Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto dell'11 ottobre 2005

Immigrati caricati su aerei e bus. Il monito di Annan

di Cinzia Gubbini

Le espulsioni degli immigrati che nelle ultime settimane hanno preso d’assalto le enclaves spagnole di Ceuta e Melilla sono iniziate: ieri dalla frontiera algerina di Oujda 180 senegalesi sono stati imbarcati su un aereo e spediti indietro. Altri aerei diretti a Dakar sono previsti nella notte. Nei prossimi giorni dovrebbe toccare ai maliani, secondo gli accordi che il governo di Rabat ha stretto sull’onda dell’emergenza con i due paesi africani. Più a sud – vicino al Sahara occidentale – continuano a muoversi bus carichi di immigrati subsahariani recuperati dalla polizia marocchina dopo essere stati abbandonati nei pressi di Bouafra, al confine sud con l’Algeria. Ancora non è chiaro cosa ne sarà di loro. E sui drammatici eventi di questi giorni ieri è intervenuto anche Kofi Annan: «Sarebbe futile e sbagliato tentare di porre fine all’immigrazione perchè l’Europa ha bisogno di immigrati», ha detto il segretario generale dell’Onu: «È una questione – ha aggiunto Annan – che richiede la cooperazione internazionale. Ovviamente complessa, con vantaggi e svantaggi, ma una cosa è certa quando si guarda alla demografia in Europa è evidente che la migrazione sarà necessaria se si vorrà mantenere lo sviluppo economico. Quel che conta e di non sprecare sforzi nel futile tentativo di fermare il movimento transfrontaliero delle persone. Non funzionerebbe. Il movimento continuera».

Ma queste notizie, per ora, non arrivano alle cinquecento persone che alloggiano nel centro di accoglienza di Melilla, molte delle quali protagoniste delle «avalanchas» delle scorse settimane. Ieri sono stati visitati da una delegazione di sei europarlamentari, tra cui gli italiani Giusto Catania e Luisa Morgantini. La prima reazione dei deputati è stata di stupore per le condizioni accettabili del centro. In effetti il Ceti (Centro de Estancia temporal) si presenta come un accampamento pulito, circondato da reti, per il momento pieno di tende della Croce rossa che cercano di aumentare la capienza – tarata per circa quattrocento persone. Fuori dal cancello si può tranquillamente parlare con i ragazzi e le ragazze – tutti giovanissimi – che bivaccano nelle vicinanze. I loro casi, hanno spiegato i rappresentanti del governo di Melilla agli europarlamentari, verranno riconsiderati uno per uno. Gli ospiti del Ceti, dunque, sono tra i fortunati che potrebbero ottenere in un viatico per la «Grande Spagna». I loro compagni che nelle notti degli assalti sono riusciti a saltare soltanto il primo muro di filo spinato, cadendo in quel «no man’s land» rappresentato dal solco di terra tra le due reti, sono stati rimandati indietro senza tanti complimenti dalla Guardia Civil spagnola. «Un gesto molto grave – osserva Giusto Catania – anche perchè il governo spagnolo non è in grado di dirci quante persone siano state rispedite in Marocco senza alcuna possibilità di chiedere asilo. E’ un numero indefinito. Eppure, quel solco di terra in genere è presidiato dalle forze spagnole».

Melilla è un fazzoletto di terra grande in tutto 12 chilometri quadrati, abituato a contendere anche mezzo metro di spazio al vicino regno del Marocco. Ma non quando si tratta di decidere «di chi sono» gli immigrati subsahariani. Anzi, secondo le testimonianze delle associazioni di Melilla che nel pomeriggio di ieri hanno incontrato gli europerlamentari, la Guardia Civil in alcuni casi ha espulso persino le persone che erano riuscite a saltare la seconda rete. Le denuncie sono state raccolte dall’associazione Pro Derechos de la Infancia e depositate presso la procura spagnola. Secondo il presidente, José Palazon Osma – inoltre – in almeno un caso le pallottole di caucho della polizia spagnola hanno ucciso un ragazzo. Il suo nome era Joseph Abunaw, era camerunense, ed è morto il 29 settembre appena messo piede nella «piccola Spagna», colpito al petto da una delle pallottole sparate a breve distanza dai poliziotti spagnoli. Secondo altre testimonianze raccolte dall’associazione, una seconda persona sarebbe stata uccisa dalla Guardia civil e poi buttata in territorio marocchino.