Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Bari – Libertà di movimento delle persone e sapere delle lotte

Comunicato Rete No Cpt – Zona Autonoma Metropolitana

E’ iniziata la “caccia al clandestino”.

Clandestino e renitente alla reclusione, non evaso, però.

Perchè le 32 persone che ieri hanno superato il muro di cinta del Centro di permanenza temporanea di Bari non sono detenuti. E, quindi, non sono evasi.

Ma sono irregolari. Questo si. E tanto basta a scatenare una campagna stampa e di dichiarazioni che fa leva su quella isteria della sicurezza che annebbia la ragione.

La sicurezza, parola di Walter Veltroni, è il primo pensiero che bisogna coltivare per proteggere i più deboli.

Andarlo a dire a chi la sicurezza di una casa o di un reddito non la ha, è ben difficile.

Provarlo a dire a chi non ha la possibilità di muoversi senza essere detenuto, a chi ha esercitato il legittimo diritto di fuga da una struttura carceraria che è peggiore del carcere è impossibile.

Perchè di sicurezza sociale occorrerebbe parlare e non fare seguito alle astrazioni mediatiche che generano paura e stigma sociale.

Di casa, di accoglienza, di servizi sociali e reddito occorre discutere. Non di Cpt, di reclusione, di guerra e territorio militarizzati.

Ma di quale sicurezza si può parlare a chi ha attraversato il mare Mediterraneo con una imbarcazione di fortuna e, chissà come, è ancora vivo? Di quale sicurezza ci si può fare scudo dinanzi a chi ha visto morire persone al proprio fianco perchè voleva cambiare la propria vita attraverso la ricerca di una nuova terra? Di quale sicurezza si può parlare a chi è costretto a viaggiare con mezzi di fortuna ed a costi impensabili?

Tutta la retorica di questo mondo è insufficiente a descrivere il clima di terrore in cui migliaia di persone vivono per spostarsi da un luogo all’altro della Terra.

Provate a parlare del Mediterraneo come mare di pace a chi vive sulla sponda sud di quel mare!

Tanto meno la retorica può giustificare l’accanimento che si consuma ai danni dei migranti che, giunti sulla costa italiana, si ritrovano ad essere rinchiusi in campi senza diritti.

Dalla Sicilia alla Puglia, e risalendo sino a Roma, Milano, Bologna, Torino, Gradisca d’Isonzo il viaggio nel terrore non pare finire mai. Ti spostano come un pacco da un Cpt all’altro. Ne esci con un decreto di espulsione, quando ti riprendono vai in carcere e quando sconti la pena, sempre clandestino, ritorni in un altro Cpt.

E la fuga da questo terrore non è certo esecrabile.

La fuga consumata la scorsa notte non è l’unica dai Cpt in Italia e non è unica nemmeno nel microcosmo barese.

Già nei giorni scorsi le agenzia di stampa davano notizia della fuga di 7 cittadini asiatici dal centro del quartiere San Paolo. Molte altre sono avvenute in passato.

Le ragioni dell’incremento delle fughe dai Cpt nel periodo estivo di certo si ritrovano nelle peggiori condizioni di vita che all’interno dei centri si hanno quando l’affluenza di migranti è maggiore.

Ma vi sono anche altre ragioni, alcune più remote, altre evidenti.

Quella più evidente è l’incomprimibile desiderio di libertà che anima gli individui, desiderio che si esprime a partire dalla consapevolezza di affrontare viaggi interminabili con costi esorbitanti ed esiti incerti e non si ferma certo dinanzi ad un cancello.

Ma queste fughe testimoniano anche altro: la diffusione di un sapere specifico, il sapere delle lotte!

La conoscenza delle pratiche di resistenza ai meccanismi di reclusione circola con le persone così come circolano i venti nel Mediterraneo.

E se, nel perverso dramma che deriva dalla costruzione della fortezza europea, i migranti vengono rinchiusi più volte in diversi Centri di permanenza temporanea quella conoscenza diventa prassi attiva di libertà.

E, così, dal malore di uno si genera la fuga di altri, dalla ribellione di cento in 32 riescono a trovare uno spiraglio di libertà.

E’ già accaduto nei Cpt d’Italia. La rivolta nel Cpt di via Corelli a Milano fu un esempio delle rivendicazioni che le moltitudini, pur in gabbia, riescono ad agire.

Le fughe dai Cpt che si susseguono a sud ed a nord sono anch’esse espressione di queste pratiche di resistenza.

A fronte dell’indifferenza o del meschino interesse che si celano dietro le dichiarazioni razziste di chi si accanisce contro la libertà di movimento delle persone non possiamo che continuare a denunziare la barbarie insita nell’esistenza dei Cpt ed a solidarizzare in ogni modo con le forme di lotta che autonomamente si sviluppano.