Beppe Grillo ha gettato la maschera.
I rom che arrivano dalla Romana sarebbero una “bomba a tempo”.
Non si distingue neppure tra criminalità romena che non
proviene dai rom e rom rumeni che sono arrivati in Italia perchè nel
loro paese sono vittima di ogni sorta di soprusi e privati dei più
elementari diritti civili. Si dimentica che sono proprio le politiche
espulsive, praticate fino allo scorso anno dall’Italia verso la
Romania, attraverso i famigerati centri di permanenza temporanea, che
hanno fatto lievitare la criminalità rumena, sottraendo all’esecuzione
della pena in carcere centinaia di rumeni che avevano commesso reati e
che fino al dicembre del 2006 sono stati semplicemente espulsi verso
il loro paese, piuttosto di scontare in Italia il loro debito con la
giustizia. Tra questi romeni appartenenti ad organizzazioni
criminali non c’erano rom. I rom rumeni sono vittime e non
compartecipi di quel clima diffuso di illegalità che conviene tanto
ai nuovi partner commerciali ( europei) della Romania.
Ancora una volta i rom definiti un pericolo
per la convivenza e la sicurezza degli Italiani.
Il discorso vale per i rom rumeni, che sono cittadini comunitari ma nella sua
logica sottesa costituisce il pretesto per un ennesimo attacco agli altri rom,
che non sono cittadini comunitari, e a tutti gli immigrati,
dopo le campagne estive contro i lavavetri ed i venditori ambulanti.
Si dimentica, ancora una volta, che nella Costituzione italiana,
come in ogni stato di diritto, la responsabilità penale è individuale e che il contrasto della criminalità su base etnica, riproduce solo pregiudizi
che non giovano né alle indagini né alla punizione dei veri -e non dei presunti- colpevoli.
Nessuna parola per gli imprenditori italiani che in Romania
fanno accordi con le mafie e speculano sul lavoro schiavistico di
uomini e donne pagati con una elemosina, nessuna riflessione sul fatto
che la popolazione Rumena tutta sta risentendo della liberalizzazione
selvaggia conseguenza di un ingresso accelerato in Europa
imposto dalle ragioni del mercato globale. Nessuna parola per le donne e le bambine rumene vendute sui marciapiedi agli italiani benpensanti,
così attenti alla (loro) famiglia, alla (loro) sicurezza ed alle (loro)case.
Complimenti, ecco dove porta
l’antipolitica che cavalca la marea montante della xenofobia e del
razzismo e cerca facili consensi tra i settori più egoisti e moderati
della popolazione italiana. Certo, anche Prodi, attaccato, questa
volta a ragione da Grillo, porta le sue responsabilità per una politica su
immigrazione ed asilo che a livello europeo si esprime in piena
continuità con il governo precedente, grazie all’asse Frattini-Amato,
ed a livello interno è succube dei vertici delle forze dell’ordine, ben rappresentati al ministero dell’interno, e dei loro portavoce politici
che stanno bloccando in Parlamento qualunque tentativo di riforma delle leggi sull’immigrazione. Ma la indignazione verso i ritardi del governo non può prendere di mira persone che sono già state vittime, nel loro paese, di persecuzioni di ogni genere.
E poi, cosa ha fatto nei cinque anni di governo Berlusconi, se non promuovere ed applicare una legge sull’immigrazione che ha moltiplicato la clandestinità e la devianza senza offrire protezione umanitaria e senza garantire un’ effettiva possibilità di ingresso legale per lavoro
Il numero dei rom rumeni
arrivato in Italia non è tanto più elevato del numero dei rom arrivati
in altri paesi europei, che stanno affrontando comunque questa emergenza.
Nei campi rom italiani, anche in questi giorni, piuttosto
che interventi di integrazione e di avvio al lavoro ed alla scuola, per
i quali si tagliano i fondi, si assiste a continue incursioni della
polizia e dei carabinieri, sollecitate anche da qualche sindaco
sceriffo, all’insegna del motto tolleranza zero, per rassicurare i cittadini preoccupati,
per rendere concreta la minaccia di una deportazione al di fuori dei quartieri urbani.
Vorremmo proprio sapere cosa hanno fatto i sindaci
per individuare nei loro territori spazi attrezzati per accogliere i Rom.
E i consigli territoriali per l’immigrazione, che dovrebbero riunirsi
presso le Prefetture per affrontare questi problemi dove sono nascosti ?
In qualche città, come in Sicilia, non si riuniscono neppure.
