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da il Manifesto di giovedì 6 aprile 2006

Cpt inglesi come canili

Nicola Scevola

Londra – Gli immigrati in attesa di essere deportati dal governo britannico sono trattati come «pacchi postali» e vengono tenuti in celle che assomigliano a «gabbie per cani». Queste sono le scioccanti conclusioni di un rapporto pubblicato ieri sulle condizioni dei centri di permanenza temporanea inglesi. Frutto di una serie di ispezioni a sorpresa condotte dal capo dell’ispettorato delle prigioni di Sua Maestà, lo studio si concentra sui due porti d’accesso principali dell’isola: l’aeroporto internazionale di Heathrow e il porto francese di Calais, dove le autorità britanniche gestiscono dei centri di raccolta in cui sono tenuti gli immigrati che vengono bloccati prima di passare la Manica.
«L’aspetto peggiore che emerge dalle ispezioni è il fattore disumanizzante insito nelle procedure di deportazione», sottolinea l’ispettrice capo Anna Owers. «Alcune persone sono trattate come fossero pacchi postali, non esseri umani. Pacchi il cui contenuto e destinazione sono sbagliati». Nonostante il personale incaricato della sorveglianza tratti gli immigrati con il dovuto rispetto, esiste un’ossessione da parte dello staff per quanto riguarda il mantenimento di standard e il raggiungimento di obiettivi prefissati che va spesso a scapito delle reali esigenze dei singoli casi trattati. A maggior ragione – come denuncia il rapporto – quando le strutture di permanenza sono del tutto inadatte ad ospitare persone anche per una sola notte, in particolare se queste sono accompagnate da bambini. Al punto che le celle – che misurano circa 4 metri per 3 – sono chiamate dalle guardie «gabbie per cani». «Le condizioni igieniche sono insufficienti per soddisfare le esigenze di persone che spesso hanno viaggiato a lungo a bordo di camion in situazioni sanitarie precarie», si legge nel rapporto. Le indagini hanno inoltre rivelato un uso frequente di metodi coercitivi per forzare i detenuti a salire a bordo di aerei. Il cui unico risultato, però, è quello di spaventare i rifugiati stessi e le compagnie aeree che sempre più spesso si rifiutano di trasportare i deportati verso i loro paesi d’origine. Brutali e inutili, quindi. Il rapporto conclude infatti dicendo che, oltre che inumani, i metodi utilizzati dalle autorità sono anche «inefficienti». «I rifugiati sono trattati come pacchi che vanno gestiti e rimossi, anziché come esseri umani vulnerabili», fa notare Maeve Sherlock, direttrice del Refugee Council, associazione che lavora con i rifugiati in UK. «Nei centri di detenzione dovrebbe esserci più sensibilità e compassione». Il ministero dell’Interno ha risposto alle accuse dell’ispettorato delle prigioni di Sua Maestà cercando di minimizzare il problema ed enfatizzando che i centri di permanenza temporanea sono strutture concepite per ospitare immigrati per qualche ora al massimo. Peccato che, proprio uno dei casi analizzati dall’ispettore capo, fosse quello di una giovane donna incinta che soffriva di nausee e dolori addominali, costretta a stare in una cella per più di 36 ore senza la possibilità lavarsi, cambiarsi o fare una telefonata.