Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
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CPT, l’informazione negata

Intervista a Fabrizio Gatti, giornalista

Redazione di Parma

Il giornalista ha raccontato, con un reportage fotografico, “le rotte” dei migranti a partire da Mali e Sudan attraverso il deserto del sahara, la Libia e la Tunisia sino all’arrivo in Italia e alla reclusione nei Centri di Permanenza Temporanea. È stata l’occasione per rivolgergli alcune domende sui cpt.

D: – Alla luce della tua esperienza e delle tue conoscenze quale e’ la definizione che daresti di cpt?

R: – Il cpt è una gabbia. È la fabbrica essenziale per la creazione dei clandestini. È un luogo dove entrano persone piene di diritti, compreso quello di richiedere asilo, ed escono spogliate completamente dei loro diritti.

D: – Chi sono queste persone? Chi entra nei cpt?

R: – A Lampedusa, che ufficialmente è un centro di identificazione, ed è un punto obbligato di partenza, entrano quelle persone che stanno iniziando la loro vita in europa, in italia. Negli altri cpt si entra invece alla fine di un percorso, perché si è stati catturati ed espulsi e si viene privati della propria libertà anche se non si è commesso alcun reato, nonostante la costituzione italiana preveda che della libertà siano private le sole persone che abbiano commesso reati, peraltro dopo essere state giudicate da un giudice e se costituiscono un pericolo per la comunità. I cpt sono stati costituiti da una “scorciatoia” di diritto, e questo lo dicono anche magistrati illustri, anche se la corte costituzionale non se l’è mai sentita di bocciare con un voto la politica italiana sull’immigrazione, che è poi anche la politica europea perché non dobbiamo infatti dimenticare i cpt sono stati creati per rispettare gli accordi di Schengen.

D: – Quali sono i diritti di cui queste persone vengono spogliate all’interno di un cpt?

R: – Beh… se si pensa che si è in una gabbia… tutti. Tranne quello alla vita. Tutti gli altri sono negati. Il diritto di difesa è negato perché non si è sottoposti a nessuna udienza di convalida; il diritto alla libertà di movimento, il diritto all’integrità fisica, il diritto alla salute perché ad esempio da Crotone più volte sono uscite denunce, confermate dalle indagini, di violenze sessuali sulle ragazze. Possiamo dire che l’unico diritto non violato per fortuna è quello alla vita. Io ho assistito ad umiliazioni nel centro di permanenza temporanea di Lampedusa, nel centro di Milano, dove ero entrato presentandomi come immigrato 5 anni fa, era stato chiuso dopo quell’inchiesta perchè una commissione del governo aveva confermato quanto avevo trovato, cioè che il centro aveva condizioni degradanti per la dignità umana. Il cpt di Lecce è stato messo sotto inchiesta per abusi e il direttore Don Cesare Lo deserto è stato arrestato; altri centri sono oggetto di inchieste: quello di Bologna per l’utilizzo di psicofarmaci sui detenuti, anche se questo fatto non è stato confermato.

R: – Cosa ha consentito tutto questo?

R: – L’isolamento. L’isolamento in cui vengono tenute queste persone in queste gabbie in realtà, particolare che riguarda l’Italia, ha dato spazio ad abusi di ogni tipo. Per cui una questione è l’esistenza dei cpt, ed un’altra questione, molto grave, è la gestione dei cpt.

D: – Gli abusi dei quali sei stato testimone, unitamente alla negazione dei diritti, sono da considerarsi episodici o sistematici, ovvero parte costitutiva della gestione dei cpt?

R: – Questa è una domanda molto difficile perché non è mai stata fatta una inchiesta per determinare se questi abusi siano sistematici. Quello che si può dire è che c’è la sistematica violazione di diritti garantiti dalla Costituzione. Uno tra tutti la libertà di informazione. Nel 2000 ho dovuto fingermi rumeno per vedere, raccontare e dimostrare la fondatezza delle denunce fatte da mesi e mesi da parte di avvocati e associazioni sulle condizioni del cpt di via Corelli; perché non c’era altro modo di entrare… e la libertà di informazione non si misura solamente con la quantità di censura, ma anche in base alle possibilità di accesso alle notizie e vietare l’ingresso nei cpt è vietare l’accesso all’informazione. Dopo 5 anni a Lampedusa si è mostrata una situazione ben peggiore di quella di via Corelli 5 anni fa…dove la violazione sistematica del diritto all’informazione è stata mantenuta. Non parliamo di Crotone dove nonostante le gravi violazioni denunciate e confermate, sulle quali sta indagando la procura, quando mi sono avvicinato per fare il mio lavoro di giornalista sono stato fermato, identificato e gentilmente allontanato da quel centro…ed è una violazione dell’Articolo 21 della Costituzione e agli articoli che garantiscono la libertà di movimento, perché non ero in una zona militare, recintata o altro. Da questo punto di vista quindi c’è la violazione sistematica del diritto di noi tutti ad essere informati. Per quanto riguarda le violenze alle quali ho assistito, sicuramente queste violenze e umiliazioni sono conseguenze dell’isolamento. Se non ci fosse l’isolamento il deterrente del controllo improvviso sarebbe senz’altro un deterrente contro queste violenze. Sicuramente l’impiego di persone non adatte a svolgere a quel ruolo è sistematico e la conseguenza sono i pestaggi ai quali ho assistito a Lampedusa o le scorciatoie giuridiche quando non vengono svolte udienze di convalida oppure le violenze messe a segno a Crotone da personale di sorveglianza o addirittura dalle forze dell’ordine.

