Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Unità on line del 7 settembre 2006

Lampedusa, domenica corteo antirazzista

Sbarchi a Lampedusa. Questa volta ad approdare sulle coste dell’isola non è l’ennesima carretta del mare, ma una rete di associazioni antirazziste, dall’Arci alla Cgil, da Emergency ai Laici Comboniani di Alex Zanotelli, che ha scelto la giornata di domenica 10 settembre per manifestare contro le politiche repressive della Bossi-Fini. E dialogare con gli abitanti di un’isola tanto dimenticata quanto vittima di strumentalizzazioni. Sì, perchè può sembrare un paradosso, ma a Lampedusa, l’isola che dista 205 km dalla costa siciliana e 167 da quella tunisina, la Lega Nord è il terzo partito. E le Guardie lampedusane del Comitato padano di protezione antisbarco sono pronte a mettersi in marcia. Dimenticando che più che di un’invasione, gli abitanti dell’isola sono anche loro vittime di una politica dell’immigrazione irrispettosa delle elementari norme del diritto internazionale.

Proprio l’abrogazione della Bossi-Fini sarà la prima richiesta che domenica verrà lanciata al governo, insieme alla chiusura dei Centri di permanenza temporanea e dei Centri di identificazione – di fatto luoghi di reclusione per i richiedenti asilo –, all’istituzione di una legge in materia di asilo politico e alla concessione di un permesso di soggiorno per chi cerca un’occupazione.

In sostanza, dice la rete antirazzista, «l’applicazione di quanto è scritto nel programma dell’Unione». Certo, nelle 281 pagine sottoscritte dagli alleati di Romano Prodi, le parole abrogazione e chiusura non compaiono, ma si parla indubbiamente di «permesso annuale per ricerca di lavoro, da rilasciare in seguito a prestazione di precise garanzie economiche» che, ci suggerisce il sindacalista della Cgil Sicilia Kurosh Danesh, ogni migrante potrebbe dare, grazie ai soldi risparmiati non viaggiando con gli scafisti.

E nel programma si parla anche di «diritto di voto», ci si impegna a «dare reale protezione ai rifugiati» e, più in generale, si va in direzione di un superamento delle politiche del centrodestra, perchè, scrivono i partiti firmatari del programma, «intendiamo ripartire da zero, sostituendo le parole d’ordine della normativa in vigore – chiudere, emarginare, criminalizzare – con le nostre: governare, accogliere, costruire convivenza».

La rete antirazzista chiede di più. Chiede «un salto di qualità» per usare le parole di Roberta Fantozzi, responsabile immigrazione di Rifondazione Comunista: «Ci sono stati segnali importanti come il secondo decreto flussi e soprattutto le linee guida sulla cittadinanza, ma crediamo che ci sia ancora uno spazio di miglioramento». Le associazioni che domenica manifesteranno a Lampedusa vogliono di più. E lo fanno a ragion veduta: quella di chi conosce da vicino una realtà, come Luca Cumbo, della Rete antirazzista siciliana, da anni impegnata nella battaglia per la chiusura dei Cpt e nella denuncia delle violazioni dei diritti umani che si perpetrano al loro interno. È opera loro l’unica testimonianza-video dei rimpatri di massa voluti dal governo Berlusconi tra l’ottobre del 2004 e il marzo 2005, dove si vedono «gruppi di trenta-quaranta uomini messi faccia al muro, ammanettati con lacci di plastica, lasciati in attesa sotto il sole cocente, senza che nessuno li informasse sul loro destino». E sono sempre opera loro le denunce di quanto avviene nei campi di patate di Cassibile, in provincia di Siracusa, dove decine e decine di raccoglitori-schiavi sono alle dipendenze di caporali violenti, che immancabilmente avvisano la polizia della presenza di immigrati irregolari quando è giorno di paga.

La politica della clandestinità, a quanto pare, conviene. Non solo ai caporali di Cassibile. «I Cpt non sono solo un fenomeno che snatura la democrazia, che priva della libertà persone che non hanno commesso nessun reato. Sono anche un grande attrattore di risorse economiche che potrebbero essere spese per un’altra politica». Nel caso di Lampedusa, racconta Luca, l’associazione Misericordia di Palermo che gestisce il centro riceve 45 euro al giorno per ogni migrante trattenuto e ha «tutto l’interesse a mantenere il sovraffolamento». Quarantacinque euro al giorno per rinchiudere «l’illegalità dell’essere umano». In tempi di Finanziaria, bisognerebbe pensarci su.