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Modifiche Bossi Fini – Luci ed ombre sulla riforma del TU per l’immigrazione

a cura di: Mario Pavone - Presidente dell' Animi (Associazione nazionale per l'immigrazione)

Il Consiglio dei Ministri ha approvato,nella seduta del 24 aprile 2007, un disegno di Legge delega che modifica,in alcune parti,la disciplina normativa vigente in tema di immigrazione e le norme sulla condizione dello straniero con l’intento di introdurre nuove regole per gli stranieri che giungono in Italia sempre più numerosi.
Il provvedimento varato dal Governo prevede numerose novità, dalla programmazione triennale dei flussi, all’autosponsorizzazione, al superamento dei Cpt fino al voto ammini strativo per i soggiornanti di lungo periodo.

Una volta approvata dal Parlamento la Legge delega,il Governo avrà a disposizione 12 mesi per adottare il decreto legislativo con le modifiche necessarie.
Va,quindi, sottolineato che le modifiche apportate dal Governo alla normativa vigente non han no alcuna immediatezza nella loro applicazione ed,in conseguenza,le norme vigenti resteranno ancora in vigore fino alla definitiva emanazione ed entrata in vigore delle nuove norme.

Le linee guida tracciate dal Governo per le modifiche da apportare alla attuale normativa in ma teria sono le seguenti:
– a)promuovere l’immigrazione regolare, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro di cittadini stranieri;
– a.bis) agevolare l’invio delle rimesse degli stranieri verso i Paesi di origine;
– b)semplificare, nel rispetto dei vincoli derivanti all’Italia dall’adesione agli accordi di Schengen, le procedure per il rilascio del visto per l’ingresso nel territorio nazionale anche attraverso la revisione della documentazione da esibire da parte dello straniero interessato e la previsione dell’obbligo di motivazione del diniego per tutte le tipologie di visto, preve dendo forme di tutela e garanzia per i richiedenti i visti;
– c)semplificare le procedure ed i requisiti necessari per il rilascio del nulla osta, del per messo di soggiorno e del suo rinnovo, eliminando il contratto di soggiorno e prevedendo per le procedure di rinnovo forme di collaborazione con gli enti locali, adeguando e gra duando la durata dei permessi di soggiorno, razionalizzando i relativi procedimenti anche con una riorganizzazione degli sportelli unici per l’immigrazione istituiti presso le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo attraverso forme di supporto e collaborazione alle loro attività da parte degli enti pubblici nazionali, degli enti locali, delle associazioni di datori di lavoro, di lavoratori, nonché di associazioni di promozione sociale del volontariato e della cooperazione;

– d)prevedere in conformità al capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992, l’elettorato attivo e passivo per le elezioni amministrative a favore degli stranieri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo alle modalità di esercizio e alle condizioni previste per i cittadini dell’Unione europea;

– e) armonizzare la disciplina dell’ingresso e soggiorno sul territorio nazionale alla normativa dell’Unione europea anche prevedendo la revisione degli automatismi collegati alla sussistenza di determinati presupposti o all’assenza di cause ostative, con l’introduzione di una più puntuale valutazione di elementi soggettivi;

– f)rendere effettivi i rimpatri, graduando le misure d’intervento, anche al fine di migliorare il contrasto dello sfruttamento dell’immigrazione clandestina, incentivando la colla borazione, a tal fine, dell’immigrato;
– g)superare l’attuale sistema dei centri di permanenza temporanea e assistenza, promuo vendone e valorizzandone la funzione di accoglienza, di soccorso e di tutela dell’unità fami liare, e modificando la disciplina relativa alle strutture di accoglienza, e di trattenimento degli stranieri irregolari in modo da assicurare comunque sedi e strumenti efficaci per l’assistenza, il soccorso e l’identificazione degli immigrati ed il rimpatrio di quanti sono legittimamente espulsi;
– h) favorire l’inserimento civile e sociale dei minori stranieri, compresi quelli affidati e sottoposti a tutela, adeguando le disposizioni sul loro soggiorno;

– i) favorire il pieno inserimento dei cittadini stranieri legalmente soggiornanti;
– l) consentire interventi di carattere straordinario e temporaneo di accoglienza da parte degli enti locali per fronteggiare situazioni di emergenza;

– m) aggiornare le disposizioni relative alla composizione ed alle funzioni della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie anche in relazione alla sua collocazione presso il Ministero della solidarietà sociale ed alla presidenza del Ministro della solidarietà sociale o di persona da lui delegata;

– n) potenziare le misure dirette all’integrazione dei migranti, concepita come inclusione, interazione e scambio e non come coabitazione tra comunità separate, con particolare riguardo ai problemi delle seconde generazioni e delle donne anche attraverso la definizione della figura e delle funzioni dei mediatori culturali;
– o) prevedere ulteriori fonti di finanziamento del Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati, tra i quali contributi volontari dei datori di lavoro e contributi, donazioni o cofinanziamenti disposti da privati, enti, organismi anche internazionali e dall’Unione Europea;

– p) favorire una adeguata tutela delle vittime di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, delle vittime di tratta, delle vittime di violenza o grave sfruttamento e garantire il loro accesso ai diritti previsti dalla normativa vigente;
– q) coordinare, sul piano formale e sostanziale, le disposizioni emanate in attuazione della presente delega con le altre disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e con la legislazione nazionale e comunitaria vigente in materia.

