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“Nessun luogo esterno sicuro per gli iracheni che fuggono da persecuzioni e violenze”

La denuncia di CIR e UNHCR sulla situazione dei profughi

Il Consiglio Italiano Rifugiati ha reso pubblico un comunicato che desta allarme e conferma le preoccupazioni già espresse in passato sulla scomparsa de facto del diritto di asilo in Italia e in Europa, mentre Unione Europea e paesi appartenenti sono impegnati in un processo di armonizzazione basato su un intento di tutela, dichiarato ma non perseguito nella pratica.
Le cronache di questi giorni confermano che sempre più alle frontiere italiane avvengono respingimenti di persone che avrebbero titolarità ad accedere ad una procedura di tutela in quanto profughi o perseguitati.
Il paese che, insieme all’Afghanistan, sta ‘producendo’ il maggior numero di profughi è l’Iraq, entrambi fronti della Guerra Globale Permanente scatenata in seguito agli attentati dell’11 settembre 2001.

Il CIR denuncia che al porto di Ancona avvengono con sempre maggior frequenza respingimenti di profughi iracheni verso la Grecia, paese membro dell’Unione Europea. E’ applicata in questi casi la Convezione Dublino II, che obbliga il primo paese dell’Unione in cui il potenziale richiedente transita, ad accoglierlo e ad esaminare la domanda di asilo.
La tutela del diritto di asilo in Grecia è però totalmente inadeguata. Il Rapporto della Commissione LIBE che ha visitato la Grecia per valutare la situazione dei richiedenti asilo, dei migranti irregolari e dei centri di detenzione amministrativa, ha denunciato che nel paese, uno dei pochi nel quale si verifica una aumento di domande di asilo, che registrano un trend in discesa da anni nei paesi maggiormente industrializzati, lo 0% degli iracheni ottiene il riconoscimento dello status di rifugiato o di altre forme di protezione.

I profughi iracheni sarebbero più di 4,2 milioni, 2 milioni dei quali si sarebbero recati nei paesi vicini e altri 2,2 milioni sarebbero sfollati interni in Iraq.
Di questi un numero tra i 1,2 e i 2 milioni sono ospitatati da Siria e Giordania. Di fronte a questi dati che fanno immaginare un vero e proprio esodo da un paese ormai devastato da guerra e conflitti interni, i numeri dei profughi che giungono in Europa sembrano irrilevanti: 22.200 domande nel 2006, con un aumento del 77% per cento rispetto allo scorso anno, a denunciare un ulteriore peggioramento delle condizioni di sicurezza.
Ma le autorità sembrano dire agli iracheni di starsene lontani dall’Europa. Lo stesso portavoce dell’UNHCR William Spindler, come abbiamo già riportato in un precedente articolo, ma è necessario ripetere, ha lanciato un grido di allarme a proposito dei profughi iracheni: “Lo scorso anno, gli iracheni hanno presentato circa 22mila domande d’asilo nei paesi industrializzati. Sebbene significativa, questa cifra appare irrisoria se confrontata ai circa 2 milioni di iracheni che sarebbero presenti in Siria, in Giordania e in altri paesi del Medio Oriente. Rappresenta ugualmente meno della metà delle 52mila domande d’asilo presentate dagli iracheni nel 2002 – prima dell’invasione e del successivo collasso della situazione della sicurezza in Iraq.
Dato che non si può obiettivamente descrivere la situazione in Iraq come migliore oggi rispetto a com’era nel 2002, perché il numero dei richiedenti asilo iracheni in Europa e negli altri paesi industrializzati è ancora così basso?”
Questa la risposta che suggerisce Spindler: “I difensori dei rifugiati ritengono che il motivo principale risiede nelle politiche restrittive dei numerosi paesi industrializzati, che rendono molto difficile per i potenziali rifugiati entrare in questi paesi e, se comunque ci riescono, li dissuadono dal richiedere asilo. Di conseguenza, dopo aver fatto una propria analisi dei rischi e dei benefici, può darsi che i rifugiati abbiano rinunciato al tentativo di venir riconosciuti come tali. Se così fosse, allora vorrebbe dire che il sistema di protezione dei rifugiati costruito con tanta fatica all’indomani della seconda guerra mondiale comincia a mostrare segni di cedimento.”

Lo stesso Parlamento Europeo, come spiega il comunicato , con una risoluzione adottata l’11 luglio 2007, ha sollecitato gli Stati membri, in considerazione della gravissima crisi umanitaria che coinvolge i rifugiati iracheni, a non procedere a trasferimenti o respingimenti (in applicazione del “Regolamento Dublino II”) verso quegli stati nei quali vi è certezza che le domande dei richiedenti asilo iracheni non verranno esaminate correttamente, e che questo accada in Grecia appare fuori dubbio. Si consideri poi che chi abbia ricevuto un diniego da uno degli stati aderenti alla Convenzione Dublino II non più attivare la procedura di riconoscimento dello status in un altro paese.

Ma per i profughi iracheni la situazione in questi ultimi mesi è diventata ancora più drammatica. Anche a livello regionale, infatti, si tenta di bloccarne la mobilità. L’UNHCR nei giorni scorsi ha denunciato che la Siria ha imposto l’obbligo di visto che chi provenga dall’Iraq.
Questa la situazione descritta
“Per la prima volta da mesi, se non da anni, gli operatori dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) in visita ieri al confine tra Siria e Iraq, hanno trovato il valico di frontiera praticamente vuoto. Ieri era il primo giorno in cui erano in vigore le nuove restrizioni all’ingresso imposte dal governo siriano a tutti i cittadini iracheni che vogliono entrare in Siria, fatta eccezione per alcune categorie professionali.
Gli iracheni devono ora richiedere un visto presso l’ambasciata siriana a Baghdad. Le disposizioni implicano di fatto che non ci sia più alcun luogo esterno sicuro per gli iracheni che fuggono da persecuzioni e violenze. Si stima che duemila iracheni fuggano ogni giorno dalle proprie case verso altre zone del paese. L’UNHCR esprime quindi crescente preoccupazione per la loro sorte dal momento che le possibilità di raggiungere un luogo sicuro vanno riducendosi.”

Nessun luogo esterno sicuro per gli iracheni che fuggono da persecuzioni e violenze. Nemmeno l’Europa.

Elisabetta Ferri