Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Diritto di asilo – Un giudizio sui primi mesi della nuova prassi

Intervista a Susanna Tonetto, Ufficio Immigrati Comune di Venezia

Dopo aver ascoltato l’intervista con il dott. Bruce Leimsidor, docente universitario di immigrazione e legislazione europea, abbiamo chiesto alla dottoressa Susanna Sonetto, specializzata sul diritto di asilo e le pratiche di sostegno ai rifugiati per il Comune di Venezia, di raccontarci quello che succede ai richiedenti asilo, dallo sbarco sulle nostre coste alla situazione successiva che si determina.

Domanda: L’esperienza di questi ultimi mesi cosa ha evidenziato?

Risposta: Per quanto riguarda l’esperienza di Venezia e i richiedenti asilo in città, da aprile in avanti le cose sono nettamente cambiate in termini di prsssi, nel senso che è cambiata la procedura. Innanzitutto sono cambiati i tempi della richiesta di asilo: adesso sono estremamente veloci, in quanto si parla di 15-20 giorni di attesa per all’audizione e attesa della risposta in una settimana. In sostanza, nel giro di un mese dalla presentazione della domanda di asilo, la persona sa “di che morte deve morire”. Trascorso un mese la persona è in possesso o di un titolo per poter rimanere in Italia (permesso di soggiorno come rifugiato con la protezione umanitaria) o di una risposta negativa. In questo caso vuol dire che la domanda è stata rigettata.
Le cose sono molto cambiate soprattutto per quanto riguarda il ricorso in quanto si è ridotta drasticamente la possibilità di presentarlo per i richiedenti asilo. Si sono verificate situazioni estremamente pesanti di persone che si sono viste rifiutata la richiesta di asilo, hanno presentato subito ricorso ma non è stata bloccata l’espulsione, per cui queste persone sono state rimpatriate.

Per quanto riguarda le prassi, la domanda di asilo (come avveniva con la vecchia norma) viene seguita nella prima fase totalmente dalla polizia. Trascorsi i primi mesi, le cose sono diventate molto più sciolte e si è capito bene come funzionano. La Questura di Venezia pretende che il richiedente asilo che intende formulare la richiesta fornisca un domicilio. Ora, il problema è che la persona appena sbarcata, appena arrivata non ha un alloggio, non ha un posto dove poter stare, soprattutto non è in grado di fornire una dichiarazione di ospitalità. Il Comune di Venezia ha deciso di fornire a tutte queste persone un indirizzo proprio. Sciolto il problema del domicilio per il resto, con la Questura di Venezia, non ci sono particolari problemi.

D: Rispetto proprio alle prassi delle questure, cosa succede ad un rifugiato che fa la richiesta di asilo?

R: La persona si deve presentare alla frontiera o alla questura del posto dove si trova, viene identificata (se è in possesso di passaporto è molto semplice, nel caso in cui la persona non abbia un valido documento di identità, deve dichiarare le proprie generalità), viene foto-segnalata quindi, si procede alla formulazione della richiesta di asilo. La questura prende a verbale le dichiarazioni e il tutto avviene alla presenza di un interprete che ha la funzione di tradurre quanto viene detto dalla polizia e dall’interessato. Terminata la verbalizzazione la persona – e questa è una novità – riceve copia dei verbali, tradotti nella propria lingua di origine; la persona inoltre ha possibilità di consegnare le proprie memorie, anche queste tradotte consegnate in copia all’interessato. La persona riceve, inoltre, un opuscolo tradotto, redatto dal Ministero degli Interni nel quale vengono indicate le prassi e soprattutto cosa succederà da quel momento in avanti.

D: L’opuscolo è comprensibile alle persone oppure no?

R: No, in realtà l’opuscolo è estremamente complesso perché si tratta di una quindicina di fogli, solo scritti, il cui linguaggio è particolarmente difficile. Già la materia è difficile da comprendere per noi che ci lavoriamo da anni, figuriamoci per un richiedente asilo.

D: Uno dei problemi nelle questure, sono gli interpreti. Con le nuove prassi, questo aspetto è stato ripensato? Ci sono degli interpreti presenti oppure, come sempre, bisogna andare alla ricerca?

R: Come sempre bisogna andare alla ricerca, poi viene lasciato al singolo ispettore il compito di recuperare un interprete e di organizzare il lavoro.

D: Se e quando ci sono posti queste persone vengono successivamente inviate in un Centro di Identificazione. Quando questo non avviene cosa succede?

R: La strada è questa: se la persona è in possesso di passaporto quindi entrata regolarmente in Italia, una volta che ha formulato la richiesta di asilo le viene consegnato un permesso come richiedente asilo e la convocazione in Commissione. In questo caso la persona è libera.
Nel caso contrario – cioè la quasi totalità dei casi – se la persona sia entrata clandestinamente, viene inviata in un Centro di Identificazione o, se la persona è già stata espulsa, viene inviata in un centro di detenzione. In entrambi i casi si tratta di centri chiusi quindi viene ridotta la libertà di movimento delle persone.
L’esperienza di questi mesi è che in un centro di identificazione (CdI) ci si rimane circa venti giorni; poi, sia che la persona abbia una risposta negativa dalla Commissione, sia che ottenga l’asilo – come ci auguriamo – la persona viene invitata a lasciare il centro. Nel caso in cui abbia una risposta negativa, contestualmente viene data l’espulsione quindi, entro di cinque giorni la persona dovrebbe lasciare il territorio nazionale.

D:Come territorio di Venezia facciamo riferimento alla Commissione territoriale di Gorizia., Qual è il tuo giudizio rispetto a questi primi mesi di esperienza?

R: Per le persone di cui sono a conoscenza e ho seguito i casi le cose sono andate molto bene, nella maggioranza dei casi tutte o hanno avuto la protezione umanitaria o il riconoscimento dello status di rifugiato. La Commissione ha rispettato i tempi e, avendo accompagnato le persone, ho chiesto come lavorano. A differenza del passato, le interviste sono molto più dettagliate, la persona ha la possibilità di argomentare, la Commissione riceve la persona sempre in forma plenaria, cioè sono sempre presenti tutti e cinque i membri incaricati di esaminare il richiedente asilo e, se la persona lo richiede, ammettono sempre l’avvocato di fiducia. Terminata l’audizione, viene consegnata alla persona copia del verbale dell’audizione.
Per situazioni particolari, ho sentito personalmente il Presidente della commissione. Per esempio per integrare le richieste di asilo, oppure ho avuto un caso in cui ho richiesto di posticipare l’audizione perché la persona stava male e, abbastanza velocemente, la commissione ha accolto la richiesta. In passato le cose non erano così, perché era estremamente difficile poter entrare in contatto con la commissione di Roma. C’erano problemi di comunicazione ed eventuale documentazione inviata successivamente, nella stragrande maggioranza dei casi veniva persa e non inserita nei fascicoli. Questo era dovuto alla cattiva organizzazione o comunque alla mole di lavoro a cui era soggetta la commissione di Roma.

D: Se devi dare un giudizio rispetto alle nuove prassi, è positivo o negativo?

R: E’ positivo. Tuttavia, sono nuovi al mestiere e bisogna vedere se reggono alla lunga questo tipo di lavoro.