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Sentenza Tar Veneto n. 3213 dell’ 8 giugno 2006

Riconoscimento carta di soggiorno anche per lavoratori stranieri con contratto a tempo determinato.

Sentenza n 449/2006, proposto da K. D., rappresentato e difeso dall’avv. Marco Paggi, con elezione di domicilio presso la segreteria del TAR;

CONTRO

Questura di Padova, in persona del Questore “pro tempore”, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria ex lege;

per l’annullamento del decerto CAT.A12/2005/Uff. Imm. 1342 adottato dalla Questura di Padova il 19.11.2005 di reiezione dell’istanza volta al rilascio della carta di soggiorno.

Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la segrateria, con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione;
uditi all’udienza pubblica dell’8 giugno 2006 (relatore il consigliere Riccardo Savoia), i procuratori delle parti costituite come da verbale d’udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

FATTO E DIRITTO

1. Il testo unico delle disposizioni in materia d’ingresso e soggiorno degli stranieri in Italia, emanato con d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, all’art.9, comma 1, dispone:
“Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari, può richiedere al questore il rilascio della carta di soggiorno, per sè, per il cogniuge e per i figli minori conviventi.
La carta di soggiorno è a tempo indeterminato”.
L’attuale ricorrente, cittadino senegalese residente in Italia dal 1987, ha chiesto il rilascio della carta di soggiorno ai sensi della norma citata, esponendo di essere regolarmente soggiornante dal 1990, di essere in possesso di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato da tale data e di essere al momento assunto con contratto a tempo determinato, fino al 30.12.2005 dalla “Agricola Tre Valli S.C.A.R,L,”.
La Questura di Padova, con atto del 19 novembre 2005, ha respinto la domanda.
Il diniego della carta di soggiorno è motivato con la considerazione che “non può essere rilasciata la carta di soggiorno agli stranieri con permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato con contratto a tempo determinato o di apprendistato in quanto trattasi di contratti che non presuppongono un numero indeterminato di rinnovi”, e ciò “letta la circolare esplicativa ministeriale 4.4.2001” che lo prevede.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
. violazione o errata applicazione dell’art. 9 del D.Lgs. b.286/98 e dell’art. del DPR n. 394/99, posto che le norme in parola non richiederebbero la sussistenza di lavoro a tempo indeterminato, ma unicamente la titolarità di un permesso di soggiorno suscettibile di un numero indeterminato di rinnovi;
. eccesso di potere per illogicità, carenza d’istruttoria e di motivazione, perchè l’amministrazione non avrebbe considerato l’avvenuto rinnovo del contratto di lavoro, di un ulteriore rinnovo a scadenza.
Si oppone all’accoglimento del ricorso la resistente Questura, ribadendo la doverosità dell’interpretazione esposta nell’atto impugnato, derivente dalla ricordata circolare ministeriale.

2. Preliminarmente va esaminata la possibilie inammissibilità del ricorso, con riferimento alla mancata impugnazione della circolare ministeriale 4 aprile 2001, n. 300/C/201/335/P12.214.9/1^ div., citata nel provvedimento del Questore.
Il Collegio osserva che la circolare di cui si discute appartiene al genere delle circolari “interpretative”, intendendosi per tali quelle che, in presenza di disposizioni legislative suscettibili di più interpretazioni diverse fra loro, suggeriscono, o impongono, agli uffici dipendenti l’interpretazione che l’amministrazione centrale ritiene più corretta.
Pertanto “le circolari ministeriali”, volte a mera interpretazione ed esplicazione di disposizioni di legge, costituiscono atti meramente interni dell’amministrazione, finalizzati ad indirizzare uniformemente l’azione degli organi subordinati; pertanto, quali atti inidonei ad apportare lesioni o vantaggi alle situazioni giuridiche soggettive, non si palesano quali atti impugnabili neppure in connessione con gli atti applicativi della norma di legge, alle cui esplicazioni ed interpretazione la circolare risulti diretta” (Cons. Stato sez.VI, 16aprile 1984 n. 210). E ancora: “Una circolare non dotata di alcun autonomo valore imperativo non può essere considerata atto presupposto del provvedimento impuganto, pertanto non sussiste alcun onere di proporre impugnazione anche contro di essa” (Cons. Stato sez. 21 giugno 1982 n. 397). Più di recente: “I soggetti destinatari degli atti applicativi di una circolare non hanno alcun onere di impugnare anche quest’ulltima, potendosi limitare a contestarne la legittimità al solo scopo di sostenere che gli atti applicativi costituiscono illegittima esecuzione di un atto che avrebbe dovuto essere disapplicato”.
(Cons. Stato sez. IV, 27 novembre 2000, n. 6299, 11 ottobre 2001, n. 5354).

