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Biennale di Venezia – Citizens and Subjects

Alla 52′ esposizione internazionale d’arte a Venezia, un padiglione, quello olandese, dedicato interamente al tema dell’immigrazione inteso come uno degli aspetti chiave che caratterizza i nostri giorni, uno dei maggiori quesiti politici ed etici della nostra era.

La distinzione tra “Citizens and Subjects”, questo il titolo dell’opera, è visibile fin dall’inizio appena entrati nella sala: le installazioni video e la scenografia circostante ci rivelano la distinzione netta tra due soggetti, i “citizens” (coloro che godono dei diritti e dei pieni privilegi di appartenenza ad uno stato-nazione) e i “subjects” (coloro che sono sottomessi alle regole e alle autorità).
Le immagini riprendono i luoghi più “scottanti” della “forteresse Europe”, le zone brutali di attraversamento dei confini: le coste di Ceuta, di Lampedusa, Sangatte e gli imbarchi per l’Inghilterra, i tunnel ferroviari della Manica al passo di Calais, la frontiera turco-greca e così via; in sala, la ricostruzione delle celle dei centri di permanenza temporanea, i letti fissati al pavimento, anche le ragazze che fanno da guardia-sala nel padiglione indossano la divisa da guardie carcerarie.
L’artista olandese Aernout Mik, attraverso sequenze video, ci mostra le procedure di addestramento di poliziotti, ai quali vengono insegnate le strategie da utilizzare in caso d’arresto di immigrati nelle zone di frontiera, o i metodi con i quali le “organizzazioni umanitarie” gestiranno i centri di detenzione per immigrati o le tattiche insegnate ai volontari quando si tratterà di accompagnare i migranti da rimpatriare. Attraverso le ripetizioni video, il mimo, le simulazioni e gli eccessi di irrazionalità, le scene di addestramento vengono confuse con atmosfere reali, ma i ruoli dei soggetti coinvolti rimangono comunque ben distinti.
L’eccesso di violenza delle immagini, spinge infatti a pensare che si tratti di un “gioco” o di una situazione che realmente non esiste…ma alcuni cadaveri vengono ripescati a riva o ritrovati in qualche bagnasciuga mentre bagnanti inconsci continuano a prendere il sole!

Attraverso la ripetizione delle simulazioni, l’artista non lascia spazio a nessuna ambiguità di tipo morale o politico che sia: non si tratta solamente di attuare all’interno di un’esercitazione, ma è un giocar fuori a questa dimensione, ossia compartecipare ed essere complici della dimensione reale dei migranti: gli abusi, le violenze, le morti nel tentativo di valicare la fortezza Europa.
Altre sequenze video sull’immigrazione, sono invece intrecciate con prove anti-terrorismo, con il caos e la confusione che potrebbero caratterizzare attacchi di questo tipo, e un grande schieramento di forze di polizia. Ma ancora una volta, tutto sembra assumere uno sconcertante senso di routine, l’allerta e l’ansietà sembrano essere divenuti “normali” evoluzioni sociali.
Presentando il suo lavoro, A. Mik, ha dichiarato che “il susseguirsi di fiction e documentario crea un continuum, è l’enigma del mondo attuale, in cui paura, violenza e ansietà sono un prisma che modella il nostro presente e il nostro futuro, divenendo strumenti per il mantenimento dello status quo”.