Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto dell'11 agosto 2006

Una recita securitaria che non porta a nulla

Muro diessino. La sinistra predilige la messa in scena. L'effetto mediatico è garantito, ma i cittadini sono realmente protetti?

di Marco Bascetta

Sovente le immagini sono molto più chiare delle parole. Una barriera d’acciaio, posti di blocco, telecamere, cani. Il ghetto è territorio nemico. Teatro di guerra. Di guerra asimmetrica, naturalmente. A bassa intensità ma ad alta visibilità.
Sull’efficacia del muro diessino di via Anelli, nello smussare le tensioni che lacerano il quartiere, nessuno scommetterebbe un soldo, ma del suo effetto mediatico si può star certi. Non è la «sicurezza», ma la sua rappresentazione quel che conta. Anche se la rappresentazione comporta repressione vera, disprezzo, persecuzione preventiva e indiscriminata. E a questo genere di messe in scena è proprio la sinistra a mostrare sempre più insistentemente una particolare affezione. Forse che il sindaco di Bologna Sergio Cofferati protegge i cittadini di quel sonnolento capoluogo da qualche reale minaccia? Contribuisce ad accrescerne la sicurezza? Niente affatto, recita una parte, purifica il suo schieramento da ogni sospetto di eccessiva tolleranza e diffonde una precisa idea di ordine, di «normalità» di «buona condotta». E così il suo collega padovano. Tutti sanno che emarginazione, violenza endemica, degrado (materiale e sociale) si superano attraverso processi lenti e invisibili e spesso estranei all’intervento dei governi e ai programmi delle forze politiche. Ma cosa contano, in politica, lentezza e invisibilità?

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Di nuovo la recita della sicurezza, quella idea che i cittadini si percepiscano prima di tutto, prima di ogni rivendicazione di diritto e di libertà, come potenziali vittime del crimine, bisognosi di protezione e disposti, per questo, a innumerevoli rinunce. Percezione alla quale la stampa e la retorica politica quotidianamente contribuiscono. Perfino Veltroni nei suoi manifesti elettorali prometteva più notti poliziesche che notti bianche. Alla base di tutte queste metastasi è l’assurda equiparazione della sicurezza all’ordine pubblico. E perché mai non dovrebbe far parte della nostra sicurezza essere protetti dall’arbitrio di un magistrato, esser certi che i posti di blocco non si trasformino in polotoni di esecuzione, sapere che nelle questure non si verrà pestati a morte, tornare a casa senza attraversare forche caudine di polizia, avere il diritto di brindare con gli amici per la strada o la garanzia che uno spinello non ci precipiti nelle grinfie di San Patrignano? La prima sicurezza di cui si dovrebbe godere in una democrazia è quella della libertà. Che certo il crimine può minacciare, ma che sempre più è minacciata dai nostri presunti protettori. Perché uno straccione, uno sbandato, un immigrato senza casa, uno studente ubriaco non dovrebbero potersi aggirare nelle notti delle nostre città in piena «sicurezza», senza subire umiliazioni e vessazioni? Non sembra che a tutte queste domande la sinistra «d’ordine e di governo» abbia intenzione di rispondere.

La risposta la troviamo invece nella truce sceneggiata padovana, versione provinciale e un po’ cialtrona delle guerre metropolitane contro la devianza di cui Los Angeles e New York sono state maestre (lasciamo perdere Gaza e Beirut che davvero non c’entrano nulla): recinzione della zona infetta, repressione preventiva delle «classi pericolose», incursioni di polizia in «territorio nemico» e tanto peggio per i «buoni» che per caso o per disgrazia vi si trovassero, protezione e videosorveglianza delle «zone bene». Il colore della pelle e l’«asimmetria» dei diritti, con il conseguente degrado delle condizioni di vita, completano il quadro del ghetto e ne segnano il destino. Il pregiudizio si autoverifica e la politica ne prende atto come di una realtà di fatto, traducendo il tutto nel calcolo dei consensi. Cambierà qualcosa? Assolutamente nulla, ma si spera che lo spettacolo abbia avuto successo. Sipario. Applausi. Ma, anche se recinzioni e posti di blocco mancheranno del tutto il bersaglio, il sindaco diessino di Padova Zanonato ha pronta una buona risposta: «E poi, insomma, non sono mica Mandrake».