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Rifugiati politici abbandonati a Jesolo – Un rapporto di Melting Pot Europa

Totale assenza di informazioni e tempi di attesa estenuanti

Il Progetto Melting Pot Europa ha visitato la struttura gestita dalla C.R.I a Jesolo Lido, nella quale ancora oggi sono ospitati circa un centinaio di migranti sbarcati quest’estate a Lampedusa.
Cento persone, tra cui 69 di nazionalità eritrea ed altre provenienti dal Ghana, dal Togo e dalla Nigeria, sono state condotte nella struttura di Jesolo, dopo un passaggio nel CPA di Gradisca d’Isonzo, per problemi di sovraffollamento dovuti agli ingenti sbarchi di questa estate.

Dalla visita, sono emersi moltissimi punti che hanno bisogno di essere chiariti da parte delle autorità competenti, in primo luogo quelli relativi ai tempi di trattenimento che denotano una situazione di totale abbandono dei migranti.

Non è stato possibile conoscere quale sia il regime di regolamentazione della struttura jesolana, adibita solo temporaneamente ad accogliere queste persone.
Né il Cir di Gradisca d’Isonzo, né gli operatori della C.R.I. impiegati nella struttura sembrano in grado di fare chiarezza su quale sia il tipo di accordo, le cui circostanze sono sconosciute, stipulato proprio tra la C.R.I. ed il Ministero dell’ Interno.

Solo in data 3 ottobre, giorno successivo ad una azione di protesta messa in atto dagli stessi richiedenti asilo, in attesa da ormai più di un mese di avere notizie sulla loro situazione, è stato possibile ricevere i primi responsi da parte della Commissione territoriale di Gorizia, competente a decidere sulle loro domande. Si è trattato di 41 risposte: status di rifugiato per molti, esito negativo ma con riconoscimento della protezione umanitaria per altri, un solo vero e proprio diniego (a cui è seguito il riesame).

Solo in data 15 ottobre, a quasi due mesi dall’arrivo nella struttura di Jesolo, è stata possibile la presentazione della domanda per tutti e 100 i richiedenti.

Fino alla consegna degli esiti, avvenuta ben oltre i normali 20 gg previsti, e nell’attesa della consegna dei pds, non vi è stata alcuna possibilità, per i richiedenti, di avere informazioni sulla loro situazione, ospiti di una struttura non ben definita, in un paese svuotato dopo il periodo estivo, senza alcuna informazione sul loro possibile futuro.

Nello stesso periodo, presso la struttura di Gradisca d’Isonzo, i richiedenti asilo trattenuti, chiedevano di essere inseriti nel Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati oppure di ricevere l’alternativo contributo economico di Euro 790.20: la loro richiesta veniva respinta per mancanza di posti e di risorse economiche.

In data 25 ottobre però, ai richiedenti asilo ospitati a jesolo veniva proposto di essere inseriti nello stesso Sistema di Protezione o, in alternativa, di ricevere un contributo pari a Euro 250.00, un terzo della somma prevista.

Non si spiega come, la mancanza di posti e denaro manifestata in quel di Gradisca d’Isonzo, si sia trasformata in disponibilità per la situazione di jesolo.
Evidentemente la situazione jesolana, lo stato di abbandono nel quale gli stessi migranti sono stati lasciati, destava preoccupazione.

Inoltre, ricordiamo, che nella struttura di Gradisca d’Isonzo era trattenuta anche una madre con una bambina di soli otto mesi intossicata dai gas lacrimogeni impiegati dalla polizia per reprimere una rivolta interna. Ci chiediamo, se effettivamente esistono disponibilità di posti nel SPRAR come mai questa non fosse stata inserita in strutture più adeguate.

In data 25 ottobre alcuni agenti della Questura di Venezia hanno fatto visita alla struttura di jesolo, accompagnati anche dal vice-questore.
Nonostante i richiedenti asilo manifestassero espressamente la volontà di incontrare gli agenti di Polizia in nostra presenza, ci veniva intimato insistentemente e brutalmente, di allontanarci dalla sede dell’incontro.

Abbiamo appreso della volontà di molti tra gli ormai riconosciuti rifugiati di rinunciare al loro posto nel SPRAR proprio per la poca fiducia riposta nelle istituzioni che in questi ottanta giorni di permanenza non hanno mai saputo dare loro informazioni utili e veritiere.
Gli stessi rifugiati hanno avuto informazioni solamente dagli agenti della Polizia di Stato, a cui certo non può essere affidato il delicato compito di rapportarsi con una situazione tanto delicata.

Dopo il trattenimento nei campi africani, la fuga, il viaggio disperato nei nostri mari, ed il successivo periodo di abbandono nella località jesolana, la scelta di rifiutare l’accoglienza nel SPRAR sembra dovuta proprio alla mancanza di un interlocutore competente ed affidabile che potesse rapportarsi con gli stessi migranti, nonostante gli sforzi personali di alcuni operatori della struttura della C.R.I..

Dopo la consegna dei pds e la scelta tra l’accoglienza nel SPRAR oppure il contributo, quanti hanno chiesto di ricevere il compendio economico ancora non hanno la possibilità di ritirare l’esigua somma.

Lo stato di abbandono nel quale queste persone sono state lasciate in questi mesi è sintomo gravissimo di una situazione, quella che fa riferimento a quanti, nel nostro paese, presentano domanda d’asilo, che rimane gravissima. In particolare, con riferimento alla situazione di jesolo, di una condizione di totale inerzia, abbandono e arbitrio da parte della competente questura, rispetto alla vita di queste persone.

Progetto Melting Pot Europa