Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
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da La Gazzetta del Mezzogiorno del 19 ottobre 2005

Bari – Gli enti locali boicottino chi gestisce i Cpt

di Dario Belluccio, globalproject.info

Non fosse stato per la caparbia dei movimenti sociali e la scaltrezza di un giornalista dell’Espresso con ogni probabilità la questione primaria della chiusura dei Cpt sarebbe ritornata in sordina.

Eppure la vicenda della reclusione di migliaia di persone che sfuggono da guerre e carestie o semplicemente intendono cambiare paese non è di poco conto.

Soprattutto, non lo è per un Paese come l’Italia che ha conosciuto un processo di emigrazione immenso e la detenzione amministrativa durante il fascismo.

In un Paese del genere verrebbe da immaginare che le diverse forze politiche dovrebbero assumere la priorità della chiusura di queste galere speciali come un punto di partenza comune per la salvaguardia della democrazia. Avviene, paradossalmente, il contrario!

Non solo vediamo la destra inneggiare a queste strutture, ma anche a sinistra i leader di molti partiti dichiarano che è “inimmaginabile” chiudere i Cpt.

Da luglio, tuttavia, qualche sprazzo di luce si è intravisto anche all’interno delle istituzioni.

Nonostante in passato il Comune e la Provincia di Bari si siano espressi contro questi centri per migranti, è solo con l’elezione di Vendola alla Presidenza della Regione Puglia che lo scontro politico aperto dai movimenti sociali da circa sette anni si è trasfuso in scontro istituzionale con il Governo.

Ma come fa un’amministrazione pubblica ad opporsi all’apertura di una struttura che, al momento, pare rientrare nelle scelte esclusive del Governo? Le strade, probabilmente, sono diverse: lo scontro politico-istituzionale, il ricorso alla magistratura, il monitoraggio continuo, a mo’ di pressione, sui centri e la denuncia delle violazioni riscontrate.

Ma si può fare anche di più ed una strada la insegnano proprio quei movimenti di cittadini che hanno dichiarato di volersi opporre in ogni modo alle leggi ingiuste, perché legge non vuol dire giustizia e legalità non vuole dire legittimità. Se non altro, lo insegna l’attuale Governo!

Queste pratiche diffuse, spesso costitutive di diritti e spazi di cittadinanza, possono essere definite pratiche di disobbedienza e si agiranno, tra l’altro, proprio il 22 ottobre, in occasione della giornata di mobilitazione che a Bari è stata indetta dalla Rete No Cpt..

Ci sarebbe da chiedersi, allora, come questo sentire comune possa essere assunto dagli enti locali. Al riguardo questi soggetti istituzionali, se conseguenti con le loro parole, potrebbero cominciare ad attuare delle forme di “disobbedienza amministrativa”, ovvero iniziative che blocchino la struttura complessiva dei Cpt.

Questa struttura non è fatta solo di muri in cemento e filo spinato. Intorno a questo si muove un apparato economico immenso gestito dalle Prefetture, da soggetti come la Misericordia o, a Bari, la Croce Rossa, da imprese e cooperative che ne rendono concretamente possibile l’esistenza.

Cosa succederebbe se il Comune, la Provincia, la Regione dichiarassero inagibili le strade che portano ai centri o minacciassero di interrompere qualsiasi rapporto di appalto o convenzione esistente con chi si rende partecipe a qualunque modo della violazione di diritti umani?

Perché di questo si tratta: chi rende possibile il funzionamento dei Cpt viola i diritti fondamentali delle persone, non c’è retorica sull’accoglienza e la gestione umanitaria che regga.

Il problema non è chi gestisce e come questi centri, ma la loro stessa esistenza.

Immaginiamo che coloro che riforniscono di vettovaglie i Cpt siano gli stessi soggetti (imprese e cooperative) che curano la ristorazione nelle scuole pubbliche, negli asili, nelle mense popolari, etc.

Sarebbero ancora disposti a fare profitti con i Cpt (per ogni persona reclusa, infatti, incassano mediamente circa 50 euro al giorno, che fanno parte di quei 700 milioni di euro all’anno che servono a creare umiliazione e terrore) anche al costo di perdere qualsiasi altra convenzione con le istituzioni pubbliche?

Dinanzi ai Cpt vengono messi radicalmente in crisi l’idea e la pratica della democrazia e della convivenza sociale, chiunque sia il soggetto che li avalla.

La non negoziabilità di questi concetti e della libertà personale legittima qualsiasi azione di contrasto all’imbarbarimento sociale. I movimenti lo faranno ancora sabato prossimo, le istituzioni locali hanno anche altri poteri. È il momento che li usino e che diano chiari segnali non solo all’attuale, ma anche al prossimo Governo.