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da Il Corriere della Sera del 20 febbraio 2007

Pachistani sposi via telefono. Le nozze valide per l’Italia

Dal Tribunale via libera al ricongiungimento della moglie

Il matrimonio al telefono tra stranieri? Vale, ai fini del ricongiungimento familiare della moglie rimasta in patria al marito regolarmente immigrato in Italia, se lo sposalizio via cornetta è riconosciuto dalla legge del Paese degli sposi. E in casi come questo, l’Ambasciata italiana non può negare agli sposi il ricongiungimento, perché non le spetta altro che «un mero controllo esterno di legittimità sull’esistenza delle condizioni di legge».

Per questo la sezione Immigrazione del Tribunale di Milano ha dato ragione a un giovane pakistano nella causa promossa contro l’Ambasciata d’Italia a Islamabad. Mushtaq Z. C., in Italia con regolare permesso di soggiorno rinnovato peraltro da poco, aveva fatto ricorso davanti al Tribunale il 16 novembre scorso contro il provvedimento con il quale l’Ambasciata italiana a Islamabad il 20 settembre 2006 gli aveva negato il ricongiungimento familiare alla moglie Saman Z., nonostante il Questore di Varese avesse già positivamente compiuto l’indagine sui requisiti per il rilascio del nullaosta. Diniego, riporta il giudice nella sua sentenza, motivato dall’Ambasciata «sull’unico elemento fattuale dell’invalidità del matrimonio del ricorrente in quanto celebrato per telefono». Ma Mushtaq, in Tribunale, obietta che «secondo la legge pakistana, comune ai due coniugi», il «vincolo coniugale» stipulato alla cornetta ha «piena validità», e a supporto produce un «certificato pakistano di matrimonio» dal quale in effetti si deduce questa «piena validità del matrimonio celebrato a mezzo del telefono».

Aggiunge che egli non era potuto rientrare in Pakistan per le nozze perché altrimenti avrebbe perso il posto di lavoro faticosamente trovato in Italia, consegna agli atti anche una videocassetta di una sorta di festa nuziale fatta dai rispettivi parenti dei due giovani, spiega che l’unico limite al matrimonio per telefono sarebbe il fatto che non fosse seguito da una effettiva convivenza. Il ministero degli Esteri (per l’Ambasciata d’Italia a Islamabad) non si costituisce in giudizio in Tribunale, così come invece avrebbe potuto fare incaricando l’Avvocatura dello Stato. Il giudice Adriana Cassano Cicuto richiama la legge sul matrimonio all’estero che prevede che «il giudizio di validità formale del matrimonio» debba essere effettuato «alla luce della legge del luogo di celebrazione o della legge nazionale dei due coniugi». E «secondo la legge comune ai due coniugi», quella pakistana, «anche il matrimonio celebrato per telefono ha validità giuridica». E all’Ambasciata italiana in Pakistan che dice no al ricongiungimento, il giudice obietta che «non è prevista la necessità di ulteriore controllo» da parte della sede «alla quale è inoltrata la richiesta per il visto d’ingresso, poiché a tale organo è riservato un mero controllo esterno di legittimità sull’esistenza delle condizioni di legge».

Insomma, «l’autorità amministrativa non può effettuare un’indagine sulla validità formale del matrimonio, che deve essere riservata soltanto a quella giurisdizionale».
Risultato: «Il provvedimento di diniego» al ricongiungimento familiare «è illegittimo e deve essere annullato». E vissero felici e contenti. Non più solo al telefono.

Luigi Ferrarella