Ci penseranno i prefetti o si dovranno nominare commissari ad acta ?
Adesso che il capopopolo del “vaffanculo” se la prende anche con i Rom rumeni,
siamo ancora più convinti che occorre fare quadrato attorno agli
immigrati, ed ai Rom in particolare, articolando come associazioni sul
territorio tutte le iniziative di difesa fisica e legale dei campi,
perchè non si ripetano più i raid assassini di Livorno e di Brescia,
sollecitando politiche locali capaci di inclusione e di tutela dei
soggetti più vulnerabili, come donne e bambini, esposti agli attacchi
incendiari ed alle facili denunce dei professionisti della comunicazione.
Ed anche Beppe Grillo, come Alberto Ronchey, fa parte di questa casta.
Non risponderemo a Grillo con
gli stessi termini che lui usa per i politici che attacca,
strumentalizzando un malcontento del tutto giustificato, ma distogliendo
la protesta dall’unico sbocco che potrebbe avere in un sistema
democratico, quello politico e partecipativo.
Il populismo di Grillo,
che si scaglia adesso contro i rom costituisce
una vera e propria bomba
a tempo per la democrazia italiana.
Sarebbe tempo che i cittadini che non vogliono farsi abbindolare dalle battute di un comico
riescano a trovare il senso dello stare assieme attorno ad un progetto
politico di trasformazione della società e di difesa dei soggetti più
deboli. La presenza dei Rom in Italia, lasciata proliferare per anni
senza alcuna seria politica di intervento sociale,
al punto che l’Italia è stata censurata anche dal Consiglio d’Europa,
serve ancora una volta a distogliere l’attenzione dalle vere insicurezze che
affliggono gli italiani, la insicurezza nel lavoro, la insicurezza
nell’abitazione, la insicurezza nella fruizione del diritto alla
salute e ad un ambiente sano. Le facili ricette di Grillo che
si rivolgono contro gli ultimi arrivati solo in nome della sicurezza dei cittadini,
favoriscono il perpetuarsi di
quei rapporti di forza e di quello stato violento con i deboli e sempre
flessibile con i poteri forti, che reprime il vero dissenso sociale,
massacra l’ambiente e riduce la spesa sociale.
Non basta proprio prendersela con i singoli rappresentanti di un sistema di potere che si rinnova continuamente, sempre sulla pelle delle fasce più deboli della popolazione.
Possiamo rispondere da subito a questi tentativi di autentico depistaggio politico,
a partire da una critica serrata del liberismo che rimane elemento condizionante delle scelte
di un governo, che non riesce neppure ad abrogare la legge Biagi e la legge
Bossi-Fini. Quello stesso liberismo che avvelena l’Unione Europea
ed ha imposto un abbattimento delle frontiere che va solo a vantaggio delle mafie, degli
speculatori di ogni risma e dei grandi gruppi economici.
Mentre i muri di Schengen continuano ad uccidere i migranti.
L’afflusso dei Rom rumeni in Italia, a partire dal gennaio del 2007, è solo un effetto collaterale
del liberismo sul quale si vorrebbe costruire l’Europa dei mercati, senza aiutare le popolazioni più povere, ma spingendole a salari di fame o a continue migrazioni forzate.
Il 20 ottobre a Roma, risponderemo
anche agli attacchi di Beppe Grillo, per una nuova
sinistra europea, per i migranti e per i precari, per i pensionati e
per quelli che un lavoro non lo cercano più, per la coesione sociale e
l’inclusione degli immigrati, contro chi alimenta le paure sul tema
sicurezza, con il risultato oggettivo di mantenere i migranti in
condizioni di schiavitù e di praticare dumping salariale a danno di tutti i lavoratori.
Il 20 ottobre, a Roma, può costituire
una occasione importante per esprimere una posizione di forte critica
rispetto ai risultati del governo Prodi, senza affidare per questo il
proprio destino al qualunquismo di chi cavalca le paure del momento
per creare attorno a se un movimento d’opinione che – se si continuerà in questa direzione-
alla fine gioverà solo alle
forze più retrive e reazionarie del nostro paese.
E se qualcuno non
vorrà partecipare ad una singola manifestazione, rimane comunque da
seguire, prima e dopo, un percorso comune fatto di nuove solidarietà e
di capacità di comunicazione autogestite e diffuse, affidate al lavoro
quotidiano di una pluralità di reti e di soggetti diversi e non agli sberleffi di un attore.