Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 31 luglio 2007

Rivolta nel cpt di Bari In 36 verso la libertà

Notte di scontri nel centro di permanenza San Paolo

Otto le persone in ospedale: due poliziotti e sei «fuggitivi». Le associazioni denunciano: «Condizioni estreme».

Evitare il rimpatrio, dopo le peripezie affrontate per giungere in Italia, e la voglia di libertà: nella notte tra domenica e lunedì è scoppiata un’inserruzione nel cpt di Bari. Una trentina gli immigrati che sono riusciti a fuggire. Sarebbero tutti egiziani. Non è stata una passeggiata. L’evasione è stata contrastata dalle forze dell’ordine presenti nella struttura e dagli equipaggi di alcune volanti della questura giunti sul posto per dare manforte. Dopo ore di tafferugli risultano 8 le persone ricoverate in ospedale: 2 gli agenti (prognosi che non andrebbero oltre le 2 settimane) e ben 6 i fuggitivi, rimasti feriti «ufficialmente» scavalcando il muro di cinta. Inoltre durante gli scontri 4 egiziani sono stati arrestati con l’accusa di danneggiamento, lesioni, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. L’éscamotage che i migranti avrebbero utilizzato per agevolare la fuga è dei più originali: una finta rissa per distrarre le guardie e favorire l’evasione. Per qualcuno la libertà è stata solo una mera illusione. Tre hanno desistito e si sono riconsegnati, forse perché braccati, dopo alcune ore alle forze dell’ordine. Dopo la rivolta sono subito partite infatti le ricerche della squadra mobile della questura, soprattutto nei pressi della stazione centrale della città, nell’eventualità che i fuggitivi potessero prendere treni diretti in altre regioni.
Quella dell’altra notte non è la prima insurrezione nel cpt di Bari, che sta vivendo una situazione di tensione crescente. Solo nell’ultima settimana c’era stata un’altra evasione di 7 immigrati e una rivolta interna sedata in extremis dal questore. La situazione sarebbe diventata ancor più esplosiva dopo l’arrivo nella struttura di molti immigrati sbarcati a Lampedusa, facendo aumentare così il numero dei rinchiusi da 40 a 150. Nei confronti degli egiziani scappati era stato emesso nei giorni scorsi dalle autorità italiane un provvedimento di espulsione, favorito anche da un recente accordo tra Egitto e Italia che ha semplificato le procedure di espatrio. «Evidentemente hanno capito che stavano per essere espulsi e hanno messo in piedi la rivolta», segnala Gianluca Nigro, membro del dipartimento immigrazione del Prc, che ieri è entrato nel cpt per verificare la situazione. «Avevo chiesto – spiega – di entrare con una telecamera ma il prefetto me l’ha impedito per motivi di ordine pubblico malgrado al mio arrivo la situazione all’interno fosse tranquillissima».
Persino il questore di Bari Vincenzo Speranza sembra smentire il prefetto, precisando, già poche ore dopo la fuga, che la situazione era rientrata «sotto controllo». Il problema forse è che si vuole nascondere la realtà che vivono i migranti all’interno del cpt. Malgrado quello di Bari sia tra gli ultimi aperti (primavera 2006) insieme alla struttura di Gradisca, non sono mancate le proteste degli enti locali e soprattutto dei movimenti no-global che invocano la sua «immediata chiusura». A gestirlo ora è l’ente «umantario» Oer che ha sostituito negli ultimi mesi le confraternite della Misericordia. «Hanno abbandonato – denuncia il prete don Angelo – per motivi di profitto, c’era poco business. Ma l’Oer per aggiudicarsi la gara dell’appalto ha tagliato nei servizi peggiorando ulteriormente la vivibilità per i migranti rinchiusi». Ecco così che nel cpt di Bari ci sono scarse condizioni igienico-sanitarie e mancanza di assistenza medica. «Nella struttura – denuncia Erminia del gruppo lavoro rifugiati – sono presenti anche minori non accompagnati, cosa illegale. Il ministero stabilisce l’età dei rinchiusi in base alle radiografie al polso, ma si sa che l’età scheletrica non coincide con quella biologica». Inoltre spiega come l’Italia non rispetti le direttive internazionali in materia d’asilo politico: «Il governo respinge ogni giorno una cinquantina di persone provenienti da zone di guerra come afghani, curdi e iracheni. I pochi che riescono ad entrare vanno nei cpt e non viene loro riconosciuto la richiesta». «Non è stata fatta neanche l’umanizzazione tanto invocata dal governo Prodi. Nei centri non è cambiato un bel nulla rispetto alla Bossi-Fini. L’unica soluzione è la chiusura immediata, visto che sono galere che privano la libertà dei migranti», tuona Dario della Rete no-cpt, il quale ce l’ha anche per gli amministraori locali, specie il presidente della Puglia Vendola. «Da lui – afferma – sono arrivate sole parole, non ha fatto un atto concreto per contrastare la presenza della struttura».
Giacomo Russo Spena