Numerose sono,quindi,le ragioni che ci inducono a dubitare dell’efficacia delle attuale scelte di governo dei Fussi migratori.
La prima è legata alle cause dello stesso fenomeno migratorio,che non risiedono solo nella do manda di lavoro che emerge nel mondo occidentale e che si rivolge agli stranieri, quanto piutto sto nella spaventosa povertà e nella crescita demografica esponenziale, e nei fenomeni delle guerre e delle persecuzioni ancora in atto, che attanagliano le popolazioni di vasta parte del mondo.
Su tali circostanze,causa di migrazione continua anche verso il nostro paese, la maggiore o minore rigidità delle politiche di ingresso e di soggiorno adottate non ha alcun effetto determi nante.

La seconda è legata all’atteggiamento psicologico mostrato sin qui dai vari legislatori che,pa ventando un “pericolo di una vera invasione dell’Europa da parte di popoli che sono alla fame, in preda ad una inarrestabile disoccupazione”,appaiono terrorizzati da un’imminente invasione, che poi non c’è stata, e mostrano di avere una rappresentazione parziale e imprecisa del feno meno migratorio.

Una delle conseguenze di una tale fobia da invasione alle porte è stata l’emanazione di decreti flussi, autorizzativi di nuovi ingressi, sempre e comunque insufficienti sia rispetto alla domanda di lavoro interna sia rispetto all’offerta di lavoro proveniente dalla manodopera straniera.

Un’ultima ragione per cui può risultare fallimentare porre uno stretto e diretto collegamento tra l’ingresso e la permanenza dello straniero extracomunitario e l’utilità economica del suo apporto lavorativo, sta nella difficoltà oggettiva di espellere dal territorio italiano coloro che, dopo aver lavorato e regolarmente soggiornato, abbiano successivamente perso il lavoro e dunque, con esso, il titolo che legittimi la loro permanenza in Italia.

Non appare facile “rispedire” a casa persone che, sia pure prive di opportunità lavorative, abbiano tuttavia nel nostro paese stretto legami affettivi, mandato a scuola i figli, iniziato percorsi di integrazione sociale e culturale.

Insomma, il limite culturale e ideologico della nostra legislazione in materia di immigrazione, è quello di basarsi sulla considerazione che ad emigrare non siano gli uomini ma la forza lavoro.

Alla luce di tali argomenti – e anche considerando che non si può certo pensare di riuscire a contrastare gli ingressi irregolari stando di guardia alle frontiere, soprattutto in un paese vulnerabile come il nostro, immerso nel mediterraneo e caratterizzato da una costa lunga centinaia e centinaia di chilometri – non resta che modificare l’impianto della normativa sulla immigrazione,favorendo gli ingressi,sia pure programmati su base triennale,di manodopera qualificata di lavoratori stranieri formati all’estero da immettere nelle attività di lavoro di quan ti ne facciano richiesta per la propria azienda,scongiurando,in tal modo,lo sfruttamento dei lavoratori a nero.
Deve,comunque,considerarsi del tutto impraticabile il sistema della chiamata numerica in luogo di quella nominativa del lavoratore straniero,scelto nelle liste di collocamento in vario modo formate,almeno per alcuni tipi di rapporto di lavoro poco qualificato (domestico, badante, piccole imprese) che,pur tuttavia, costituiscono peraltro gran parte del campo di occupazione degli stranieri in Italia, rapporti in cui il rapporto di fiducia e la conoscenza diretta appaiono determinanti per la scelta.
Per tali occupazioni il datore di lavoro italiano sarà sempre disincentivato a chiamare al lavoro una persona mai conosciuta né vista.Una liberalizzazione degli ingressi per tali lavoratori appare,dunque,condivisibile.
Già il CNEL, nel criticare il disegno di legge della Bossi Fini,indicava una tale prospettiva come una soluzione che avrebbe consentito o quanto meno facilitato l’incontro tra la domanda interna (soprattutto quella relativa al lavoro domestico e delle piccole imprese) e l’offerta di lavoro degli stranieri extracomunitari.

In conclusione e per ipotizzare una solzione del problema,occorrerebbe privilegiare un meccanismo d’ingresso su chiamata nominativa di lavoratori qualificati che consenta allo straniero di godere di un periodo di permanenza regolare durante il quale svolga un’occupa zione lavorativa,piuttosto che il principio della determinazione per decreto di risicate quanto ge neriche quote d’ingresso di lavoratori stranieri,limitate solo ad alcuni Paesi.
Si tratterebbe dell’unico strumento che la stessa politica comunitaria dovrebbe adottare al fine di evitare che il governo del fenomeno migratorio sia regolato dalazioni di polizia che cercano di tamponare l’arrivo e lo sbarco di clandestini e l’approvazione, ogni quattro anni, di provve dimenti di sanatoria che regolarizzino situazioni di fatto di lavoro nero e di soggiorno irregolare che sono dannosi sia per i lavoratori che per le aziende.

L’auspicio è che,in sede di lavori parlamentari,tali problematiche vengano affrontate in maniera esaustiva e che di pevenga ad una nuova Legge sull’immigrazione che tenga conto della presen za,ormai numerosa e socialmente rilevante, degli stranieri in Italia,che,come ha sostenuto anche di recente ll Presidente della Repubblica On.le Napolitano,contribuiscono efficacemente con il proprio lavoro alla crescita del’economia e del benessere per il Paese.