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I CPT e il business della loro gestione

Intervista a Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo

Perché nel Cpt di Lampedusa detenere un migrante costa 37 euro al giorno mentre a Modena ne costa 89? Considerare anche l’aspetto “contabile” dei centri di permanenza temporanea può aiutare a comprendere quale business, e a prezzo di quali abusi, venga portato avanti da quasi dieci anni sulla pelle di uomini e donne migranti.
Partendo dall’esperienza del centro di Caltanissetta dove, a seguito della denuncia di alcuni ex detenuti nel Cpt, la Cooperativa Albatross che lo gestisce è ora sotto inchiesta, Fulvio Vassallo illustra la nuova realtà dei “centri polifunzionali”, nella sostanza gli stessi luoghi di detenzione di sempre, disvelando il reale significato del termine “superamento” tanto abusato nel Programma elettorale dell’Unione: non la chiusura ma piuttosto la moltiplicazione e specificazione per tipologie di queste galere etniche e, di conseguenza, nuove possibilità per gli enti gestori “umanitari” di gonfiare i propri guadagni e prestare i propri servigi in modo ancora più ambiguo e redditizio per loro.

Quale ruolo reale hanno avuto in questi anni e hanno ancora gli enti che stanno gestendo i CPT in Italia?

Innanzitutto dobbiamo ricordare che i Cpt spesso sono centri polifunzionali, quindi con una distinzione all’interno tra centri di permanenza temporanea, centri di accoglienza e centro di identificazione per richiedenti asilo. Caltanissetta per esempio ha questa natura polifunzionale.
All’interno di queste strutture non ci sono diritti garantiti con certezza per gli immigrati, neanche il diritto di entrare in una procedura di asilo, e allora c’è una forte discrezionalità amministrativa che di fatto è gestita dalla polizia presenta all’interno delle strutture.
Dentro le strutture ci sono poi degli enti convenzionati.
Molto spesso questa discrezionalità nel riconoscimento dei diritti dei migranti viene trasferita di fatto dalle forze di polizia a questi enti che concorrono anche alla sorveglianza e non si limitano soltanto a dispensare servizi, ma soprattutto svolgono attività di mediazione gestendo anche la possibilità di chiedere asilo, la possibilità di avere dei beni acquistati all’esterno, ovviamente con un certo ricarico, e la possibilità magari di transitare dal centro di detenzione al centro di prima accoglienza o di accesso alla procedura di asilo.
Questa discrezionalità è esercitata a caro prezzo non solo nei casi più gravi come sta emergendo a Caltanissetta (ma aspettiamo ancora le risultanze delle indagini penali…)

Puoi ricordare un attimo ai nostri ascoltatori cosa esattamente è successo nell’ultimo periodo dentro il Cpt di Pian del Lago a Caltanissetta?

Secondo quanto denunciato da migranti trattenuti in quella struttura, che hanno avuto accesso alla procedura di asilo e poi hanno avuto il riconoscimento dello status, vi erano delle discriminazioni ai danni delle persone di colore perché venivano trattate peggio degli altri anche per quanto riguarda la fornitura dei beni necessari per la vita quotidiana e, soprattutto, secondo quanto dichiarato, risultavano casi di fuga di maghrebini che potevano allontanarsi dalla struttura, anche se probabilmente gli allontanamenti si verificavano da centro di accoglienza o di identificazione e non dal cpt vero e proprio.
Però la discrezionalità di cui parlavo prima circa la possibilità di passare da una seziona all’altra della stessa struttura evidentemente rendeva di volta in volta più facile o impossibile l’allontanamento delle persone.

