te ne ho sentite tante (vissute e sofferte sulla pelle dei miei figli e mia). Tanta rabbia e tanta amarezza. Riferisco qualche frase, dopo tanti anni ancora indelebile nel mio cuore (prima che nella mia mente). Un bimbo della scuola elementare privata religiosa: ”Io odio i negri perché mia madre odia i negri’. Una ragazzina della prima media: ‘Brutto negro faccia di merda, al mattino ti pulisci la faccia con la carta igienica?’. Ho incontrato anche un’insegnante che anziché parlare di uguaglianza parlava di tolleranza”. Rita

“Che fare se il “razzista” è un ragazzino in età di scuola media? A me è capitato di essere su un bus di una linea periferica di Roma, seduto a leggere un libro. Sentivo gli schiamazzi di un gruppo di ragazzini bulletti in fondo alla vettura. Non alzavo lo sguardo dal libro per non dar loro la soddisfazione di aver attirato la mia attenzione. Pensavo che tutto quel chiasso fosse semplicemente un effetto dello stare in gruppo di adolescenti. Poi uno dei loro cellulari multimediali si è messo a suonare ‘Faccetta Nera’. Alzando lo sguardo dal libro ho notato che c’era una ragazza di colore seduta nella zona dei ragazzini. Un ‘bianco’ stava cercando di consolare la poveretta, che faceva cenno di non importarsene molto. Che fare di fronte a scene come questa? Prendere a ceffoni i ragazzini?” Pasquale

“Vivo a Modena e non mi stupisco affatto dei fatti e delle circostanze riferite dalla mamma di Laura. Vorrei solo che non perdesse la voglia d’amare che porta con se una famiglia come la sua che decide di adottare una bimba di colore. E’ facile commuoversi nel vedere in tv i piccoli bambini africani morire di fame. Più difficile decidere di portarsene uno a casa come un figlio che magari non si è mai avuto. Ho una coppia di amici (laureati, dirigenti benestanti e di sinistra) che non potendo avere figli e volendone adottare uno, quando gli hanno proposto un bimbo indiano hanno declinato perché il bimbo poteva crescere con dei problemi (il bimbo, non loro!). Il mondo è pieno di imbecilli.” Rolando

“Ho 34 anni. Con mia moglie, anni fa abbiamo deciso di adottare un figlio. E così abbiamo affrontato tutto l’iter e abbiamo iniziato ad immaginarci il bimbo, o la bimba, che sarebbero arrivati. Una delle domande che inevitabilmente ti fanno, nell’attesa del via libera all’adozione, riguarda il colore della pelle di tuo figlio. Disposti ad avere un bimbo nero? La risposta, del cuore, è arrivata immediata: sì. Lo psicologo si è raccomandato di pensarci bene: sarebbe stato stupido ignorare i dolori che il razzismo delle persone potrebbe dare a noi e, soprattutto, a nostro figlio. E così ne abbiamo parlato. Abbiamo letto e ascoltato storie. E alla fine la risposta della ragione è stata la stessa del cuore: sì, lo vogliamo”. Paolo

“Mia moglie ed io siamo genitori adottivi di una bambina come Laura, stessa età e stesso colore della pelle. Episodi come quelli descritti sono senza dubbio casi limite, noi possiamo ritenerci fortunati che non ce ne siano finora capitati di così assurdi e umilianti. Sappiamo peraltro che occorre sempre tenere alta la guardia: il razzismo esiste e ha tante forme di esprimersi. Ricordo che mi davano fastidio anche commenti, apparentemente positivi ma in realtà offensivi, del tipo: “Guarda che brave persone, hanno adottato una bambina di colore”. Ma perché, che c’è di tanto strano e degno di ammirazione? Se il colore della pelle o i tratti somatici sono diversi è come essere malati?” Riccardo

“Pazzesco, mi vergogno di essere emiliano, oggi mi vergogno. Vivo lontano dall’Emilia da quindici anni e vivo in un posto dove i ‘neri’ sono visti male e sono solo ‘quelli che raccolgono i pomodori’ o le donne ‘che stanno sulla Domiziana’. Credevo che nella mia Emilia fosse diverso. Vedo che ormai anche i bambini sono diventati diffidenti e razzisti. E pensare che a casa mia, a Bologna, giocavamo in cortile con bambini di origine somala eritrea greca e turca con la massima naturalezza e non ho mai sentito frasi del genere. Si era negli anni Settanta. Che tristezza. Giorgio.

“Ho tre bambini e in questo momento vivo a Haiti con loro e mio marito. Da qualche giorno hanno cominciato ad andare all’asilo in una scuola dove sono gli unici bianchi. Qui andare a scuola è una cosa per gente fortunata, civile e garbata proprio come i vicini della mamma di Laura. So che per i miei figli può essere difficile ambientarsi, specialmente per la lingua, ma in fondo anche per il loro strano colore. E so che qui, anche se siamo in minoranza, e se per certi versi i bianchi non sono sempre amati, nessuno si permetterà mai di dirci ‘sporco bianco’”. Annalisa

(A tutela della riservatezza degli autori delle testimonianze, i nomi dei bambini sono stati sostituiti con nomi di fantasia. I luoghi geografici non sono stati invece modificati).