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Venezia – Gli schiavi dell’Est all’appello del caporale

Le storie. “Paghe da fame e siamo tutti fuori regola”

Venezia – Dante ha poco meno di trent’anni e una grossa cicatrice in faccia. Gli hanno dato in mano una specie di fresa per tagliar piastrelle. A lui, che da clandestino era appena arrivato dalla Macedonia con i suoi esami di filosofia. Quell’arnese l’aveva visto usare solo dal padre, in paese.
Gli è scappato di mano. Il suo padrone, il gazda, l’ha lasciato sull’uscio dell’ospedale. Ha detto all’infermiera del pronto soccorso che era caduto e se n’è andato. Non ha potuto lavorare per quattro mesi. E sono stati gli amici a pagargli da mangiare.
Quegli stessi con cui condivide un appartamento spoglio in centro a Mestre. Tutti edili. Molti in nero. Anche lui era uno di quelli di Piazzale Roma. “Tutti cominciano da lì”, dice con un mezzo sorriso. Lo chiameremo Dante perché ci spiega quanto fantastica sia la Divina Commedia. Quanto sia bella la storia e l’arte italiana. Ha visto poco.
Ma nella bolgia di Piazzale Roma c’è stato. “I gazda sono praticamente tutti stranieri. Tirano su gli uomini e li mandano nei piccoli cantieri che hanno in città. Quello che ha dato lavoro a me mi ha lasciato al pronto soccorso con il sangue che colava dalla faccia. Non mi ha neanche pagato per quel giorno. E nemmeno per gli altri che avevo lavorato per lui”. Beve il suo tè a piccoli sorsi, parlando piano e lentamente. «Sono in tanti – racconta – e sono pieni di soldi. Macchine grandi, case che affittano ai loro operai, a letto, per 100-150 euro al mese. In cinque su quaranta metri quadri. Molto spesso sono loro stessi ad organizzare il viaggio oltre confine. I clandestini arrivano dalle montagne e passano di notte a piedi fra la Slovenia e l’Italia. E cominciano a lavorare in nero. Io ho cominciato con le mele in Trentino. Poi ho trovato questo impresario turco-macedone. “Grande padrone, grande cane”, diciamo noi. Con me lavorano in dieci, tutti in nero». Il cartellino obbligatorio? “Ne ho uno anch’io. Son tutti falsi. E poi io sto qua da tre anni. Sono clandestino come gli altri. Mai una volta son venuti a controllare. Non vorrei esagerare ma credo che il 90% dei cantieri che si vedono a Venezia nascondano lavoratori in nero”.
“I padroni sono imperatori nel loro paese e conoscono i funzionari di polizia che possono far male ai tuoi, di là”, racconta Oxa (altro nome inventato), un albanese di 28 anni che da poco è uscito da quel gorgo. Oxa, come tutti gli altri, appena arrivato qui ha trovato solo questo. Mai preso una cazzuola in mano: scuola militare in Turchia, Economia a Tirana; ha tre fratelli a Durazzo e oggi è fuori dal giro, ha un lavoro vero, sicuro. A Piazzale Roma – spiega – c’è anche chi lavora per le piccole imprese di subappalti, piccoli artigiani che si trovano qui per capire quale cantiere seguire. Ma se sei clandestino, e nessuno ti conosce, è difficile trovare. Nell’edilizia ci sono i soldi. Pagano anche cinquanta euro al giorno e per quelli che arrivano senza permesso sono tanti.