Ma quello che vorrei mettere in evidenza è anche l’aspetto contabile, dell’attività convenzionata che queste associazioni svolgono, e non sono solo le Misericordie ma anche la Croce Rossa o le cooperative che sorgono al livello locale come la cooperativa Albatross a Caltanissetta o la cooperativa Insieme e a trapani, ma anche altre sorte per gestire queste strutture.
Solo a Caltanissetta, per un anno, per gestire 90 posti in un cpt la convenzione era nel 2003 della cifra di 3.222.000 euro circa.
Devo ricordare anche che da quando il Ministero dell’Interno ha creato i centri polifunzionali queste cifre possono gonfiarsi a fisarmonica perché, in occasione di arrivi di massa, accanto alle persone trattenute nelle casermette in cemento o nei container, spesso possono collocarsi delle tende.
Ovviamente siccome poi i costi vengono calcolati in base alle presenze effettive delle persone – a parte poi tutti i dubbi che può destare la contabilizzazione di queste presenze effettive affidata quasi in assenza di controllo all’ente gestore, non mi risulta che le prefetture abbiano mai su questo svolto un controllo effettivo – il dato oggettivo che emerge è che i costi possono aumentare praticamente a dismisura.

Stiamo parlando quindi di un business di milioni di euro…

Voglio ricordare un elemento che forse chiarirà meglio le cose per gli ascoltatori. La detenzione di un immigrato a Caltanissetta nel 2003 costava ogni giorno 63 euro; a Bologna 80 euro; a Lampedusa 37 euro; a Crotone 33 euro; a Lecce 43 euro; a Roma Ponte Galeria 34 euro; a Milano Via corelli 75 euro.
C’è pertanto una enorme differenza tra queste cifre che non si giustifica certamente con la situazione di prezzi all’esterno dei centri di Caltanissetta o di Milano, di Bologna o di Modena.
Praticamente si va da 35 euro circa a 80 euro e addirittura nel caso di Modena si arriva anche a 99 euro – anche Modena è gestita dalle Misericordie- sono dati ufficiali questi della Corte dei Conti per il 2003 e quindi io vorrei che qualcuno prima o poi riuscisse anche a spiegare perché in un posto un immigrato costa al giorno 38 euro e perché in un altro posto costa oltre 90 euro.
Questo mi sembra un indice di un possibile abuso, così come in alcuni casi di fuga da Caltanissetta le cronache raccontano di immigrati fuggiti a pieni nudi, e allora io mi domando, con 63 euro pagati giornalmente a Caltanissetta, come mai gli immigrati non venissero forniti nemmeno delle scarpe

Per non parlare di casi limite come quello di Lampedusa gestito sempre dalle Misericordie dove è difficile trovare anche un letto o un materasso…

Lampedusa oggi vive da qualche mese una situazione molto diversa perché in realtà il centro è stato declassato da cpt a centro di prima accoglienza e le persone vi vengono trattenute al massimo 48 ore, salvo casi eccezionali, e poi vengono trasferite verso altre strutture in Italia.
La situazione di Lampedusa, quindi, dall’aprile di quest’anno appare molto cambiata rispetto agli anni precedenti. Naturalmente ci sarà anche una flessione dei costi proprio per questa ragione.

Ma allora questa parola superamento tanto abusata nell’ultimo periodo riguardo i Cpt che cosa sta significando in realtà? Una loro moltiplicazione e una loro specificazione in varie tipologie ma assolutamente non una loro chiusura…

Esatto, sicuramente. Lampedusa di fatto da alcuni mesi non è più un Cpt anche se su quell’isola una struttura non può che essere detentiva perché è impensabile in un’isola come Lampedusa nella quale anche per i manifestanti contro i cpt è difficile muoversi certe volte, una struttura veramente aperta per il movimento dei migranti.
Ma al di là di Lampedusa che è un caso abbastanza anomalo nel contesto nazionale, per la sua collocazione in un’isola molto piccola, se esaminiamo gli altri Cpt che sono in Italia la tendenza è quella della creazione di centri polifunzionali dove la discrezionalità cresce, dove cresce la possibilità di movimentare gli immigrati all’interno della struttura da una sezione all’altra, e dove ovviamente cresce anche il potere e il guadagno delle associazioni che gestiscono queste strutture.