D: – In quale rapporto stanno cpt e lavoro nero? alla fine di questo periodo di “permanenza temporanea”, della spoliazione dei diritti e della “umiliazione” si esce dal cpt come clandestini e con una espulsione in mano…

R: – Se ci chiediamo chi ci guadagna dall’immigrazione clandestina dobbiamo concludere due cose: l’immigrazione clandestina è la fonte di guadagno primaria per le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico. Laddove ci sono situazioni di imbuto, maggiore è il guadagno.. ma l’immigrazione clandestina è grande fonte di guadagno per le economie dei paesi destinatari dell’immigrazione, in questo caso dell’Italia. Una persona rilasciata a Lampedusa va a lavorare – caso che ho raccontato – nei cantieri della lombardia a 2 euro all’ora quando un lavoratore in regola dovrebbe essere pagato 7 euro e mezzo all’ora più i contributi, e questa persona lavora per 2 euro, senza contributi previdenziali, senza possibilità di avere una casa regolare, senza assistenza sanitaria…se si fa male sul lavoro corre il rischio di essere abbandonato, come purtroppo spesso è accaduto. Dunque chi guadagna è la mafia dei trafficanti ma anche le economie di destinazione. Ad esempio l’anno scorso su L’Espresso con una inchiesta abbiamo raccontato cosa succede lungo i cantieri dell’Alta Velocità che collegherà Milano a Torino per le olimpiadi.

D: – Cosa è successo nei cantieri TAV?

R: – Un lavoratore egiziano, “clandestino”, licenziato oralmente dal caporale ha dimostrato le condizioni di lavoro nei cantieri dell’Alta Velocità: 12 ore al giorno di lavoro dal lunedì al sabato, 8 ore la domenica, e in busta paga il pagamento di solo 7 ore e un quarto ogni giorno. Questo vuol dire, raccogliendo le cifre che dal primo al 20 del mese queste persone erano pagate per le ore effettive che facevano di lavoro e dal 21 alla fine del mese lavoravano gratis. Questo comporta per l’impresa un terzo di guadagno cash che viene intascato dalle organizzazioni che organizzano il lavoro nero e anche dalle imprese che gestiscono i cantieri, visto il fatto che il committente, lo stato e le ferrovie, pagano per il lavoro effettivo. E un terzo di guadagno cash su opere da milioni e milioni di euro comporta un rischio per la libera concorrenza e anche, lo abbiamo visto con tangentopoli, per la democrazia.

D: – Il cpt, prigione, gabbia, campo entro il quale il diritto è sospeso,dove l’isolamento consente abusi e che è parte costitutiva di un meccanismo di sfruttamento, può essere definito “lager”?

R: – Nei miei articoli non uso il termine lager perché può essere fonte di confusione con i campi di sterminio. Anche se la parola ricorda i campi di concentramento usati in Sud Africa nella guerra Anglo-Boera, la parola deriva da lì. Mi piacerebbe che se un domani ci fosse una storia dell’emigrazione fossero chiamati con la loro brutale, fredda, orwelliana sigla: cpt, questo neologismo che racchiude tutto. Non uso la parola lager per non fare confusione, le condizioni di detenzione sono un po’ diverse, chi entrava in un lager finiva spesso in una camera a gas. Questo non succede. Ma un altro aspetto molto grave è l’esternalizzazione delle misure contro l’immigrazione. Poiché in Italia non si potrebbero detenere persone, anche se di fatto questo avviene ma esiste una qualche forma di controllo, ancora, perché perlomeno ci sono associazioni e organizzazioni che protestano, i giornalisti che si infiltrano… allora la gestione di questo fenomeno viene affidato, esternalizzato, a paesi dove i diritti umani non sono garantiti e in questo rientra la costruzione dei cpt in Libia, fatto gravissimo, che andrebbe punito, condannato dalla comunità internazionale perché una questione delicata come l’accoglienza, il rifugio e la protezione del diritto umano è affidata a paesi dove la dissidenza è condannata a morte, dove l’informazione non è prevista… non credo che io potrei entrare e uscire vivo da un cpt libico, sapendo cosa è successo anche a miei compagni di viaggio in Libia. Fornire alla Libia le armi per gestire e controllare l’immigrazione verso l’Italia…è come affidare il controllo di una banca ad un rapinatore…