Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Migranti ribelli alle politiche dei G8

La redazione di Melting Pot Europa a Rostock per le contestazioni del summit

Le mobilitazioni contro il vertice dei G8 riunitisi a Heiligendamm non sono ancora del tutto terminate, ma certo la grande forza che i movimenti europei hanno saputo dimostrare è già ben evidente, non solo per la capacità di mettere in crisi il sistema di sicurezza, sorveglianza e repressione a difesa della vetrina dei G8, ma anche per la capacità di dar voce e sostanza alle istanze di uguaglianza, cittadinanza universale, rifiuto della guerra, giustizia sociale, autogoverno, tutela dell’ambiente e dei beni comuni che ogni giorno milioni di cittadine e di cittadini mettono in pratica nei rispettivi territori di appartenenza.
Proprio nella giornata di lunedì 4 giugno, dedicata ai migranti e alla libertà di movimento, è possibile rintracciare questa capacità, agita in primis da cittadini migranti.
Fin dalla prima mattina circa tre mila persone hanno infatti assediato l’Ufficio Stranieri del Governo in Werfstrasse dove ogni giorno i cittadini stranieri subiscono vessazioni e divieti dalle autorità di polizia. Bloccando le attività del Dipartimento e invadendo le strade circostanti, per molte ore i migranti hanno gridato la propria rabbia contro un regime poliziesco che in Germania riproduce nuove formule di apartheid, vietando ad alcune categorie di cittadini stranieri – tra cui quelle dei richiedenti asilo e dei rifugiati – di allontanarsi oltre un raggio di 30 chilometri dalla propria residenza.
Nell’intervista alla redazione di Melting Pot, Sentwali indica l’Ufficio Stranieri come “simbolo della tortura e dell’esclusione” da cui il migrante continuamente dipende per poter esercitare il diritto alla mobilità nel territorio tedesco, basti pensare che per poter partecipare alle mobilitazioni contro il G8, Sentwali e i suoi compagni rifugiati hanno infatti disobbedito a questo divieto, rischiando addirittura la prigione. Con la forza di questo atto di insubordinazione alle leggi della segregazione, Sentwali ci ha spiegato che i nuovi Lager della Germania sono i campi per i rifugiati ed i richiedenti asilo: “luoghi lontani dalle città, mantenuti nell’isolamento totale. I migranti non possono allontanarsi dal campo non solo perché queste strutture sono circondate per decine di chilometri da boschi e campagne e non ci sono trasporti pubblici, ma anche perché dovrebbero chiedere un’autorizzazione speciale per assentarsi dal campo e ovviamente questo permesso è sempre negato”.
Per uscire dall’isolamento e spezzare la catena che dalla marginalizzazione conduce alla deportazione, la Carovana No Lager ha percorso la Germania dal 19 maggio all’1 giugno aumentando ad ogni tappa il numero delle persone che, violando il divieto della permanenza forzata dei ghetti per migranti, hanno raggiunto Rostock per partecipare alla straordinaria manifestazione che si è svolta nel pomeriggio di lunedì.
Il razzismo di oggi ha il volto della polizia e delle autorità di Governo presso l’Hauslenerbehorde, mentre il razzismo impresso nella storia di questa cittadina sulla costa baltica è quello del progrom contro i rifugiati vietnamiti, assaliti per giorni e giorni dai nazisti nel 1992 sotto gli sguardi complici degli abitanti e della polizia. No more Lichtenhagen! è stato infatti lo slogan durante la commemorazione della tragedia di 15 anni fa, svoltasi di fronte alla casa dei Girasoli, bruciante testimonianza di un evento che ha tuttora riflessi negativi nella Costituzione tedesca*.
In una città presidiata da sedicimila agenti di polizia equipaggiati come se fossero in guerra, ventimila persone hanno dato vita nel pomeriggio ad una manifestazione determinata a non subire i continui blocchi delle forze dell’ordine con cui le autorità hanno in ogni modo tentato di fiaccare la manifestazione. Respingendo il tentativo di polarizzare i partecipanti alla manifestazione tra violenti e non violenti, i migranti promotori del corteo hanno ribattuto che “Violenta è la polizia che ogni giorno ci umilia, violente sono le frontiere che ci respingono; non c’è violenza nel nostro diritto di manifestare!”. Anche quando al corteo è stato infine impedito di proseguire, la manifestazione ha aggirato uno ad uno i blocchi della polizia – veri e propri check point contro la libertà d’espressione – per raggiungere il porto di Rostock dove avrebbe dovuto concludersi la giornata. Se è vero che proprio nel cuore dell’Europa il diritto a manifestare è stato sospeso – come ha denunciato Sami di NoLager ai giornalisti – è anche vero che 20 mila persone hanno scavalcato i cordoni della polizia per prendersi il porto, rifiutando la proposta umiliante di un percorso alternativo che ancora una volta avrebbe relegato la presenza dei migranti a strade secondarie e ad un’agibilità ridotta.
L’aggressività dei potenti continua in questi giorni ad intensificare la propria guerra contro chi reclama diritti ed uguaglianza, rispondendo con ennesimi divieti e zone rosse alla domanda di cittadinanza che viene dai migranti di tutta Europa. E’ l’emblema di un territorio che, lungi dall’essere unico ed omogeneo come vorrebbero far apparire trattati ed accordi, si presenta invece discontinuo, inospitale e per giunta inaccessibile a molti dei suoi abitanti, parte fondamentale della catena produttiva. Nel cuore dell’Europa unita si moltiplicano così le frontiere e le differenze di status: le manifestazioni dei migranti non possono varcare l’ingresso del centro città così come i rifugiati non possono allontanarsi dalla riserva in cui sono confinati; i cittadini europei che rivendicano il diritto a manifestare devono abbattere le reti metalliche e sfondare i gates per raggiungere Heiligendamm, allo stesso modo i migranti del sud del mondo devono assaltare recinti e vallas per entrare a far parte di coloro che contano qualcosa.
E’ contro questa Europa che i movimenti dei migranti autorganizzati hanno costruito le contestazioni delle politiche dei G8, reclamando la cittadinanza europea, l’abolizione di tutti i centri di detenzione per migranti che ripropongono nella contemporaneità i lager nazisti, la soppressione delle frontiere e di tutti i dispositivi di repressione da esse introdotti, e, in quanto donne e uomini in fuga da guerre, anche un reale e dignitoso diritto all’asilo.
Rebellion is the solution!


* Dopo il raid nazista del 1992 il Partito Socialdemocratico tedesco rinunciò alla battaglia per introdurre nell’articolo 16 della Costituzione tedesca il diritto all’asilo per gli stranieri.


Ascolta le interviste raccolte dalla redazione di Melting Pot:

[Intervista a Sentwali ], migrante del Camerun
Il sistema dei Lager per richiedenti asilo e rifugiati in Germania, il ruolo dell’Ufficio Stranieri e le politiche dei G8
[Intervista a Sami ], NoLager Bremen
Impressioni sulla manifestazione di lunedì 4 giugno
[Intervista a Tsepho ] rifugiato del Togo
Le condizioni di vita in Germania dei migranti fuggiti dal Togo, il rigetto della domanda di asilo, la deportazione