Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 27 maggio 2006

Anversa, 20 mila no al razzismo

Alberto D’Argenzio

Anversa – Sfidando il ponte dell’Ascensione e soprattutto una pioggia battente, oltre 20 mila persone sono scese per strada ad Anversa per dimostrare all’estrema destra che si può convivere anche se si ha la pelle diversa. Niente slogan e niente striscioni, niente cartelli e niente sigle, la marcia bianca – il colore della solidarietà usato per la terza volta in Belgio dopo l’enorme corteo per le vittime del pedofilo Marc Dutroux di dieci anni fa e quello di aprile in memoria di Joe, ucciso per un Mp3 – è nata proprio come atto di vicinanza verso le famiglie delle tre vittime del raid omicida messo in scena l’11 maggio scorso da Hans Van Themsche, il 18enne che in pieno centro uccideva a pistolettate la piccola Luna Drowart, una bambina fiamminga di due anni, e la sua bambinaia, Oulemata N’Dyie, proveniente dal Mali. Tre minuti prima aveva ferito gravemente Songul Koç, una donna di origine turca che leggeva un libro su una panchina. Un crimine motivato, secondo lo stesso autore, dall’odio razziale. Solidarietà anche per la famiglia di Mohammed Bouazza, un giovane di origine africana ritrovato annegato nello Scheda, l’enorme porto canale di Anversa, in circostanze poco chiare.

Magliette bianche nascoste sotto i giacconi e gli impermeabili, lenzuoli candidi alle finestre, drappi sulle porte dei negozi e palloncini bianchi, predominanza di stranieri ma anche tanti belgi, assieme per la prima grande manifestazione da oltre 10 anni a questa parte. La solidarietà però non basta a spiegare l’affluenza, le oltre ventimila persone confluite da tutto il Belgio hanno sfilato soprattutto contro il Vlaams Belang, il partito dell’odio razziale e dell’intolleranza, ma anche il partito che tocca quota 35% proprio ad Anversa e che punta nelle prossime elezioni locali di ottobre a rompere il cordone sanitario (l’alleanza tra tutte le altre formazioni politiche) che dal 1992 lo tiene fuori da qualsiasi coalizione, senza peraltro averne frenato l’ascesa. Martedì Filip Dewinter, leader del Belang, aveva invitato «tutti gli anversesi» a scendere in piazza nella manifestazione di ieri, e la provocazione non ha fatto altro che aumentare l’indignazione. Gli organizzatori hanno declinato l’autoinvito e denunciato l’ipocrisia del Belang, la polizia ha fatto pressioni sul partito per evitare una partecipazione potenzialmente esplosiva, e così l’estrema destra non s’è vista.

Alla fine del corteo, di fronte alle scalinate del nuovo ed elegante palazzo di Giustizia, il fratello e la madre di Mohammed Bouazza puntano a più riprese il dito contro il Vlaams Belang, contro Dewinter, e la platea si scalda. «L’omicida è stato mosso da un clima di razzismo che non fa che progredire in questa città», afferma Georges Kamanayo, presidente del comitato organizzatore. «Sono qui per sostenere le famiglie – spiega Lisbeth Jasper, una giovane di Anversa – per denunciare la violenza, ma soprattutto per oppormi al Vlaams Belang. Sono sicura che ha una responsabilità morale per quello che è successo». Kamara Mamadou, portavoce della famiglia di Oulemata N’Dyie, chiede l’interdizione del partito: «Questa manifestazione è un buon messaggio per la politica, per spiegare che le differenze non vogliono dire nulla, siamo qui stranieri e belgi assieme, c’è unità. Ora tocca alla politica impedire che i partiti usino un discorso razzista, bisogna interdire l’odio razziale».

Il premier liberale Guy Verhofstadt invia un messaggio alla marcia, parla di «grido di silenzio a favore della tolleranza», di «lavorare per una società tollerante, una società in cui non si deve riflettere in termini di gruppo o di colore della pelle, ma in cui tutti vengono considerati esseri umani». Mercoledì il governo ha lanciato tre progetti di legge contro la discriminazione e per aumentare le pene per gli atti di razzismo e xenofobia. La politica, una volta di più, va però a traino degli eventi.