Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

dal Corriere della Sera dell'8 ottobre 2005

Cpt Lampedusa, Pisanu dispone un’indagine

Lo Stato indagherà. Il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu ha disposto che il prefetto Alessandro Pansa, direttore centrale per l’immigrazione, si rechi sabato a Lampedusa per un «accurato sopralluogo al centro di prima accoglienza». Lo comunica il Viminale. La decisione è stata presa in relazione all’inchiesta de L’Espresso sulle condizioni di vita nel centro.
La sezione italiana di Amnesty International – sempre venerdì – aveva scritto al ministro dell’interno Giuseppe, chiedendo per l’appunto chiarimenti e l’avvio di un’indagine sulle denunce contenute nel reportage pubblicato nel numero in edicola e redatto dal giornalista Fabrizio Gatti che ha trascorso otto giorni nei panni di un curdo nel centro di permanenza temporanea e accoglienza di Lampedusa.

Otto giorni nei quali dal racconto il Cpt appare più che una struttura di accoglienza un vero e proprio ’girone’ dell’inferno, con torture psicologiche, violenze fisiche e vessazioni nei confronti dei clandestini ospitati (o detenuti?) nel centro. Otto giorni per raccontare cosa vuol dire arrivare in Italia da clandestino, essere ripescato in mare e rinchiuso con altre centinaia di disperati in un centro di permanenza temporanea. In condizioni disumane. Picchiati e umiliati dalle forze dell’ordine, costretti a sopravvivere tra escrementi e violenze, offesi nel pudore e nella dignità.

È di vitale importanza, secondo Amnesty, chiarire se le gravi violazioni dei diritti umani dei cittadini stranieri trattenuti a Lampedusa riportate da Gatti nel suo articolo siano effettivamente avvenute. Ciò anche «alla luce delle ripetute rassicurazioni fornite dal ministro Pisanu sull’aderenza dell’Italia alle norme internazionali sui diritti dei migranti e dei rifugiati».

L’organizzazione per i diritti umani ricorda al ministro di aver più volte, e invano, chiesto di poter accedere ai centri di detenzione per migranti e di garantire l’accesso anche a osservatori indipendenti. A giugno, Amnesty International ha pubblicato un rapporto sui Cpt italiani, nel quale si denuncia la «situazione complessivamente preoccupante dei centri, la costante prassi di espulsioni in violazione del principio di non-respingimento, la mancata assistenza legale e condizioni di detenzione inadeguate non in linea con gli standard internazionali»

Gatti ha realizzato il suo reportage usando una identità fittizia. Bilal Ibrahim el Habib, del Kurdistan iracheno, nato il 9 settembre del 1970 nel villaggio immaginario di Assalah, distretto di Aqrah. Dopo essere stato ripescato in mare, portato al Pronto Soccorso, Gatti-Bilal viene fermato dai carabinieri, rinchiuso nel centro di accoglienza temporanea e alla fine della esperienza-calvario viene rilasciato con un foglio di via che gli intima di lasciare l’Italia entro cinque giorni; in realtà viene lasciato libero di andarsene come clandestino in qualunque città d’Europa.

Nel lungo resoconto Gatti-Bilal descrive il supplizio degli interrogatori e dei riconoscimenti, con gli immigrati che appena sbarcati vengono portati nel Centro e fatti sfilare nudi tra i carabinieri che li schiaffeggiano, dei musulmani obbligati dai militari a guardare film pornografici, e per chi rifiuta, insulti e botte. Un reportage crudo, in cui si scopre che nel famoso «Cpt» di Lampedusa, definito dal leghista Mario Borghezio «un hotel a cinque stelle», i gabinetti «sono un’esperienza indimenticabile».