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Bologna – Anestesia delle coscienze

Riflessioni dell'avvocato Anna Tonioni sulla vicenda della giovane trattenuta nel CPT di Bologna promessa sposa ad un cittadino italiano

La rosea rappresentazione che alcuni giornali il 2 giugno 2006 hanno ritenuto di fornire della vicenda della giovane donna trattenuta nel Centro di Permanenza Temporanea di Bologna, convolata a nozze con un cittadino italiano, e quindi liberata in quanto non più espellibile, manca di alcuni elementi, che invece è utile rendere noto.
Il diritto a sposarsi e creare una famiglia è un diritto fondamentale della persona, riconosciuto tale oltrechè dalla nostra legge nazionale, da innumerevoli fonti sovranazionali (Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, Carta di Nizza, ecc..). Secondo la legge italiana anche lo straniero privo di un titolo di soggiorno ha diritto a contrarre matrimonio, e se ciò fa con un cittadino italiano è inespellibile (art. 19 comma 2 T.U.).
La questione che si pone, dunque, è quella di verificare la possibilità per lo straniero e per il cittadino italiano di potere concretamente esercitare quel diritto fondamentale, laddove uno dei nubendi, in limine matrimoni e a pubblicazioni già eseguite, sia stato privato della libertà personale.

Al di là delle belle parole dei giornalisti, il caso della giovane donna trattenuta nel CPT di Bologna dimostra che il diritto a sposarsi e creare una famiglia non è poi così fondamentale, soprattutto, non è uguale per tutti, visto che, purtroppo, è solo grazie all’intervento finale dell’autorità giudiziaria che le due persone di cui si è parlato hanno potuto unirsi in matrimonio.

Vero è che dal momento del trattenimento della cittadina straniera nel CPT, a parte una vaga disponibilità di convenienza, nessuna autorità, statale o comunale, si è veramente attivata affinchè la giovane donna potesse effettivamente superare le porte del CPT.

In un balletto di reciproci “non mi compete”, “il calendario dei matrimoni in Comune è completo”, e quant’altro, compresa la vergognosa ipotesi di far celebrare le nozze dentro il Centro, la futura sposa è rimasta tra le gabbie 21 giorni, ogni giorno a rischio espulsione; ciò, tra l’altro, senza potere ricevere visite né dal futuro marito né da altri familiari.
L’inerzia tenuta dalla pubblica amministrazione: prefetto, questore, sindaco, ciascuno per la propria competenza, è veramente sconcertante, considerato che proprio la possibilità di allontanarsi dal CPT per celebrare le nozze già programmate rappresentava per la straniera una causa di “estinzione” dell’espulsione.
E allora, di fronte ai tanti che, da anni, stanno cercando di svelare la vergogna del sistema della detenzione amministrativa e dei CPT, vuoi chiedendone la chiusura vuoi smontandoli, mi chiedo: a Bologna, per chi ne parla, cosa significa superare i CPT?

di Anna Tonioni (Avvocato)