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da La Repubblica del 26 marzo 2006

“Bonus bebè, la metà agli immigrati”

ILARIA VENTURI

BOLOGNA – «Un atto di giustizia», spiegano. Giustizia redistributiva. Come San Martino col suo mantello, sei famiglie bolognesi ieri hanno tagliato a metà il bonus-bebé da mille euro del governo e l’hanno condiviso con altrettante famiglia extracomunitarie che non ne hanno diritto. «Perché italiani o stranieri, i bambini sono tutti uguali».
Saida, Maria Chiara, Boukrim, Francesco, Khady: sono giovani tra i trenta e i quarant’anni, vivono e lavorano a Bologna, hanno due, tre figli, l’ultimo che ancora non cammina. Quando hanno ricevuto la lettera di Berlusconi che annunciava i mille euro per i loro neonati hanno reagito tutti con indignazione. Gli stranieri perché ci hanno creduto e si sono messi in fila alle Poste, per scoprire che il bonus vale solo per gli italiani. I bolognesi invece perché si sono sentiti beffati: «Il crollo del nostro potere d’acquisto, i tagli ai servizi pubblici ci obbligheranno a spendere ben di più di mille euro. Ci viene tolto dieci e restituito uno, e questo scippo viene propagandato come un aiuto».
Irritazione a parte, per Franco e Ketta Valentini «il nostro non è un atto di campagna elettorale antiberlusconiana». Francesco, 34 anni, è stato tra i primi ad avere l’idea. «Io e Marta abbiamo vissuto la lettera come un’invasione della nostra sfera privata da parte di uno sconosciuto. Era indirizzata a nostra figlia e si concludeva con la firma e un grosso bacio. Giù le labbra da mia figlia!, è stata la prima reazione. Abbiamo pensato che dovevamo fare qualcosa perché quei soldi non erano nostri. È come quando trovi un portafogli per strada. Quei mille euro non spettano di diritto a noi, ma a tutti quelli che col loro lavoro li hanno messi insieme».
L’idea ha cominciato a girare via mail tra amici, coi tempi di chi ha i figli da allattare e da mandare a scuola. Poi il cerchio si è allargato. Sono giovani coppie cattoliche, ma non solo. Un passato scout per alcuni. «Però non vogliamo essere etichettati in alcun modo: siamo cittadini che compiono un gesto da cittadini».
La redistribuzione del bonus è avvenuta ieri mattina a Bologna nei locali di Equinozio, il «Caffè della Pace» dove ora si raccolgono altre adesioni. Grazie alla Caritas, al Centro stranieri Cgil e al Servizio di accoglienza alla vita i giovani genitori bolognesi hanno conosciuto le sei coppie provenienti dal Marocco, dal Senegal, dalla Cina, dall’Eritrea. Vittoria Gualandi, presidentessa del servizio di accoglienza alla vita, ha consegnato le buste: 500 euro a famiglia. Sorrisi, abbracci, bimbi che corrono e che giocano tra le gambe degli adulti. Una festa. C’è Erica in braccio al suo papà cinese: la mamma ringrazia con le poche parole che sa in italiano. C’è Amal, giovane mamma che viene da Casablanca, che si commuove: «Un gran gesto, una grossa sorpresa, ci sono persone che pensano a noi. Siamo stranieri, ma abbiamo bambini come voi». Quando è arrivata la lettera di Berlusconi intestata a sua figlia aveva fatto un salto di gioia: «Poi ho girato il foglio e c’era scritto, in piccolo, che valeva solo per i cittadini italiani: e mi è sembrata una forma di razzismo». Saida viene dal Marocco e vive qui da dodici anni, è in attesa del terzo figlio. Khady, senegalese e madre della piccola Ndiaye, vive da otto anni in Italia: «Ho saputo dalla televisione che non avevo diritto al bonus». Non lo dicono, ma per le famiglie bolognesi, reddito sotto i 50 mila euro, rinunciare a cinquecento euro non è comunque uno scherzo. «É dura far quadrare i conti a fine mese, ma era necessario un gesto forte», conclude Giacomo Grassi, tre figli, «con mille euro con paghi la baby-sitter per quindici giorni. Sostenere le famiglie è un’altra cosa».