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Bonus bebè – Uno sbaglio del Governo che costerà caro ai cittadini extracomunitari

Lo scalpore della vicenda non deriva tanto dalla previsione che il bonus bebè viene riconosciuto solo ai cittadini italiani e comunitari, ma deriva soprattutto dalla enorme confusione che è sorta con la lettera del Presidente del Consiglio dei Ministri, inviata, in base ai dati anagrafici, a tutte le famiglie dei nuovi nati residenti in Italia. Con la lettera si è comunicata la bella novità del bonus bebé ai cittadini comunitari, italiani ed anche extracomunitari, ovvero il diritto di percepire – a determinate condizioni – un bonus di 1.000 €; e ciò nonostante il bonus sia riservato ai soli cittadini italiani e comunitari! Grazie a questa lettera molti cittadini extracomunitari si sono presentati all’ufficio postale e, compilando l’apposito modulo allegato alla stessa, hanno incassato serenamente il bonus bebè.

A questo riguardo ci pervengono segnalazioni preoccupanti.
Una mail ci evidenzia quanto segue: “Mi risulta che molti uffici postali, pur sapendo che non ne avevano diritto, abbiano pagato il bonus bebè ai cittadini extracomunitari che si sono presentati con la lettera inviata dal Presidente del Consiglio allo sportello. In conseguenza di ciò, chi ha firmato e incassato i soldi riceverà a casa la visita dei carabinieri con il foglio di truffa a danni dello Stato Italiano. La cosa mi ha lasciata sconcertata, spero non sia così oppure spero che non sia stata architettata apposta. Tutto questo corrisponde al vero?.
Purtroppo dobbiamo confermare che la situazione sopra prospettataci corrisponde alla realtà: da più parti la stampa ha già dato notizia di accertamenti in corso proprio in relazione all’indebito incasso di detti assegni da parte di genitori di bambini extracomunitari.
Per l’appunto, l’individuazione dei “nuovi nati” a cui inviare la lettera citata è avvenuta a quanto pare in base ai dati dell’anagrafe fiscale, che non distinguono la cittadinanza delle persone, cosicché è stata inviata, per così dire, in modo indiscriminato anche con riferimento agli extracomunitari, che peraltro rappresentano oggi, se non il principale, un cospicuo apporto demografico alla popolazione che vive in Italia.
Sono diverse, infatti, le famiglie di cittadini extracomunitari che, ricevuta la lettera, magari per scarsa conoscenza della lingua italiana o presumendo erroneamente (perché ciò avviene in molti stati del mondo ma non in Italia) che dall anascita in Italia derivasse automaticamente la cittadinanza italiana del bambino, e soprattutto non valutando le possibili conseguenze derivanti dalla sottoscrizione di un modulo che contiene anche delle autocertificazioni, sono andati serenamente all’ufficio postale ad incassare il bonus. D’altra parte dobbiamo considerare che l’ufficio postale non è responsabile della gestione di queste pratiche, ma l’operatore dello stesso ha solo il mandato di pagare la somma a chi presenta la modulistica, senza avere alcuna competenza per poter entrare nel merito della domanda. In altre parole l’impiegato dell’ufficio postale non può permettersi di valutare la falsità o meno dell’autocertificazione contenuta nel modulo appositamente compilato, anzi. una circolare di Poste Italiane spa precisa proprio questo, che non competono agli operatori postali le verifiche sui requisiti, o comunque sulla falsità o meno di quanto autocertificato, dal momento che solo all’Amministrazione competono i controlli e le verifiche al riguardo.

La composizione del modulo
Il modulo contiene un’autocertificazione con la quale, sottoscrivendola, si dichiara la condizione di cittadino italiano o comunitario. Si tratta di poche righe scritte con carattere molto piccolo che non suscitano particolare attenzione. Mentre la lettera di Berlusconi è alquanto generica, non contiene alcuna avvertenza ed è facile da comprendere nel suo significato immediato, diversamente il modulo contiene delle parti in bianco da compilare con i normali dati anagrafici. Addirittura si chiede di precisare il Comune, lo Stato estero di nascita del richiedente (il genitore esercente la potestà sul nuovo nato) e, solo con caratteri molto piccoli, si vede come l’interessato, sottoscrivendo il modulo, dichiara sotto la propria responsabilità e consapevole delle sanzioni penali previste in caso di dichiarazione non veritiera (previste dal Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa – Dpr 28 dicembre 2000 n. 445, G.U. n. 42 del 20 febbraio 2001, Supplemento ordinario n. 30), di essere cittadino italiano o di altro paese dell’Unione Europea.

