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Lampedusa – Dieci vittime e quaranta dispersi nell’ennesima tragedia del mare

Si alza il numero delle vittime causate dalle politiche di chiusura dell'UE

La tragedia avvenuta questa notte al largo di Lampedusa riaccende i riflettori sull’isola dopo il silenzio degli ultimi giorni, seguito alla campagna della stampa sull’emergenza sbarchi, terminata una volta raggiunto uno dei probabili obiettivi: ottenere un largo consenso a politiche restrittive e securitarie creando allarme e parlando dei migranti in termini emergenziali.

Il naufragio è avvenuto questa notte, quando un barcone lungo 10 metri che trasportava circa 120 persone, partite 3 giorni prima dalla Libia, dal porto di Al Zuwara, si è rovesciato, sembra in seguito all’affiancamento da parte della nave della Marina Militare Minerva, che stava per portare in salvo i migranti. Questi si sarebbero spostati su un lato del barcone per avvicinarsi ai soccorritori e avrebbero causato il rovesciamento della barca che li trasportava.

Settanta persone sono state tratte in salvo, dieci cadaveri recuperati, ma quaranta persone mancano ancora all’appello, mentre le operazioni di ricerca e soccorso proseguono.

Numerose le nazionalità delle persone a bordo: magrebini, somali ed etiopi.

Il Ministro dell’Interno Amato ha parlato di crimine riferendosi all’ultimo naufragio avvenuto in acque territoriali italiane. Ultimo di una lunga, tragica sequenza che ha avuto inizio con gli accordi di Schengen che hanno inasprito le misure di ingresso dei paesi dell’UE e intensificato i controlli delle frontiere.
Uno dei primi ad inaugurare questa politica il naufragio della Nave Fantasma nel Natale del 1996, che causò 283 vittime.

Amato parla di crimine ed è certamente criminale la prosecuzione di queste politiche di militarizzazione , causa di un numero in aumento di tragedie del mare.
La soluzione, chiesta dal sindaco dell’isola e condivisa dal Governo, è quella di cercare di impedire le partenze, con gli effetti che conosciamo: la Guardia Civil spagnola che apre il fuoco a Ceuta e Melilla uccidendo alcuni candidati all’emigrazione, o le condizioni dei migranti nei campi della Libia, terrificanti, secondo la delegazione di deputati europei che ha visitato il centro un anno fa, e le decine di morti nel deserto che devono attraversare quando vengono respinti nei paesi dell’Africa sub-Sahariana.

La differenza è che i cadaveri non arrivano sulle coste e nemmeno gli “straccioni” che ci mostrano giornali e televisioni, che tanto poco giovano al turismo.

Quando queste carrette del mare giungono a destinazione, stipate di persone, spesso non condotte da marinai (intimiditi dalle altissime pene previste per i trafficanti) ma dagli stessi migranti, in condizioni estremamente precarie, è il loro arrivo a creare stupore.

A Lampedusa c’è un cimitero di queste carrette in attesa di demolizione, che stupiscono per scarsa solidità, le piccolissime dimensioni. E per gli oggetti dei clandestini che ancora si trovano a bordo: una scarpa, qualche abito, una tanica, resti di cibo.

Nelle foto della galleria fotografica – realizzata da Giulio e Cecilia dell’associazione Giraffe – vi sono navi già portate in questo “cimitero” ed altre ancora al porto. Alcuni migranti arrivati con difficoltà al termine del viaggio e soccorsi da Medici Senza Frontiere, che come si è detto in un precedente articolo, sono le uniche persone che portano i primi soccorsi negli sbarchi ‘ordinari’. Uomini e mezzi della Misericordia che gestisce ogni passaggio dell'”accoglienza”. Infine, il CPT di Lampedusa, meta forse non prevista, dal quale alcuni partono per centri di identificazione per richiedenti asilo, altri direttamente per il viaggio di ritorno, come i 50 egiziani rimpatriati il 5 agosto scorso.

19 agosto 2006

a cura di Elisabetta Ferri