Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 18 settembre 2005

Un’operazione sotto scorta

di Ci. Gu.
Lo hanno scortato fin dentro la sala operatoria perché non fuggisse, neanche si trattasse di un superboss. Gli agenti della Guardia di Finanza in forze nel centro di permanenza romano di Ponte Galeria si sono comportati così, ieri mattina, all’ospedale Sant’Andrea della capitale, dove un ragazzo romeno di 26 anni doveva subire un’operazione in anestesia locale. Il ragazzo era stato fermato mercoledì nel quartiere La Storta, mentre tornava a casa dopo un pomeriggio passato a pescare. La polizia aveva scoperto che non aveva un permesso di soggiorno e lo aveva portato nel Cpt. Ma lui aveva spiegato che sabato mattina avrebbe dovuto recarsi in ospedale per un’operazione, e così ieri è stato portato al nosocomio. Una volta arrivato, accompagnato da due agenti della Guardia di Finanza e da due operatori della Croce Rossa, è stato scortato e guardato a vista da tutti e quattro fin dentro la sala operatoria. A denunciare il fatto l’avvocato del giovane, Maria Eugenia Mongini: «Ho chiesto agli agenti perché mai avevano dovuto assistere all’operazione, visto che ci sono, quanto meno, questioni di privacy da tutelare».

Gli agenti hanno risposto che il trattenimento non era ancora stato convalidato dal giudice di pace, e si sono quindi giustificati spiegando di avere la piena responsabilità del trattenuto. Erano entrati, cioè, per assicurarsi che non fuggisse. Pressati dalle domande dell’avvocato hanno poi detto di essersi fermati in un’anticamera. Ma il ragazzo da Ponte Galeria dice: «Quale anticamera? Lì c’è un’unica stanza, e loro hanno visto tutto benissimo». L’operazione, peraltro, era un po’ delicata. Il ventiseienne, infatti, doveva essere operato al gluteo. Oltretutto, ieri mattina in ospedale l’avvocato non ha potuto parlare con il suo assistito (lo ha potuto fare solo nel pomeriggio, recandosi fino al centro di Ponte Galeria).

Il giovane vive in Italia da sei anni, non ha precedenti penali, lavora – ovviamente al nero – come operaio edile. Nel 2001, prima dell’entrata in vigore della Bossi-Fini, aveva subìto un’espulsione e nel 2002 aveva cercato di partecipare alla sanatoria ma il suo datore di lavoro perse la vita poco prima che si aprissero le «iscrizioni». «L’operazione chirurgica è un’attività relativa a una sfera estremamente intima e delicata della persona e del suo corpo e quindi andrebbe rigorosamente tutelata da qualunque invadenza o interferenza, se non nei casi strettamente indispensabili. E questo, palesemente, non lo era», osserva Luigi Manconi, garante del comune di Roma per le persone private della libertà personale. Che aggiunge: «Tutto ciò conferma ancora una volta come sia l’istituto dei centri di permanenza temporanea e non semplicemente la loro gestione che va contestata».