3. La questione di merito è stata affrontata dal Tar Umbria, nella decisione 493 del 19 giugno 2002, laddove sono esposte considerazioni che il Collegio sostanzialmente condivide.
In essa “si osserva che l’art.9, sopra citato, subordinail rilascio della “carta di soggiorno” alla verifica di determinati presupposti. E’ sostenibile che l’amministrazione disponga anche di taluni margini di discrezionalità (ad esempio per quanto riguarda la valutazione del reddito “sufficiente”); ma in questo caso l’amministrazione non ha inteso avvalersi di detti margini, più o meno ampi che siano.
Ha ritenuto, invece, che il diniego fosse vincolato stante l’assenza di un requisito tassativamente prescritto dalla legge. Per affermare l’assenza del requisito, peraltro, l’amministrazione ha adottato (sulla base, come si è detto, di una circolare ministeriale) una determinata interpretazione della norma, mentre la parte ricorrente sostiene una interpretazione diversa.
Occorre dunque mettere a confronto le due interpretazioni e stabilire quale sia quella corretta.
La questione concerne la prima parte dell’art. 9, comma 1: “Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, (oggi sei, ex legge n. 189/02) titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente…”.
Si può dare per certo che vengano qui individuati tre requisiti distinti, che debbono ricorrere congiuntamente: a) essere regolarmente soggiornate nel territorio dello Stato da almeno cinque anni (sei); b) essere titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi; c) dimostrare di avere un reddito “sufficiente”…
In sostanza, l’amministrazione attribuisce all’espressione “permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi” un significato restrittivo, escludendone il permesso di soggiorno rilasciato a chi sia parte di un rapporto di lavoro a tempo determinato.
Anche in questo caso, pare al Collegio che si tratti di una evidente forzatura interpretativa.
Non vi è nessuna disposizione di carattere generale che vieti a chi è titolare di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, con contratto di lavoro a tempo determinato, di conseguire il rinnovo del permesso di soggiorno per un numero indeterminato di volte, semprechè alla scadenza del permesso possa dimostrare di avere stipulato un nuovo contratto di lavoro (non importa se a tempo determinato o a tempo indetrminato).
L’avviso contrario del Ministero dell’interno, espresso nella circolare 4 aprile 2001, si basa in realtà su un parere del Ministero del Lavoro, il quale “interessato in ordine alla natura giuridica del rapporto di lavoro in questione, ha accertato (rewctius: ha espresso l’opinione) che il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato…non può essere considerato un contratto che presuppone (rectius: che consenta) un numero indeterminato di rinnovi, in quanto le offerte di lavoro, strettamente connesse alle esigenze del mercato del lavoro, appaiono imprevedibili a priori”.
Al Collegio pare evidente il vizio logico dell’argomentazione trascritta: quella evidenziata dal Ministero del Lavoro non è l'”impossibilità giuridica” della reiterazione, bensì una mera “difficoltà di fatto”. Peraltro, quando l’art. 9, comma 1, parla di un “permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi”, si riferisce chiaramente alla possibilità giuridica della reiterazione, ossia all’inesistenza di preclusioni giuridiche; senza contare che si riferisce alla reiterazione del permesso di soggiorno, non a quella del contratto di lavoro.
D’altra parte, se si volesse dare impertanza alle previsioni di fatto sulla stabilità del rapporto di lavoro, si dovrebbe dire che neppure un contratto di lavoro a tempo indeterminato garantisce alcuna certezza a questo riguardo, in quanto è sempre possibile il licenziamento. E, sempre sul piano delle previsioni di fatto (dato e non concesso che abbiano rilievo ai fini di cui si discute) non è del tutto condivisibile la tesi secondo la quale chi lavora con un contratto a tempo determinato si troverebbe, per definizione in una condizione di precarietà: è noto infatti che il mercato del lavoro è in evoluzione verso un’accentuata mobilità nell’ambito della quale i rapporti a termine e quelli “atipici” tendono ad essere non più una eccezione ma una costante.
E’ evidente, invece, che la disposizione in esame ha lo scopo di escludere il rilascio della carta di soggiorno nei confronti di chi, pur risiedendo regolarmente in Italia da cinque anni e più, ha un permesso di soggiorno riferito ad un titolo non giuridicamente reiterabile, o reiterabile solo per un limitato numero di volte. Non è compito del Collegio individuare ora i titoli di soggiorno caratterizzati da siffatta limitazione giuridica, ma si possono prospettare gli esmpi del soggiorno per motivi di studio (la cui durata è intuitivamente limitata in relazione a quella del corso di studi), o per cure mediche; non chè i casi di cui all’art. 40 del regolamento.
Si può dunque concludere nel senso che la posizione dell’attuale riccorrente risponde ai primi due requisiti di cui all’art.9, comma 1, del testo unico (permanenza regolare in Italia da più di un quinquennio; titolarità attuale di un permesso di soggiorno suscettibile di un numero indeterminato di rinnovi)”.
A quanto esposto nella sentenza del TAR Umbria può aggiungersi come l’art. 5, comma 3 bis, del T.U. del 1998 colleghi alla sussistenza di contratti a tempo determinato o indeterminato solo una diversa durata massima del permesso di soggiorno, in ciò risiedendo dunque il solo elemento diversificante le due ipotesi, che, invece, da un punto di vista sostanziale, assumono le medesime caratteristiche e alle quali sono connessi i medesimi effetti.
Se del resto il legislatore ha subordinato la concessione della carta di soggiorno, i cui vantaggi rispetto a quella del permesso di soggiorno sono evidenti, alla mera sussistenza di requisiti formali quali la durata del soggiorno, ala continuata concessione di rinnovi per un motivo che consente un indeterminato numero di rinnovi e la percezione di redditi sufficienti, non è consentito all’interprete limitare la detta concessione mediante una valutazione restrittiva del requisito del contratto sotteso al rilascio del permesso di soggiorno, vanificando in tal modo la previsione normativa.
Nel caso di specie risulta che il permesso di soggiorno scadesse il 15,1.06. la domanda di rilascio della carta di soggiorno fosse presentata il 21.7.05, il rapporto di lavoro scadesse il 30.12.05, e derivasse da precedenti rinnovi (gli ultimi di cui agli atti di causa 11.10.04/30.6.05/1.7.05/30.12.05); dunque il diniego della carta di soggiorno, motivato con riferimento alla supposta assenza del secondo requisito, è illegittimo e va annulato.
Resta salva la possibilità che la carta di soggiorno venga ulteriormente negata per altre ragioni.
Il ricorso va accolto; ma si possono compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per il veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 8 giugno 2006.