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da La Stampa del 23 gennaio 2007

Fuga dalle classi multietniche

"Con troppi immigrati lezioni scarse". La valutazione unisce italiani e stranieri

MARIA TERESA MARTINENGO
Famiglie italiane (ma anche straniere) in fuga dalle scuole elementari torinesi dove la presenza di figli di immigrati è massiccia. Alla vigilia della chiusura delle iscrizioni (sabato), il fenomeno preoccupa in un quartiere multiculturale come San Salvario, dove l’istituto comprensivo «Manzoni» – 392 iscritti, 189 non italiani – lancia un Sos. «Temiamo di non riuscire a formare una terza classe prima, pur sapendo che i bambini del territorio in età da debutto alle elementari sono almeno un centinaio. Ne abbiamo già persa una l’anno scorso…», dice la dirigente Marisa Deangelis. E va oltre. «Purtroppo, nel quartiere ci sono italiani che non accettano l’idea che il proprio figlio sia in classe con figli di immigrati. E mettono in giro voci che screditano la scuola. Così, chi è venuto a vedere come lavoriamo, chi ha visitato la scuola, si è fermato da noi. Tanti, invece, hanno dato retta al pregiudizio».
In centro, a due passi da piazza Castello, va anche peggio. L’elementare «Pacchiotti» riuscirà a formare una sola classe prima, come da anni a questa parte. Stessa situazione nella sede «Sclopis» di via del Carmine. Entrambe 10-15 anni fa erano state apripista dell’integrazione dei piccoli arrivati dalla Cina e dal Maghreb. Allora le famiglie straniere si stabilivano nel centro storico. Negli anni successivi, invece, i nuovi residenti italiani del Quadrilatero Romano non hanno adottato la «Pacchiotti» come scuola dei loro figli. E l’utenza si è assottigliata, diventando omogeneamente non italiana. «C’è una grande differenza tra il numero dei bambini che potremmo avere e quello che abbiamo», dice il dirigente Carlo Giovanni Sinicco. «Le famiglie preferiscono le paritarie, il Convitto Umberto I, e la nostra sede “Ricardi di Netro”. La gente pensa che dove ci sono molti stranieri, la didattica sia meno curata. Invece con le prove Invalsi (ndr. uguali in tutta Italia) abbiamo verificato livelli di preparazione equivalenti».
Se la fuga non c’è alla «Parini» di Porta Palazzo – anche perché, spiega il dirigente Bruno Piovano, «i residenti italiani sono sempre meno» – in Barriera di Milano Nunzia Del Vento, direttrice della «Gabelli» e presidente dell’Asapi, Associazione delle scuole autonome piemontesi, ammette che problemi ce ne sono anche con gli stessi immigrati. «Nella nostra sede “Pestalozzi” gli italiani sono ormai rari. Nella vicina materna comunale sono rimasti il 10%… Io ho già ricevuto genitori stranieri che mi dicono di non voler iscrivere i propri figli lì». Per Del Vento «la mescolanza dà ottimi risultati, i bambini si stimolano. E’ chiaro, però, che mantenere equilibrio tra italiani e stranieri sia la cosa migliore». Ma il problema, affrontato anche da Fioroni nella circolare sulle iscrizioni, non è semplice. «Il ministro suggerisce di promuovere patti con gli enti locali per distribuire gli alunni stranieri sul territorio. Volentieri. Ma il problema è anche occupazionale: se da me vanno verso scuole vicine, allora dovrei ricevere altrettanti italiani… Ma se una zona è ormai abitata da immigrati? Poi, il Comune si farà carico del trasporto?».
«Facciamo progetti di ogni tipo, ma la fuga silenziosa c’è», ammette Antonio Catania, responsabile della Direzione scolastica provinciale. «Il problema è la concentrazione abitativa», osserva Silvana Mosca, ispettrice ministeriale che da sempre si occupa di integrazione scolastica. «Pensiamo comunque che con le seconde generazioni le differenze si annullano. E alle elementari sono realtà».