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da Il Manifesto del 10 agosto 2006

Padova – Un recinto per via Anelli

Un'inferriata alta tre metri da ieri separa il quartiere degli immigrati dal resto della città.

l provvedimento del Comune dopo la rissa del 26 luglio scorso: «così fermeremo gli spacciatori». L’ingresso consentito solo ai residenti. Che approvano.

Cinzia Gubbini

Giancarlo Galan, presidente della regione Veneto, non teme di tirare in ballo il muro che separa Israele e Palestina o quello costruito dagli Usa per bloccare l’ondata di immigrati messicani. La recinzione alta due metri e mezzo che ieri è stata messa in piedi nel quartiere di via Anelli – recente teatro di una megarissa tra immigrati e meglio conosciuto come «il bronx di Padova» – nulla ha da invidiare, secondo Galan, al muro che Israele ha costruito «per difendersi dai terroristi islamici». E tuona: «L’arroganza ideologica della sinistra è tale da concedersi il lusso politico ed etico di costruire un muro per separare il male dal bene. Ecco che cos’è la sinistra italiana: arrogante quando i muri li costruisce lei, immediatamente contraddittoria e assurda quando si scaglia contro i muri degli altri». Si esercita in dichiarazioni roboanti anche il capogruppo di Forza Italia al consiglio regionale veneto, Remo Sernagiotto: «Padova trasformata in una Beirut dell’Occidente: ecco il primo regalo del governo Prodi alla nostra regione».

E che sarà successo mai nell’arco di un pomeriggio a Padova? Come annunciato, il Comune ha deciso di costruire una recinzione di acciaio lunga ottantaquattro metri e alta tre – molto simile a un muro, in effetti – che va a sostituire precedenti recinzioni condominiali, più volte divelte e comunque facilmente scavalcabili. Obiettivo: evitare che gli spacciatori possano darsela a gambe passando per via De Besi, quella che incrocia via Anelli. E’ indubbio: la separazione c’è, ed è proprio brutta da vedere. Ieri è stata costruita solo la prima parte del muro di acciaio, il resto del lavoro verrà terminato a settembre. «La realizzazione di questo muro, che a dire il vero un muro non è, era programmata da tempo. Va da se che questa non è la soluzione ed è una iniziativa come le altre – ha voluto sottolineare ieri l’assessore alla polizia municipale di Padova, Marco Carrai – La gente si sentiva in pericolo perché vedeva le persone saltare le normali reti del perimetro e entrare nei giardini attigui al complesso della Serenissima». Il comitato di quartiere plaude alla novità: «Con questa recinzione i residenti potranno vivere con un po’ più di tranquillità», dicono.
Tra le prossime iniziative del Comune per «aumentare la percezione della sicurezza», l’installazione di nove telecamere (ce ne sono già otto sparse per il quartiere).

Ma la progressiva militarizzazione del complesso della Serenissima non è cominciata ieri. Già dal 27 luglio, ad esempio, c’è un check point della polizia che dovrebbe sorvegliare gli ingressi nel complesso abitativo, promosso negli ultimi anni a uno dei centri della microcriminalità a Padova. Al momento, basta scarpinare per altri cinquanta metri dal check point e si entra tranquillamente nel quartiere (anche se i giri «strani» si sono indubbiamente ridotti). Da oggi in poi, però, secondo le previsioni del Comune l’ingresso sorvegliato dalla polizia dovrebbe diventare sul serio l’unico punto di accesso.

Insomma, la giunta guidata dal sindaco diessino Flavio Zanonato ha scelto di indossare la tuta mimetica per rispondere all’emergenza di via Anelli, scoppiata su tutti i giornali dopo la notte di guerriglia tra nigeriani e maghrebini del 26 luglio per il controllo dello spaccio. Un «vizietto» che il primo cittadino dell’Unione ha esibito in diverse occasioni, a partire dalla battaglia contro il «popolo dello spritz», popolare aperitivo consumato nelle piazze padovane, infine spostato lontano dal centro storico, per arrivare ai megablitz proprio nel quartiere di via Anelli, con tanto di poliziotti calati dai tetti. «Ma poi tutto è andato avanti sempre allo stesso modo, e questo dovrebbe far riflettere Zanonato: non è con la militarizzazione del territorio che si risolve il problema», dice Claudia Vatteroni di Razzismo Stop. Lei il quartiere lo conosce bene: nel ’98 era tra quelli che hanno fondato il comitato «superare il ghetto».

Ora, di Razzismo Stop tutto si può dire tranne che faccia sconti all’amministrazione di centrosinistra. Ma sul «muro» Vatteroni si dissocia dal coro di chi grida allo scandalo: «Qui si sta ingigantendo tutto, a partire dalla recinzione per arrivare alla descrizione del quartiere, che non è messo peggio di tanti altri ghetti che sorgono in giro per l’Italia». Tanto più che il Comune ha stanziato qualcosa come 250 mila euro per garantire la sicurezza della popolazione del quartiere. «Certo – prosegue Claudia – mi dà fastidio vedere tanti soldi spesi inutilmente. Però il centrodestra non ha davvero titolo per parlare: per cinque anni hanno chiuso gli occhi, varando un piano solo a fine legislatura». Ora quel piano lo sta portando avanti la giunta Zanonato: «Tre palazzine sono già state sgomberate, molto prima della megarissa. Alle persone sono stati offerti appartamenti vivibili. A ottobre, probabilmente, verrà liberata la quarta palazzina. Per carità, l’intervento potrebbe essere realizzato meglio. Per esempio non ci convince la scelta di dare agli immigrati le case pubbliche come unica alternativa, visto che c’è chi si vorrebbe comprare un appartamento. Magari potrebbe essere aiutato. Ma insomma, il punto è che quel ghetto venga liberato. Magari per pensare di fare in quel posto qualcos’altro, di utile per tutti».