Cosa si rischia
Chi ha già incassato i soldi dell’assegno ora rischia un procedimento penale. Avere compilato una dichiarazione falsa finalizzata all’ottenimento di un contributo dello Stato, configura il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato o comunque di altro ente pubblico, quindi comporta l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 640 bis del codice penale che prevede una pena da uno a sei anni di reclusione. Oltre a questa pena ci sono le sanzioni specifiche per l’autocertificazione falsa perché dichiarare di essere cittadini italiani o comunitari quando non si è tali, è una dichiarazione falsa o mendace, non corrispondente al vero. Ciò equivale, dal momento che si tratta di una autocertificazione, al reato di “falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico”, previsto all’art. 479 del codice penale.
Temiamo che i procedimenti penali al riguardo saranno molti e ai danni di persone che in buona fede hanno ritenuto che l’invito ad incassare 1.000 € a carico del Ministero delle Finanze, fosse a loro rivolto sinceramente.
D’altra parte corrisponderebbe al buon senso, oltre che a giustizia sostanziale, che questo bonus (visto che è finalizzato ad implementare le nascite sul territorio italiano) sia rivolto a tutti i nuovi nati e non soltanto ai figli di cittadini italiani o comunitari.

Cosa fare?
L’unico consiglio pratico da dare a chi avesse già incassato questo assegno è di restituirlo, per evitare conseguenze che potrebbero essere peggiori.
Restituendo i soldi incassati in buona fede e rispedendoli al mittente, si potrebbe infatti forse realizzare quel comportamento che tecnicamente viene definito ravvedimento operoso, vale a dire che quando una persona commette un reato e poi elimina completamente le conseguenze dannose di quel suo comportamento illecito, può essere dichiarata non punibile; tuttavia, è forse più probabile che anche l’eventuale restituzione della somma incassata non venga considerata utile ai fini dell’estinzione del reato ma sia ritenuta rilevante solo come circostanza attenuante, in altre parole valida solo per ottenere una riduzione della condanna.
D’altra parte, anche se la restituzione potesse valere per estinguere la truffa aggravata ai danni dello Stato, resterebbe invece irrimediabile l’autocertificazione falsa, perché è un fatto che ormai si è già compiuto e di per sé non può più essere ritrattato dal punto di vista giuridico. L’unica consolazione – molto magra – è che per fortuna questi tipi di reato, quant’anche si pervenisse ad una condanna per truffa aggravata ai danni dello Stato e per autocertificazione mendace, non sono previsti tra quelli che comportano automaticamente il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno e la possibilità di espulsione. La pena prevista dagli articoli 640-bis e 479 c.p. non rientra tra le ipotesi di reato elencato all’articolo 380 del codice di procedura penale, commi 1 e 2, che altrimenti darebbe luogo a conseguenze ben peggiori. Infatti, se rientrasse tra queste ipotesi di reato, vi sarebbe automaticamente il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno o l’annullamento del medesimo se in corso di validità e la conseguente espulsione dell’interessato (in base a quanto previsto dall’art.4 T.U., nella versione modificata dalla legge Bossi-Fini).
Pertanto non si rischia l’espulsione, ma un serio processo penale e questo grazie ad una scelta che aveva il sapore di una forma promozionale di carattere elettorale: mandare le felicitazioni per il nuovo nato a casa di ciascuna persona senza badare alla nazionalità, quindi mettendo molte persone nella condizione di sbagliare.
Ognuno potrà fare le proprie considerazioni sulla situazione paradossale che si è venuta a creare, a partire dal fatto che queste lettere sono state mandate indiscriminatamente a fronte di una normativa discriminatoria.

Non si può poi fare a meno di considerare che la stessa restituzione della somma incassata, paradossalmente, potrebbe far scattare la denuncia, proprio perché nel momento stesso in cui l’Amministrazione dovesse ricevere l’importo potrebbe (o dovrebbe) constatare che esso era stato incassato in base ad una falsa autocertificazione, sicché il pubblico ufficiale competente dovrebbe attivare d’ufficio il procedimento penale.

Ovviamente, non siamo in grado di prevedere se, nei casi di effettiva restituzione, si verificherà, per così dire, “automaticamente” questa conseguenza, come pure non siamo in grado di prevedere se a questo punto i controlli –che normalmente vengono eseguiti “a campione”- verranno invece svolti “a tappeto”. Tuttavia, il fatto stesso che la vicenda abbia e continui ad avere una certa risonanza induce a pensare che detti controlli saranno ampiamente estesi, essendo ormai evidente che il grossolano errore di inviare la famosa lettera anche a tutti i non aventi diritto ha prodotto delle conseguenze massicce dal punto di vista numerico. Per questo motivo, qui di seguito, forniamo le indicazioni sulle possibilità di restituzione per chi ritenesse opportuno utilizzarle, tenuto conto delle precedenti considerazioni.

*** Indicazioni sulle modalità di consegna del bonus bebe ritirato senza averne i requisiti:
° versamento sul conto corrente postale n. 31617004
° intestato a Tesoreria centrale dello Stato – Roma
° causale “Versamento al Capo X° – Cap. 2368 – restituzione bonus bebè”
° maggiorare l’importo di 1,81 euro a titolo di bollo sulla quietanza di tesoreria
° inviare una comunicazione all’ Agenzia delle Entrate di avvenuta restituzione con allegata la copia della ricevuta di versamento