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da Il Manifesto del 16 giugno 2006

Immigrati, l’Ue processa l’Italia

La Corte di Strasburgo accoglie i ricorsi contro il rischio di espulsione in Libia da parte di 58 stranieri sbarcati a Lampedusa.

Un’altra cattiva notizia per l’ex governo Berlusconi sul fronte immigrazione: i ricorsi di cinquantotto immigrati approdati sull’isola di Lampedusa a marzo 2005 sono stati accettati dalla Corte Europea di Strasburgo. La decisione risale allo scorso 11 maggio, ma solo negli ultimi giorni la notizia è trapelata. Gli immigrati si sono appellati alla Corte denunciando il rischio di essere espulsi verso la Libia, ma anche la mancanza nel centro di Lampedusa di una corretta procedura di convalida del trattenimento davanti a un giudice.

La Corte chiede sia al governo italiano che agli avvocati che hanno presentato i ricorsi – Alessandra Ballerini e Anton Giulio Lana – di depositare ulteriori memorie entro il 17 luglio. A quel punto, bisognerà solo attendere la sentenza finale della Corte, che potrebbe condannare il governo per le modalità con cui sono stati rinviati in Libia quegli immigrati e – per chi non è stato respinto verso il paese norafricano – per come sono stati trattenuti prima sull’isola e poi nel cpt di Crotone. Le procedure con cui lavora la Corte europea sono molto elaborate. Aver deciso di procedere su 58 ricorsi – rispetto ai 79 inizialmente presentati dagli avvocati – fa capire che i magistrati ritengono di potersi basare su elementi concreti. Il governo Berlusconi, che ha inaugurato la pratica dei respingimenti verso la Libia, si trova così per la seconda volta «sotto processo». Il primo è quello in corso al Tribunale dei ministri, dove l’ex titolare del Viminale Giuseppe Pisanu risulta tuttora indagato e in attesa di sapere se il Collegio accetterà l’archiviazione chiesta dal pm. Ora, anche la Corte europea dei Diritti dell’uomo ha intenzione di pronunciarsi sul «modello Italia» e su come funziona quella «no man’s land» che è l’isola di Lampedusa, dove la gente viene trattenuta per giorni senza poter incontrare un avvocato e tanto meno un giudice.

Gli avvocati Ballerini e Lana hanno denunciato per i loro assistiti il pericolo di morte e di trattamenti inumani una volta rinviati in Libia; il sospetto che si sia trattato di respingimenti collettivi senza alcuna convalida giudiziaria; l’impossibilità di entrare in contatto con un avvocato e di essere opportunamente informati sulla possibilità di chiedere asilo politico. Il problema è che ora la Corte chiede ai difensori di rintracciare i propri assistiti e non sarà semplicissimo: le procure sono state raccolte grazie all’avvocato Ballerini che riuscì ad entrare – «scortata» da parlamentari – dentro i cpt di Lampedusa e Crotone. Dopodiché alcune persone sono state rimandate in Libia mentre altre sono state rimesse in libertà. Tuttavia, se questo è un problema per gli avvocati lo sarà altrettanto per il governo, a cui la Corte chiede di produrre i decreti di espulsione e le convalide dell’autorità giudiziaria con cui sono stati trattenuti e allontanati gli immigrati dall’Italia. Ma il sospetto è che quei decreti non esistano, perché nel corso dei rimpatri forzati verso la Libia tutto venne fatto senza andare troppo per il sottile.

Ma non finisce qui: dagli atti della Corte europea risulta che il governo abbia riferito cose diverse rispetto a quanto detto durante gli interrogatori davanti al Tribunale dei ministri italiano. Ad esempio: a Strasburgo il governo ha dichiarato che «le intese recentemente stipulate tra Italia e Libia» concernono il respingimento di emigrati di paesi terzi che hanno cercato di raggiungere illegalmente l’Italia. Peccato che, di fronte al Tribunale dei ministri, i funzionari del Viminale abbiano spiegato molto chiaramente che non esiste nessuna «intesa stipulata», ma solo accordi verbali. E per assicurare la Corte europea che non c’è rischio di trattamenti inumani, il governo non sa dire altro che «la politica filoaraba e filo africana» della Libia porta a escludere qualsiasi rischio di violazione. Per non parlare del passaggio in cui il governo osserva: «Il fatto che i clandestini siano arrivati a destinazione al termine di un viaggio molto duro non gli fa guadagnare “una sorta di salvacondotto” che impedisca di respingerli». «E’ la prima volta che la Corte si occupa di un caso così numeroso in materia di espulsioni collettive – osserva l’avvocato Lana tra l’altro lo stesso ricorso era già stato citato nella risoluzione del Parlamento europeo che ha condannato la pratica dei voli in Libia». «Giustizia è quasi fatta – aggiunge l’altro legale Alessandra Ballerini – spero che ora il nuovo governo tratti il problema immigrazione con altre modalità, soprattutto rispettando i diritti umani».

Cinzia Gubbini