Dopo le rassicurazioni circa il mutamento di destinazione del centro di detenzione di Lampedusa, che sarebbe stato “trasformato” in Centro di prima accoglienza, la realtà di questi giorni continua a smentire quanti tentano di proporre una versione “umanitaria” della struttura che da anni è il simbolo degli abusi subiti dai migranti che dai sud del mondo giungono in Europa.
A poche ore della visita a Lampedusa della “Commissione ministeriale”, che ha trovato rinchiusi nel centro soltanto alcune decine di migranti, la struttura è di nuovo oltre il limite massimo di “capienza” e persino la stampa sottolinea come non siano in vista trasferimenti verso altri centri entro poche ore ( non oltre 48), come sarebbe doveroso in base alle normative vigenti, se si volesse davvero rispettare la disciplina prevista per i centri di accoglienza. E se poi si trattasse d veri centri di accoglienza perché la sorveglianza armata e la chiusura nei confronti di associazioni e giornalisti? Perchè i lavori della commissione ministeriale sono “secretati” al punto che i mezzi di informazione riportano solo quanto dichiarano gli uffici ministeriali?
Ci sarebbe poi da chiedersi come mai, proprio nei giorni della visita della commissione, nel centro di detenzione di Lampedusa siano rimasti così pochi migranti. E le notizie su affondamenti e su cadaveri che negli stessi giorni affioravano dal Canale di Sicilia potrebbe fare ricordare analoghe tragedie che in passato hanno preceduto e seguito le ispezioni dei parlamentari nel centro lampedusano. Forse sarà soltanto una tragica fatalità, ma è ormai constatato che ogni “svuotamento” del centro corrisponde non solo ad un gran numero di trasferimenti verso altre strutture ma anche ad una drastica “riduzione” degli ingressi di migranti nel cpt, cioè degli sbarchi, che a Lampedusa “sbarchi” non sono, ma salvataggi in mare aperto.
E le prospettive per le prossime settimane, alla luce dell’esperienza e del quadro meteorologico, sono quelle di un ulteriore ammasso di corpi e di destini, sempre più spesso soggetti vulnerabili, donne, minori, vittime di persecuzioni, che rimangono rinchiusi nel Cpt di Lampedusa ( perché di questo ancora si tratta) ben oltre 48 dietro le sbarre, senza un effettivo controllo giurisdizionale, e sono oggetto di una vera e propria caccia all’uomo quando lo sbarco nell’isola, in qualche rara occasione, avviene sfuggendo ai controlli di polizia.
Altro che centro di accoglienza, come al solito un accoglienza dietro le sbarre, con il paravento di qualche organizzazione umanitaria presente, ma assai silenziosa su quanto succede all’interno di quella struttura su cui le denunce dei movimenti antirazzisti siciliani ed i reportage di Fabrizio Gatti ( tuttora indagato dalla Procura di Agrigento) avevano aperto squarci di verità che adesso ci vorrebbero fare dimenticare. Su queste questioni tutti coloro che si sono battuti in passato per la chiusura dei CPT devono mantenere un minimo di coerenza, senza rifugiarsi in logiche autoreferenziali ed evitando compromessi o ingenuità che in futuro potrebbero solo legittimare il mantenimento della detenzione amministrativa come istituto cardine per la politica e le prassi amministrative in materia di immigrazione e asilo.
Al di là delle visite della Commissione, le associazioni ed i movimenti siciliani continueranno nella loro mobilitazione per la chiusura di tutti i CPT a partire da quello di Lampedusa, consapevoli che, anche se tale chiusura non potrà essere immediata, rimane la prospettiva decisiva nella quale deve collocarsi una gestione amministrativa meno restrittiva degli ingressi e del soggiorno degli immigrati ed una seria ipotesi di modifica legislativa della disciplina delle espulsioni e degli accompagnamenti in frontiera.
Si invitano ancora una volta i parlamentari e le agenzie umanitarie internazionali, come Amnesty International ed il Comitato per la prevenzione della tortura, ad effettuare -come in passato- ispezioni senza preavviso nei CPT e nei CID ( Centri di identificazione) tuttora in funzione in Italia, non solo per visionare i locali di queste strutture ma per verificare presso gli Uffici stranieri delle Questure i documenti, le modalità, i tempi del trattenimento e degli accompagnamenti in frontiera, e comunque il pieno rispetto del diritto di asilo e di tutti i diritti fondamentali della persona umana.